domenica 24 aprile 2016

Tutto può l'amore

Care ragazze e ragazzi, buonasera!
Siete raccolti per un momento di festa e di gioia. Non sono riuscito a venire e mi dispiace. E ho deciso di salutarvi con questo video. Mi sarebbe piaciuto tanto poter venire allo Stadio, ma non sono riuscito a farlo…

Vi ringrazio per aver accolto l’invito a venire a celebrare il Giubileo qui, a Roma. Questa mattina avete trasformato la Piazza San Pietro in un grande confessionale e poi avete attraversato la Porta Santa. Non dimenticate che la Porta indica l’incontro con Cristo, che ci introduce all’amore del Padre e ci chiede di diventare misericordiosi, come Lui è misericordioso.

Domani, poi, celebreremo insieme la Messa. Era giusto che ci fosse anche uno spazio per stare insieme con gioia e ascoltare alcune testimonianze importanti, che vi possono aiutare a crescere nella fede e nella vita.

So che avete una bandana con scritte le Opere di misericordia corporale: mettete in testa queste opere, perché sono lo stile di vita cristiana. Come sapete le Opere di misericordia sono gesti semplici, che appartengono alla vita di tutti i giorni, permettendo di riconoscere il Volto di Gesù nel volto di tante persone. Anche giovani! Anche giovani come voi, che hanno fame, sete; che sono profughi o forestieri o ammalati e richiedono il nostro aiuto, la nostra amicizia.

Essere misericordiosi vuol dire anche essere capaci di perdono. E questo non è facile, eh? Può succedere che, a volte, in famiglia, a scuola, in parrocchia, in palestra o nei luoghi di divertimento qualcuno ci possa fare dei torti e ci sentiamo offesi; oppure in qualche momento di nervosismo possiamo essere noi ad offendere gli altri. Non rimaniamo con il rancore o il desiderio di vendetta! Non serve a nulla: è un tarlo che ci mangia l’anima e non ci permette di essere felici. Perdoniamo! Perdoniamo e dimentichiamo il torto ricevuto, così possiamo comprendere l’insegnamento di Gesù ed essere suoi discepoli e testimoni di misericordia. 

Ragazzi, quante volte mi capita di dover telefonare a degli amici, però succede che non riesco a mettermi in contatto perché non c’è campo. Sono certo che capita anche a voi, che il cellulare in alcuni posti non prenda... Bene, ricordate che se nella vostra vita non c’è Gesù è come se non ci fosse campo! Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove si prende! La famiglia, la parrocchia, la scuola, perché in questo mondo avremo sempre qualcosa da dire di buono e di vero.

Adesso vi saluto tutti, vi auguro di vivere con gioia questo momento e vi aspetto tutti domani in Piazza San Pietro. Ciao!

sabato 23 aprile 2016

Tesi a imparare il suo sguardo di Julián Carrón

La lettera di don Julián Carrón a Comunione e Liberazione dopo l'udienza con papa Francesco a un anno dall'incontro col movimento in Piazza San Pietro

Cari amici,

come sapete, lo scorso 14 aprile ho avuto la grazia di essere ricevuto in udienza da papa Francesco, a un anno dall’incontro con lui in piazza San Pietro che tutti conserviamo vivo nella memoria.

Mentre viaggiavo verso Roma ero tutto preso dalla commozione per la lettura della Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, nella quale il Santo Padre ci ha offerto ancora una volta una documentazione preziosa del suo sguardo sulle fatiche e sulle ferite nostre e dei fratelli uomini, in questo caso delle famiglie, alla luce del lieto amore che ci ha raggiunti in Cristo.

Il Santo Padre conosce bene la lealtà con cui seguiamo lui e la Santa Sede, e di questo - con mia grande sorpresa - mi ha ringraziato subito, all’inizio del dialogo.

L’udienza è stata innanzitutto l’occasione per esprimergli tutta la mia e nostra gratitudine per l’instancabile insistenza con cui ci testimonia la sollecitudine piena di misericordia sull’uomo e sul mondo che nasce dalla fede in Cristo. Gli ho manifestato con lieta convinzione che noi tutti, io per primo, desideriamo imparare sempre di più questo suo modo di guardare all’uomo e alla realtà; gli ho fatto sapere che non mi stanco di proporlo a voi, miei amici, ogni volta che ci incontriamo.

