martedì 22 aprile 2014

VICINI AGLI UOMINI NELLA GIOIA E NEL DOLORE TESTIMONI NECESSARI


Come bisogna guardare alla Risurrezio­ne di Cristo? Come a un evento ormai chiuso e, per di più, lontano nel tempo? O come a una dinamica che si innesta intimamente nelle vicende di ogni gior­no e le trasforma dal di dentro? Ieri il Papa, al mo­mento di recitare il Regina Coeli (la preghiera che nel periodo pasquale sostituisce l’Angelus), ha ricordato a tutti che è quest’ultimo il modo più autentico di vi­vere la Pasqua. Perché dal momento della scoperta di quel sepolcro vuoto, tutto è cambiato. E non si può più far finta di niente. La trasformazione innescata dal­l’evento fondante del cristianesimo è infatti ben più profonda di un semplice «maquillage». Anzi, in un certo senso corrisponde a una mutazione genetica che chiede di essere letta sui volti pieni di gioioso stu­pore dei discepoli e di riverberarsi, come ha sottoli­neato il Pontefice, «nei pensieri, negli sguardi, negli atteggiamenti, nei gesti e nelle parole». In altri termi­ni la Risurrezione è un procedimento che deve cam­minare sulle gambe dei cristiani, fino a irradiarsi ur­bi et orbi, come il messaggio con il quale Francesco domenica scorsa ha ri–annunciato al mondo la vit­toria definitiva di Gesù sulla morte.
  La riflessione di ieri segna perciò lo sbocco natura­le di quanto il Pontefice ha detto e fatto in questi giorni. «Lasciamo che questa esperienza, impressa nel Vangelo, si imprima anche nei nostri cuori e tra­spaia nella nostra vita», ha esortato Francesco. Sot­tolineando così la fondamentale categoria della te­stimonianza, cioè di un’esistenza coerente con la gioia che ne è all’origine e che scaturisce dall’in­contro con il Risorto. Sottolineatura che non pote­va giungere più opportuna all’inizio di una setti­mana che culminerà nella canonizzazione di Gio­vanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Nella loro vita, prima e dopo l’elezione alla cattedra di Pietro, è in­fatti riscontrabile la traduzione esemplare di quel­lo che il Papa ha chiesto ieri ai fedeli. Non è chi non veda che nei pensieri, negli sguardi, negli atteggia­menti, nei gesti e nelle parole di Angelo Roncalli e di KarolWojtyla la Risurrezione è sempre largamente affiorata, al punto da trasformarli davvero in «raggi di luce del Risorto nelle diverse situazioni».
  In fondo la santità non è nient’altro che questo. Un incontro a tal punto totalizzante con il Cristo glo­rioso che porta il discepolo a essere egli stesso «in un certo senso risorto» e a comportarsi di conse­guenza. Le parole del Papa aggiungono dunque gioia a gioia, speranza a speranza. Perché questo dono di Dio non è fatto solo ai fuoriclasse della fe­de, come sono stati i due Pontefici prossimi santi, ma a ogni uomo e a ogni donna del nostro tempo. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II con la loro te­stimonianza ci aiutano a comprenderlo meglio. Vi­cini agli uomini nella gioia come nella sofferenza, perché profondamente immersi nel mistero della morte e Risurrezione di Cristo, che aveva cambia­to radicalmente la loro esistenza.
  E quello che Roncalli e Wojtyla hanno vissuto e testi­moniato è scritto come “regola d’oro” anche nel Mes­saggio Urbi et orbi di Francesco. Molti media hanno sottolineato solo l’elenco delle situazioni dolorose presenti oggi nei diversi scenari internazionali, dalla Siria all’epidemia di ebola in Africa, passando per la difficile situazione in Ucraina e il terrorismo in Nige­ria. Ma se non si va alla radice cristologica di questo sguardo a 360 gradi, si rischia di ridurre il Papa a una sorta di “sindaco del mondo”. Invece, la sua premura – al pari di quella dei suoi predecessori in occasioni simili ¬– è proprio riverbero del Risorto nella vita del mondo. Trasparenza di quella Buona Notizia che «non è soltanto una parola ma una testimonianza di amo­re gratuito e fedele». E che perciò è capace di uscire incontro all’altro, di stare vicino a chi è ferito dalla vi­ta, di condividere con chi manca del necessario, di ri­manere accanto a chi è malato o vecchio o escluso. In una parola, di continuare a cambiare il mondo se­condo la dinamica della Risurrezione.
  MIMMO MUOLO 

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