Ho detto a papa Francesco che questo abbraccio tenero e appassionato alla vita di ogni singola persona, raggiunta nella concretezza della sua situazione esistenziale, è particolarmente visibile, oltre che nei suoi gesti ben noti a tutti, anche nella Esortazione Amoris laetitia; l’ho quindi informato di avere invitato i responsabili del movimento a immergersi nella lettura del documento per immedesimarsi il più possibile in questo sguardo, affinché esso diventi sempre più nostro nel rapporto con gli amici e con chiunque incontriamo. Approfitto dell’occasione di questa lettera per estendere l’invito a tutti voi. Troveremo, poi, il modo di aiutarci a addentrarci insieme nella sua ricchezza.

Durante il colloquio ho potuto esporgli il punto in cui ci troviamo sul cammino condiviso dell’esperienza del movimento nel mondo, la sua direzione e le sue fatiche; mi ha fatto piacere avere trovato il Papa molto bene informato sul percorso che abbiamo intrapreso negli ultimi anni. Potete immaginare quanto io - consapevole della responsabilità ultima della guida comunionale di tutti voi che mi è affidata - mi sia sentito confortato dall’incoraggiamento del Papa a proseguire senza esitazione sulla strada di approfondimento del carisma che abbiamo ricevuto da don Giussani.

Uscendo dall’incontro, mi sono trovato pieno di stupore per avere percepito più chiaramente la profonda consonanza tra papa Francesco e don Giussani. Pertanto, credo che niente possa aiutarci di più della tensione costante a immedesimarci con la testimonianza che papa Francesco ci offre quotidianamente.

Trovo espressa tale consonanza in queste parole di don Giussani, veramente liberanti, che in questi tempi sono come una nota dominante nelle mie giornate; le offro anche a voi, semmai possano essere di aiuto per vivere il dovere supremo della testimonianza che papa Francesco e la Chiesa si aspettano dalla nostra Fraternità, cioè da ciascuno di noi:

«L’avvenimento di Cristo è la vera sorgente dell’atteggiamento critico, in quanto esso non significa trovare i limiti delle cose, ma sorprenderne il valore. […] È l’avvenimento di Cristo ciò che crea la cultura nuova e dà origine alla vera critica. La valorizzazione del poco o del tanto di bene che c’è in tutte le cose impegna a creare una nuova civiltà, ad amare una nuova costruzione: così nasce una cultura nuova, come nesso tra tutti i brandelli di bene che si trovano, nella tensione a farli valere e ad attuarli. Si sottolinea il positivo, pur nel suo limite, e si abbandona tutto il resto alla misericordia del Padre» (Generare tracce nella storia del mondo, Rizzoli, Milano 1998, pp. 158-159).

Non dimentichiamoci di pregare ogni giorno per papa Francesco, vero dono di Dio alla sua Chiesa per questi tempi di cambiamenti epocali, come chiede sempre a tutti coloro che incontra, per la consapevolezza che ha del proprio bisogno. Questa preghiera diventi anche per noi richiamo a riconoscere la nostra mancanza in questo Anno Santo della Misericordia.

Vostro amico nell’avventura entusiasmante della fede
don Julián Carrón

martedì 19 aprile 2016

“Giovani dai capelli bianchi”. Sulle tracce di don Giussani

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Monsignor Filippo Santoro; Michele Borraccia; Giovanni Picierro
Venerdì 15 aprile ho seguito l’incontro di presentazione della mostra su Don Luigi Giussani(“Dalla mia vita alla vostra”) a cura del gruppo Imprevisto. Dico la verità: non mi sono accorto subito della ricchezza che i miei occhi hanno visto quella sera con monsignor Filippo Santoro, arcivescovo metropolita di Taranto, il prof. Giovanni Picierro e il prof. Michele Borraccia. E’ successo dopo, a seguito di un dialogo. Provo a condividere questa ricchezza con l’aiuto di qualche parola-chiave.
EccezionaleE’ una delle parole più belle usate per raccontare ciò che don Giussani ha significato (e significa) per la vita di molti. Eccezionale, così eccezionale da cambiare ancora. Esiste ancora qualcosa, qualcuno, in grado di cambiare l’uomo e le cose: scusate se è poco.
Il pubblico della serata
Il pubblico della serata
Passione. “E’ ciò che più lo caratterizzava: la passione per l’uomo, per ogni uomo. E questa passione ha trovato piena corrispondenza in Gesù Cristo”, diceva Picierro. La stessa passione è arrivata a noi attraverso la presenza del vescovo e del professore. Li abbiamo visti ardere d’amore e gratitudine mentre raccontavano l’incontro della loro vita.
Ragionevolezza. “Mostrare la pertinenza della fede alle esigenza della vita, e quindi la ragionevolezza della fede”, era l’intenzione con cui Giussani entrava ogni mattina in classe e incontrava i ragazzi. Ebbene sì, abbiamo visto anche questo: una fede che non è appena un momento spirituale, ma impatta l’educazione, le favelas brasiliane, l’Ilva e anche il Referendum sulle trivelle (tutti temi toccat
i e affrontati proprio alla luce della fede, e quindi, con più ragionevolezza). Ti plasma, ti cambia… appunto.
In conclusione, che cosa abbiamo visto venerdì sera? Uomini nuovi, non comuni, giovani con capelli bianchi. Appassionati e grati: significa che c’è ancora speranza per noi giovani. Avevo tutto ciò davanti agli occhi. Mi sono voltato… e ho visto lo stesso negli occhi degli altri, anche in quelli di chi sentiva per la prima volta quel nome. Ho una notizia: esiste ancora qualcosa  in grado di entrare nelle vite degli uomini, di unirle. Qualcuno che l’ha fatto e continua a farlo. Ci penso e mi stupisco di tutti noi: radunati per qualcuno che non c’è più, non per commemorarlo, ma per imparare da lui. Imparare a far cosa? Vivere. O, come diceva lui, “vivere intensamente”.
Pasquale Santoro




“Giovani dai capelli bianchi”. Sulle tracce di don Giussani

lunedì 18 aprile 2016

Senza gusto e senza Dio. Ecco come immaginare il nulla

La civiltà del nulla
Caro direttore,
l’altro giorno, girando in uno di quei luoghi infernali che chiamano supermercati, mi è venuto in mente che viviamo nella civiltà dei “senza”. Infatti, in quegli scaffali, trovi la pasta “senza” glutine, il latte “senza” lattosio, il caffè “senza” caffeina, il te “senza” teina e così via. Capisco alcune preoccupazioni salutari (su cui, comunque, mi pare che si stia esagerando), ma il risultato è che si fanno girare, molto reclamizzati, prodotti senza più gusto. Prodotti che perdono le loro caratteristiche originali e tipiche e che inducono il consumatore ad accontentarsi di un di meno, che viene accettato perché la pubblicità dice che, invece, è un più. 
Ma questa osservazione sarebbe banale, da bar, come si usa dire (anche se nei bar molto spesso vengono dette cose molto più interessanti che nelle chiacchiere televisive, perché Chesterton ci ha insegnato che l’uomo comune è molto più saggio dei presuntuosi intellettuali ed “esperti”). Tutti quei “senza” mi hanno fatto venire in mente che esiste, nel mondo, un vero e proprio inno, famosissimo, dedicato a tale posizione. Si tratta della canzone Imagine, cantata ovunque, per qualsiasi occasione, come se fosse la poesia della pace e della non violenza. In effetti, essa esprime una musica molto bella, ma con un testo, che, come minimo, potremmo definire inquietante. 
Infatti, quelle parole auspicano, senza mezzi termini, un mondo senza paradiso e senza inferno, un mondo senza un domani («vivere solo per l’oggi»), un mondo senza nazioni (cioè senza identità), un mondo senza religione (cioè senza ideali e senza un destino buono, visto che non c’è un mondo senza morte), un mondo senza proprietà (cioè senza un ambito proprio di ogni persona). Imagine trasmette l’idea, anzi l’ideale, di una realtà assolutamente piatta, senza drammi, senza domande, senza personalità, senza più gusto. Un mondo in cui non sia più necessario il sacrificio, in cui Cristo diventa inutile perché si censura utopisticamente il “guazzabuglio” che il grande Manzoni ha descritto in ogni essere umano. Lennon e compagnia vorrebbero un uomo che non c’è, un uomo che è ferito, a cui non bastano i pannicelli caldi (anzi tiepidi) di una utopia irrealistica.
E tutto questo mi ha fatto venire in mente le parole del servo di Dio don Luigi Giussani, quando descriveva drammaticamente un mondo “senza” Dio, un Dio “senza” Cristo e un Cristo “senza” Chiesa. Cioè, un mondo senza un “luogo” in cui crescere ed essere salvati. Cioè un mondo senza “carne”, mentre Dio, il misericordioso, si è fatto carne per vivere con noi il dramma della nostra vita, senza togliere nulla e senza censurare nulla, ma assumendo tutto nella sua persona e così salvando e redimendo tutto. Senza alienanti utopie.
Caro direttore, sarebbe bene che almeno i cristiani smettessero di identificare in questa canzone uno strumento consolatorio e sentimentale di pace umana e di speranza nel nulla. Occorre, piuttosto, tornare a un realismo dell’umano, che, sia a livello privato sia a livello pubblico, annunci Cristo come unico salvatore di tutto. Nella liturgia ambrosiana di questo periodo, San Paolo, potentissimo, ci sprona proprio a questo, «perché possiate distinguere ciò che è meglio». Senza se e senza ma. Peppino Zola

domenica 17 aprile 2016

Aforisma Domenica 17 aprile 2016

Nella misura in cui l’amore cresce in te, cresce anche la tua bellezza, poiché l’amore è la bellezza dell’anima.
– Sant’Agostino d’Ippona 

sabato 16 aprile 2016

Essere di passaggio


"Viaggiare mi trasmette uno straordinario contatto con la vita. In questi mesi ho imparato davvero cosa vuol dire “essere di passaggio”. Arrivare, conoscere e legare con qualcuno per poi salutarlo forse per sempre o forse in vista di un secondo incontro. Chi lo può sapere? Che cosa ci sarà dopo o cosa ci succederà? Così è anche la vita. Nasciamo e creiamo intensi rapporti umani per poi salutarci per sempre o forse per ritrovarci da qualche altra parte, sotto un’altra forma o dimensione. Dobbiamo sempre ricordarci che siamo di passaggio, che nessun istante è eterno. Vivere i rapporti umani importanti o i momenti speciali al massimo dell’intensità senza permettere a orgoglio, gelosia e invidia di contaminare ciò che è vitale per noi. Così di conseguenza non permetteremo a rimpianti e rancore di bussare alla nostra porta. Ma soprattutto dobbiamo abituarci a salutare persone care senza avere la certezza di ritrovarle, perché per quanto sia doloroso questo è lo straordinario viaggio chiamato Vita. Reso ancora più ardente proprio grazie a queste incertezze."
Tratto da Vagamondo, il giro del mondo senza aerei.

AFORISMA DI SABATO 16 APRILE 2016

Joyful person at sunset
“Mi domando: qual è stata la gioia più bella che io ho provato nella mia vita? E credo che la risposta sia: quando sono riuscito a fare felice qualcuno. Dona gioia a una persona e la ritroverai moltiplicata sul volto dell’altro”.
– Ermes Maria Ronch

Santoro: il nostro "sì" per cambiare modello di sviluppo


Monsignor Santoro
«Nel referendum non c’è in gioco soltanto il futuro delle piattaforme per l’estrazione di gas e petrolio, ma anche il modello che vogliamo per lo sviluppo del territorio. Votare “sì” è un segnale che si manda per chiedere uno sviluppo diverso, che tenga in conto sia il lavoro sia la salute e l’ambiente». A parlare è monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, che insieme ai suoi confratelli pugliesi si è pronunciato apertamente a favore del “sì” allo stop del rinnovo delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio. 
In un altro articolo chiariamo la nostra posizione a favore del “non voto” per far fallire l’iniziativa referendaria voluta da nove regioni. Posizione quindi opposta a quella di alcune conferenze episcopali regionali del Sud Italia. Ma vogliamo anche capire le ragioni di un pastore che è lontano da suggestioni ideologiche e che ha a cuore il destino della sua gente.
Allora monsignor Santoro, perché vuole fermare queste “trivelle”?Io vivo in un territorio già ferito, che – come dice papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’ - paga un debito ecologico. L’Italsider prima e l’Ilva dopo hanno dato al nostro territorio un importante sviluppo economico ma a costo di un forte e pesante inquinamento, che si è tradotto in perdite di vita, con un tasso di mortalità più alto rispetto a centri vicini, legato a certi tumori. 
Sì, ma il referendum non riguarda l’operato di Italsider e Ilva.È vero, ma quando un territorio è già ferito non si possono ammettere altre fonti di perturbazione. Se hai una mano ferita anche una puntura d’ape, che in altre circostanze sarebbe un nulla, può essere pericolosissima.
Ma le piattaforme oggetto del referendum ci sono già da molti anni, si tratta soltanto di decidere o meno di chiuderle.Direi che è solo un aspetto del referendum. C’è anche una visione più generale che riguarda il futuro che vogliamo. Le trivelle hanno dietro l’idea di uno sviluppo illimitato legato all’uso dei combustibili fossili, e anche di uno sviluppo non legato alla realtà del territorio. Il Papa nella Laudato Si’ ci indica invece la direzione opposta, quella di un graduale passaggio a fonti di energia rinnovabile, ma soprattutto la promozione di un’ecologia integrale, ovvero di uno sviluppo economico che non sia separato dal rispetto dell’ambiente, della società, della storia, della vita quotidiana. La Puglia ha bisogno soprattutto di valorizzare le sue risorse: l’agricoltura, la pesca, il turismo.
Tutte cose però che non sono incompatibili con l’estrazione del gas, che peraltro è anche una energia pulita. Oppure avete avuto problemi concreti anche con le piattaforme?No. A Taranto no. Però a Taranto è aperta la questione dei due depositi del progetto Tempa Rossa, al centro tra l’altro di una indagine della magistratura.
Ma Tempa Rossa è un progetto di estrazione del petrolio in Basilicata, non c’entra con l’estrazione in mare.Ma sono due aspetti legati, perché c’è di mezzo sempre questa idea di continuare l’estrazione di combustibili fossili con tutto quel che ne consegue. Votare per lo stop alle trivelle manderebbe un segnale, avrebbe un valore simbolico che influirebbe su tutta la situazione.
Mi scusi, però di energia c’è bisogno e non è certo che vento e sole possono sostituire i combustibili fossili. Inoltre in questo settore ci lavorano anche molte persone, e anche il lavoro non è proprio un argomento secondario.Ecco, questo è interessante: quanti posti di lavoro si perderebbero? Qui c’è una danza dei numeri: chi dice 3mila, chi 130mila. Ma l’unico numero serio lo ha dato il ministro dell’ambiente Galletti: sulle piattaforme ci lavorano 70 persone. Ebbene, non è che questi perderanno il lavoro il giorno dopo il referendum. Hanno comunque anni davanti prima dello scadere delle concessioni, c’è tutto il tempo di sviluppare modalità per rioccuparli.
Lei diceva prima di investire piuttosto sul turismo, ma c’è l’esempio della Romagna dove ci sono più piattaforme in mare che però risultano perfettamente compatibili con un’industria turistica molto sviluppata. E infatti la Regione Emilia-Romagna non condivide il referendum, e neanche i vescovi. Perché in Puglia non potrebbe essere possibile la coesistenza di un forte turismo e di estrazione di gas e petrolio?In Romagna sul turismo c’è stato un investimento solido e potente dello Stato e dei privati. Qui invece non c’è stato. La vocazione turistica romagnola è precedente all’avvio delle perlustrazioni dei fondali. Al contrario in Puglia si è insediata l’industria dimenticando il territorio. Il referendum dunque è anche un segno, è dire che vogliamo uno sviluppo che tenga conto dell’ambiente.
Io sono contrario alle posizioni dei gruppi ambientalisti che chiedevano semplicemente la chiusura dell’Ilva. Io ho detto: non è possibile, perché non si può sacrificare il lavoro con cui la gente si guadagna da vivere. Ma neanche è possibile andare avanti con il modello produttivo attuale. Bisogna trovare altre strade che mettano insieme lavoro e salute. Non entro negli aspetti tecnici, che non mi competono, ma nella mia missione pastorale ho cercato di vivere proprio questo: da quando sono arrivato a Taranto nel 2012, ho vissuto vicino alla gente: alle persone malate di cancro o con morti in famiglia a causa dell’inquinamento, e allo stesso tempo vicino agli operai dell’Ilva – diverse volte sono andato in fabbrica – sostenendo il posto di lavoro per tutti. E in questi anni nessuno ha perso il posto di lavoro. Quello che mi interessa è che, insieme al lavoro, sia possibile una difesa dell’ambiente e quindi della vita. 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI RIFUGIATI DEL LESBO GRECIA



Cari fratelli e sorelle,
Oggi ho voluto Stare con voi. Voglio dirvi Che non siete soli. In QUESTI mesi e Settimane, Avete patito molte Sofferenze Nella Vostra ricerca di Una vita Migliore. Di Molti di voi si Sono sentiti costretti a fuggire da Situazioni di Conflitto e di Persecuzione, Soprattutto per i Vostri figli, per i Vostri piccoli. Avete Fatto grandi sacrifici per le Vostre Famiglie. Conoscete il dolore di Aver Lasciato Dietro di voi tutto Cio che vi era caro e - Quel che E forse Più difficile - Senza Sapere Che cosa il futuro avrebbe Portato con sé. Anche MOLTI Altri, venire voi, si trovano in campi di rifugio o in città, nell'attesa, Sperando di Costruire Una Nuova Vita in this continente.
Sono Venuto qui con i miei fratelli, il Patriarca Bartolomeo e l'Arcivescovo Ieronymos, Semplicemente per fissare con voi e per Ascoltare le Vostre storie. Siamo Venuti per richiamare L'attenzione del mondo su this tomba Crisi Umanitaria e per implorarne la risoluzione. Venite Uomini di fede, desideriamo UNIRE Le nostre voci per Parlare Apertamente un nome Vostro. Speriamo che il mondo si Faccia Attento un QUESTE Situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo Degno della Nostra comune umanità.
Dio ha Creato il Genere Umano Perché FORMI Una sola famiglia; QUANDO Qualche Nostro fratello o sorella soffre, Tutti Noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per Esperienza Quanto E facile per ALCUNE PERSONE ignorare le Sofferenze degli Altri e persino sfruttarne la Vulnerabilità. Ma sappiamo Anche Che QUESTE Crisi possono lontano Emergere Il meglio di noi. Lo avete visto in voi Stessi e nel popolo greco, il Che ha generosamente Riposto: ai Vostri bisogni pur in mezzo alle citare in giudizio Difficoltà stesse.Lo avete visto also Nelle molte PERSONE, Specialmente Giovani provenienti da Tutta l'Europa e dal Mondo, Che Sono venute per aiutarvi. Sì, moltissimo Resta Ancora da tariffa. Ma ringraziamo Dio Che'Nelle Nostre Sofferenze non ci Lascia mai soli. C'è sempre Qualcuno Che PUÒ tendere la mano e aiutarci.
Questo e IL MESSAGGIO Che Oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il Più grande dono Che POSSIAMO offrirci una vicenda e l'amore: Uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, Una parola di incoraggiamento, Una preghiera. Possiate CONDIVIDERE this dono Gli uni con Gli Altri. Noi Cristiani Amiamo narrare l'episodio del Buon Samaritano, Uno straniero Che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermò per soccorrerlo. Per noi e Una parabola Che si riferisce alla Misericordia di Dio, la Quale si rivolge a tutti. Lui e il Misericordioso. E Anche un appello a mostrare Quella STESSA Misericordia un Coloro Che si trovano nel bisogno. Passano Tutti i Nostri fratelli e Le nostre sorelle in this continente, venite Il Buon Samaritano, venirvi in ​​Aiuto nel Quello Spirito di Fraternita, Solidarietà e RISPETTO per la Dignità Umana, il Che ha contraddistinto la SUA lunga storia.
Cari fratelli e sorelle, Dio benedica Tutti voi, in modo speciale i Vostri bambini, Gli Anziani e coloro Che soffrono nel Corpo e nello Spirito. Vi abbraccio Tutti con affetto. Su di voi e su chi vi accompagna Invoco i doni divini di fortezza e di pace.
 


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PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO DURANTE IL VOLO VERSO LESBO (GRECIA)

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A)
PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
DURANTE IL VOLO VERSO LESBO (GRECIA)
Volo Papale
Sabato, 16 aprile 2016


Padre Lombardi
Santo Padre, benvenuto in mezzo a noi. Auguri per questo viaggio così impegnativo, in cui speriamo di accompagnarLa facendo un buon servizio, perché il Suo messaggio, il Suo gesto venga capito bene da tutto il mondo. Siamo circa 50. Come al solito rappresentiamo un po’ tutti i diversi Paesi, continenti, lingue e media. E siamo riusciti a mettere insieme questo gruppo in pochissimi giorni. Questo vuol dire che c’è sempre una grande attenzione, desiderio e disponibilità ad accompagnarLa. Se vuole dirci due parole all’inizio di questo viaggio…
Santo Padre
Prima di tutto, buongiorno! Vi auguro una buona giornata. Vi ringrazio di questa compagnia. E’ un viaggio un po’ diverso dagli altri. Nei viaggi apostolici noi andiamo a fare tante cose: vedere la gente, parlare… c’è anche la gioia dell’incontro. Questo è un viaggio segnato dalla tristezza, questo è importante. E’ un viaggio triste. Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale. Andiamo – e lo vedremo – da tanta gente che soffre, che non sa dove andare, che è dovuta fuggire. E andremo anche ad un cimitero: il mare. Tanta gente lì è annegata. Lo dico non per amareggiare, non per amarezza, ma perché anche il vostro lavoro di oggi possa trasmettere nei vostri media lo stato d’animo con cui io faccio questo viaggio. Grazie di accompagnarmi. Grazie tante!
Un’ultima parola. Vorrei ricordarvi che oggi Papa Benedetto XVI fa l’89° compleanno. Una preghiera per lui!



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Testo della dichiarazione congiunta di Papa Francesco, Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia Ieronymos

 

 



                                                                     Index
DICHIARAZIONE CONGIUNTA
DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO, PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI,
DI SUA BEATITUDINE IERONYMOS, ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA
E DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Moria refugee camp, Lesvos
Sabato, 16 aprile 2016


DICHIARAZIONE CONGIUNTA
Noi, Papa Francesco, Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia Ieronymos, ci siamo incontrati sull’isola greca di Lesboper manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza. L’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.
La tragedia della migrazione e del dislocamento forzati si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse. Da Lesbo facciamo appello alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa.
Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono. In particolare, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo greco che, nonostante le proprie difficoltà economiche, ha risposto con generosità a questa crisi.
Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Chiediamo alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi e affinché i servizi di soccorso, religiosi e civili, operino per coordinare le loro iniziative. Esortiamo tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso.
L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). 
Da parte nostra, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani. Riaffermiamo con convinzione che «riconciliazione [per i cristiani] significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli […]. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa» (Charta Oecumenica, 2001). Difendendo i diritti umani fondamentali dei rifugiati, di coloro che cercano asilo, dei migranti e di molte persone che vivono ai margini nelle nostre società, intendiamo compiere la missione di servizio delle Chiese nel mondo.
Il nostro incontrarci oggi si propone di contribuire a infondere coraggio e speranza a coloro che cercano rifugio e a tutti coloro che li accolgono e li assistono. Esortiamo la comunità internazionale a fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall’attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera.
Lesbo, 16 aprile 2016
Ieronymos IIFrancescoBartolomeo I
   



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Discorso del Papa per la popolazione e la comunità cattolica di Lesbo Grecia


INCONTRO CON LA CITTADINANZA E CON LA COMUNITÀ CATTOLICA.
MEMORIA DELLE VITTIME DELLE MIGRAZIONI
Presidio della Guardia Costiera
Sabato, 16 aprile 2016
 Signor Capo del Governo,
Distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle,
da quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui. Oggi ringrazio Dio che me lo ha concesso. E ringrazio il Signor Presidente Pavlopoulos di avermi invitato, insieme con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos.
Vorrei esprimere la mia ammirazione al popolo greco che, nonostante le gravi difficoltà da affrontare, ha saputo tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto. Dio saprà ricompensare questa generosità, come quella di altre nazioni circostanti, che fin dai primi momenti hanno accolto con grande disponibilità moltissimi migranti forzati.
E’ pure benedetta la presenza generosa di tanti volontari e di numerose associazioni, che, insieme alle diverse istituzioni pubbliche, hanno portato e stanno portando il loro aiuto, esprimendo nel concreto una vicinanza fraterna.
Oggi vorrei rinnovare un accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest’isola e in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l’incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere. Purtroppo alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini.
Voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un’umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri.
Per essere veramente solidali con chi è costretto a fuggire dalla propria terra, bisogna lavorare per rimuovere le cause di questa drammatica realtà: non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento, ma occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali. Prima di tutto è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove. Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza. Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l’emergenza. In questa prospettiva rinnovo l’auspicio che abbia successo il Primo Vertice Umanitario Mondiale che avrà luogo a Istanbul il mese prossimo.
Tutto questo si può fare solo insieme: insieme si possono e si devono cercare soluzioni degne dell’uomo alla complessa questione dei profughi. E in questo è indispensabile anche il contributo delle Chiese e delle Comunità religiose. La mia presenza qui insieme al Patriarca Bartolomeo e all’Arcivescovo Ieronymos sta a testimoniare la nostra volontà di continuare a collaborare perché questa sfida epocale diventi occasione non di scontro, ma di crescita della civiltà dell’amore.
Cari fratelli e sorelle, di fronte alle tragedie che feriscono l’umanità, Dio non è indifferente, non è distante. Egli è il nostro Padre, che ci sostiene nel costruire il bene e respingere il male. Non solo ci sostiene, ma in Gesù ci ha mostrato la via della pace. Di fronte al male del mondo, Egli si è fatto nostro servo, e col suo servizio di amore ha salvato il mondo. Questo è il vero potere che genera la pace. Solo chi serve con amore costruisce la pace. Il servizio fa uscire da sé stessi e si prende cura degli altri, non lascia che le persone e le cose vadano in rovina, ma sa custodirle, superando la spessa coltre dell’indifferenza che annebbia le menti e i cuori.
Grazie a voi, perché siete custodi di umanità, perché vi prendete teneramente cura della carne di Cristo, che soffre nel più piccolo fratello affamato e forestiero, e che voi avete accolto (cfr Mt 25,35).
Συχαριστώ!

Si evharistó!

PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Dio di misericordia,
Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini,
che sono morti dopo aver lasciato le loro terre
in cerca di una vita migliore.
Benché molte delle loro tombe non abbiano nome,
da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto.
Che mai siano da noi dimenticati, ma che possiamo onorare
il loro sacrificio con le opere più che con le parole.
Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio,
sopportando paura, incertezza e umiliazione,
al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza.
Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio
quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe,
così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlie
attraverso la nostra tenerezza e protezione.
Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo
dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa
e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace.
Dio di misericordia e Padre di tutti,
destaci dal sonno dell’indifferenza,
apri i nostri occhi alle loro sofferenze
e liberaci dall’insensibilità,
frutto del benessere mondano e del ripiegamento su sé stessi.
Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui,
a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste
sono nostri fratelli e sorelle.
Aiutaci a condividere con loro le benedizioni
che abbiamo ricevuto dalle tue mani
e riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana,
siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te,
che sei la nostra vera casa,
là dove ogni lacrima sarà tersa,
dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio.