mercoledì 31 luglio 2013

LA SAPIENZA DELLE DONNE

Foto: Parole di Papa Francesco sull'importanza delle donne nella Chiesa:

"Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! 

Ma pensate che la Madonna è più importante degli Apostoli! E’ più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre. 

Ma la donna, nella Chiesa, non solo deve … non so come si dice in italiano … il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma, come lavoratrice, limitata … No! E’ un’altra cosa! Ma i Papi… Paolo VI ha scritto una cosa bellissima sulle donne, ma credo che si debba andare più avanti nell’esplicitazione di questo ruolo e carisma della donna. 

Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che portano avanti. Io penso un esempio che non ha niente a che vedere con la Chiesa, ma è un esempio storico: in America Latina, il Paraguay. Per me, la donna del Paraguay è la donna più gloriosa dell’America Latina. Tu sei paraguayo? Sono rimaste, dopo la guerra, otto donne per ogni uomo, e queste donne hanno fatto una scelta un po’ difficile: la scelta di avere figli per salvare: la Patria, la cultura, la fede e la lingua. 

Nella Chiesa, si deve pensare alla donna in questa prospettiva: di scelte rischiose, ma come donne. Questo si deve esplicitare meglio. Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas … Ma, c’è di più! Bisogna fare una profonda teologia della donna. Questo è quello che penso io".

Link all'intervista: http://bit.ly/13jwLer

Incoronazione della Vergine, XIII d.C. Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze.


Niente donne, niente Chiesa. Una Chie­sa senza le donne «è come il collegio a­postolico senza Maria» ha detto papa Fran­cesco, conversando con i giornalisti al ritor­no dal Brasile. E ha aggiunto: «Non abbiamo ancora fatto una teologia della donna. Biso­gna farla». La battuta appartiene allo stile dell’intervista: enunciato confidenziale, im­magine di effetto. Però è vera.
  Naturalmente, non ci mancano riflessioni teologiche sulla donna e sul ruolo della donna nella Chiesa. Esiste anche una teo­logia femminista, che cerca di filtrare cri­stianamente i nuovi temi dell’emancipa­zione e della dignità del soggetto umano al femminile. È anche vero, però, che rimane in circolazione una certa ambiguità, una specie di vischiosa deriva dell’ideologia del­la complementarietà, che occulta il genio femminile della differenza dietro l’aggior­nata riproposizione di un arcaico schema servile. La complementarietà dell’umano è una cosa, il completamento del maschio è un’altra cosa. D’altra parte, il massimali­smo avventuroso dell’obiettivo di una per­fetta autosufficienza e di una formale u­guaglianza, rischia a ogni passo di conver­tire l’emancipazione della femmina nella replicazione mimetica del maschio: nel se­gno dell’archetipo – duro a morire – del­l’individuo umano compiuto, perfetta­mente padrone di sé, che non deve chie­dere mai. L’ossessione di questo ideale (si fa per dire) ha già fatto abbastanza danni. Nelle nostre civilissime contrade, per altro, si moltiplicano in cronaca (e nella realtà) violenze e sopraffazioni che avevamo ar­chiviato come memorie di un passato lon­tano. E come mai, proprio ora?
  Per quanto riguarda la Chiesa – così inten­do la provocazione del Papa – non è nella prospettiva dell’ancillarità ecclesiale a favo­re del maschio, né in quella del sacerdozio ministeriale della femmina, che va pensata l’assoluta singolarità del genio delle donne, che ci è indispensabile. L’irriducibile, l’inso­stituibile, il fondamentale, seguendo il van­gelo, non sta qui. E dove sta, allora? Perché si dovrà pur dare carne e sangue, infine, a questo pensiero. Cerco di leggere tra le righe dello slancio con il quale il papa Francesco ci incalza, e propongo il mio azzardo.
  «La Chiesa è femminile, perché è sposa e madre. Si deve andare più avanti, non si può capire la Chiesa senza le donne attive in es­sa ». L’icona materna e sponsale della Chie­sa è abituale, nella retorica ecclesiastica. Il suo consumo sentimentale è talora al limi­te dell’innocuo, se non del patetico. Imma­giniamo di dover declinare l’icona, come di­ce il Papa, con la potenza d’iniziativa e d’in­ventiva delle donne. Mettiamo che le don­ne si propongano, da adesso, di incalzare gli uomini – a cominciare dagli ecclesiastici – a battersi per la generazione che arriva, orfa­na di senso, predestinata alla selezione com­petitiva e al narcisismo mortifero. Mettiamo che le donne si battano, nel pensiero e nel­l’azione, per la potenza generativa e la pas­sione fraterna delle nuove creature, invece che per i privilegi della loro prepotenza au­toriferita e protetta. Mettiamo che alle don­ne sia integralmente restituita, da domani, autorevolezza e dignità di parola, nell’inter­pretazione dei segni dei tempi e della vo­lontà di Dio. La stessa che Gesù riconobbe a Maria, quando la Madre gli impose ele­gantemente un miracolo, al di fuori del tem­po stabilito e oltre le regole previste, per e­vitare alle due giovani creature di Cana la mortificazione della loro festa più bella.
  Insomma, mettiamo che proprio alle don­ne – nella Chiesa stessa – sia chiesto di ria­prire la strada per una nuova sapienza del­la compassione per le creature, per un’in­telligenza non predatoria delle risorse, per u­na sensibilità non strumentale delle prossi­mità, per una bellezza non ornamentale del­l’habitat. E per il dialogo e l’alleanza dei po­poli sui fondamentali dell’umano comune: che solo le donne conoscono a fondo. E met­tiamo pure che i maschi siano capaci di fa­re un passo indietro, anche nella Chiesa, per restituire alla polifonia delle voci il suo e­quilibrio. Affinché la nuova evangelizzazio­ne insegni persuasivamente la generazione del Figlio, e non solo l’avvento del regno di Dio. Non pensi che ripartirebbe anche la sto­ria, insieme con la felicità dell’annuncio?
 

 PIERANGELO SEQUERI
 

lunedì 29 luglio 2013

Il Papa ai giovani: “La Chiesa conta su di voi andate e seminate speranza”

L'abbraccio di Rio al Pontefice    Index
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Lungomare di Copacabana, Rio de Janeiro Domenica, 28 luglio 2013

Cari fratelli e sorelle,
cari giovani!
“Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Con queste parole, Gesù si rivolge a ognuno di voi, dicendo: “È stato bello partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, vivere la fede insieme a giovani provenienti dai quattro angoli della terra, ma ora tu devi andare e trasmettere questa esperienza agli altri”. Gesù ti chiama ad essere discepolo in missione! Oggi, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, che cosa ci dice il Signore? Che cosa ci dice il Signore?Tre parole: Andate, senza paura, per servire.
1. Andate. In questi giorni, qui a Rio, avete potuto fare la bella esperienza di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito la gioia della fede. Ma l'esperienza di questo incontro non può rimanere rinchiusa nella vostra vita o nel piccolo gruppo della parrocchia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come togliere l'ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché tutti possano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signore della vita e della storia (cfr Rm 10,9).
Attenzione, però! Gesù non ha detto: se volete, se avete tempo, andate, ma ha detto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Condividere l’esperienza della fede, testimoniare la fede, annunciare il Vangelo è il mandato che il Signore affida a tutta la Chiesa, anche a te; è un comando, che, però, non nasce dalla volontà di dominio, dalla volontà di potere, ma dalla forza dell’amore, dal fatto che Gesù per primo è venuto in mezzo a noi e non ci ha dato qualcosa di Sé, ma ci ha dato tutto Se stesso, Egli ha dato la sua vita per salvarci e mostrarci l’amore e la misericordia di Dio. Gesù non ci tratta da schiavi, ma da persone libere, da amici, da fratelli; e non solo ci invia, ma ci accompagna, è sempre accanto a noi in questa missione d'amore.
Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti e non per alcuni. Non è solo per quelli che ci sembrano più vicini, più ricettivi, più accoglienti. E’ per tutti. Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore.
In particolare, vorrei che questo mandato di Cristo: “Andate”, risuonasse in voi giovani della Chiesa in America Latina, impegnati nella missione continentale promossa dai Vescovi. Il Brasile, l’America Latina, il mondo ha bisogno di Cristo! San Paolo dice: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Questo Continente ha ricevuto l’annuncio del Vangelo, che ha segnato il suo cammino e ha portato molto frutto. Ora questo annuncio è affidato anche a voi, perché risuoni con forza rinnovata. La Chiesa ha bisogno di voi, dell'entusiasmo, della creatività e della gioia che vi caratterizzano. Un grande apostolo del Brasile, il Beato José de Anchieta, partì in missione quando aveva soltanto diciannove anni. Sapete qual è lo strumento migliore per evangelizzare i giovani? Un altro giovane. Questa è la strada da percorrere da parte di tutti voi!
2. Senza paura. Qualcuno potrebbe pensare: “Non ho nessuna preparazione speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?”. Caro amico, la tua paura non è molto diversa da quella di Geremia, abbiamo appena ascoltato nelle lettura, quando è stato chiamato da Dio a essere profeta. «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Dio dice anche a voi quello che ha detto a Geremia: «Non avere paura [...], perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,7.8). Lui è con noi!
“Non avere paura!”. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stesso che ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). E questo è vero anche per noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.
Gesù poi non ha detto: “Va’” , ma “Andate”: siamo inviati insieme. Cari giovani, sentite la compagnia dell’intera Chiesa e anche la comunione dei Santi in questa missione. Quando affrontiamo insieme le sfide, allora siamo forti, scopriamo risorse che non sapevamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivessero isolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità. Vorrei rivolgermi anche a voi, cari sacerdoti che concelebrate con me quest'Eucaristia: siete venuti ad accompagnare i vostri giovani, e questo è bello, condividere questa esperienza di fede! Certamente vi ha ringiovanito tutti. Il giovane contagia giovinezza. Ma è solo una tappa del cammino. Per favore, continuate ad accompagnarli con generosità e gioia, aiutateli ad impegnarsi attivamente nella Chiesa; non si sentano mai soli! E qui desidero ringraziare di cuore i gruppi di pastorale giovanile ai movimenti e nuove comunità che accompagnano i giovani nella loro esperienza di essere Chiesa, così creativi e così audaci. Andate avanti e non abbiate paura!
3. L’ultima parola: per servire. All’inizio del Salmo che abbiamo proclamato ci sono queste parole: «Cantate al Signore un canto nuovo» (Sal 95,1). Qual è questo canto nuovo? Non sono parole, non è una melodia, ma è il canto della vostra vita, è lasciare che la nostra vita si identifichi con quella di Gesù, è avere i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni. E la vita di Gesù è una vita per gli altri, la vita di Gesù è una vita per gli altri. È una vita di servizio.
San Paolo, nella Lettura che abbiamo ascoltato poco fa, diceva: «Mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (1 Cor 9,19). Per annunciare Gesù, Paolo si è fatto “servo di tutti”. Evangelizzare è testimoniare in prima persona l'amore di Dio, è superare i nostri egoismi, è servire chinandoci a lavare i piedi dei nostri fratelli come ha fatto Gesù.
Tre parole: Andate, senza paura, per servireAndate, senza paura, per servire. Seguendo queste tre parole sperimenterete che chi evangelizza è evangelizzato, chi trasmette la gioia della fede, riceve più gioia. Cari giovani, nel ritornare alle vostre case non abbiate paura di essere generosi con Cristo, di testimoniare il suo Vangelo. Nella prima Lettura quando Dio invia il profeta Geremia, gli dona il potere di «sradicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare» (Ger 1,10). Anche per voi è così. Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell'egoismo, dell'intolleranza e dell’odio; per edificare un mondo nuovo. Cari giovani: Gesù Cristo conta su di voi! La Chiesa conta su di voi! Il Papa conta su di voi! Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, vi accompagni sempre con la sua tenerezza: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Amen.
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Gmg, in 3 milioni alla Messa finale. Il Papa: diffondete la gioia della fede. A Cracovia il raduno 2016

Con il Papa rientrato in Vaticano, restano negli occhi i tre milioni di persone che ieri mattina, a Rio de Janeiro, hanno partecipato alla Messa finale della Gmg. Agli oltre due milioni di giovani che hanno trascorso la notte sulla spiaggia di Rio dopo la Veglia, si sono aggiunte altre centinaia di migliaia di persone in arrivo dalla metropoli carioca e da tutto il Brasile. A concelebrare col Papa 1.500 vescovi e 15 mila i sacerdoti, mentre fra le autorità spiccavano i presidenti di Brasile, Argentina, Bolivia e Suriname. All'Angelus, il Papa ha poi annunciato la città della prossima Gmg.RealAudioMP3 

“Queridos jovens, temos encontro marcado na próxima Jornada Mundial..."
“Cari giovani, abbiamo un appuntamento nella prossima Giornata Mondiale della Gioventù, nel 2016, a Cracovia, in Polonia. Per l’intercessione materna di Maria – ha detto il Papa tra l’ovazione dei pellegrini polacchi – chiediamo la luce dello Spirito Santo sul cammino che ci porterà a questa nuova tappa di gioiosa celebrazione della fede e dell’amore di Cristo. All’Angelus, ultimo atto della Gmg di Rio, il Papa ha invocato la Vergine affinché i giovani, tornando nelle proprie case, non abbiano mai paura di essere generosi con Cristo. “Vale la pena – ha detto – uscire e andare con coraggio e generosità, perché ogni uomo e ogni donna possa incontrare il Signore”. Un’invocazione che ha ripreso i temi dell’omelia del Papa per la Messa a conclusione della Gmg a Copacabana nella splendida cornice di Rio:

"Jesus lhe chama a ser um discípulo em missão!..."
“Gesù ci chiama ad essere discepolo in missione”. Per farlo, Papa Francesco ha indicato ai giovani tre parole: Andate, senza paura, per servire. “Andate… e fate discepoli tutti i popoli” per trasmettere ai loro coetanei l’esperienza della Gmg di Rio, per condividere e testimoniare l’esperienza di fede. “E’ un comando – ha affermato – che non nasce però dalla volontà di dominio o di potere, ma dalla forza dell’amore”. Gesù ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti e non per alcuni ha sottolineato il Papa:

“Não tenham medo de ir e levar Cristo para todos os ambientes..."
“Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore”.

Papa Francesco ha poi invitato i giovani a evangelizzare i loro coetanei. Facendolo “Senza paura”, perché è Cristo che ci precede e ci guida. Gesù non ci lascia soli, ci accompagna sempre, accompagna la Chiesa intera. Cristo infatti non ha chiamato gli Apostoli a vivere da soli, ma li ha chiamati a formare una comunità. Per questo, il Papa ha invitato i sacerdoti presenti ad accompagnare i giovani affinché non si sentano mai soli. Di qui, l'“andate, senza paura”, “per servire”, lasciando che la nostra vita si identifichi con quella di Gesù che è stata una vita per gli altri. “E’ una vita di servizio” ha detto il Papa. “Evangelizzare è testimoniare in prima persona l'amore di Dio, è superare i nostri egoismi”. Infine ha indicato ai giovani l’importanza di annunciare il Vangelo:

“Llevar el evangelio es llevar la fuerza de Dios para arrancar y arrasar el mal ...
“Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell'egoismo, dell'intolleranza e dell’odio; per edificare un mondo nuovo. Gesù Cristo conta su di voi! La Chiesa conta su di voi! Il Papa conta su di voi!”.
Al termine della Messa il mandato missionario a 10 giovani dei cinque continenti. Particolarmente toccante quando, come segno di accoglienza e offerta a Dio della vita, all’offertorio il Papa ha voluto abbracciare una piccolissima bimba nata anencefala, in braccio ai genitori che hanno rifiutato di abortire nonostante la legge brasiliana glielo permettesse.

Nel "Campus Fidei" di Guaratiba, l’immensa spianata dove doveva svolgersi la conclusione della Gmg, inagibile per il maltempo, per volere della Chiesa e del Comune di Rio, saranno costruiti alloggi per 20mila poveri, mentre la Croce di 33 metri costruita sul grande podio papale, rimarrà come segno di questa Giornata indimenticabile per Rio e per il Brasile. Per le Gmg l’appuntamento è a Cracovia nel 2016.

 http://it.radiovaticana.va

sabato 27 luglio 2013

VIA CRUCIS CON I GIOVANI DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Carissimi giovani!
Siamo venuti oggi qui per accompagnare Gesù lungo il suo cammino di dolore e di amore, il cammino della Croce, che è uno dei momenti forti della Giornata Mondiale della Gioventù. Al termine dell'Anno Santo della Redenzione, il Beato Giovanni Paolo II ha voluto affidare la Croce a voi, giovani, dicendovi: «Portatela nel mondo come segno dell'amore di Gesù per l'umanità e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione» (Parole ai giovani [22 aprile 1984]: Insegnamenti VII,1 [1984], 1105). Da allora la Croce ha percorso tutti i Continenti e ha attraversato i più svariati mondi dell’esistenza umana, restando quasi impregnata dalle situazioni di vita dei tanti giovani che l’hanno vista e l’hanno portata. Cari fratelli, nessuno può toccare la Croce di Gesù senza lasciarvi qualcosa di se stesso e senza portare qualcosa della Croce di Gesù nella propria vita. Tre domande vorrei che risuonassero nei vostri cuori questa sera accompagnando il Signore: Che cosa avete lasciato nella Croce voi, cari giovani del Brasile, in questi due anni in cui ha attraversato il vostro immenso Paese? E che cosa ha lasciato la Croce di Gesù in ciascuno di voi? E, infine, che cosa insegna alla nostra vita questa Croce?
1. Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l'Apostolo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: “Signore, dove vai?”. La risposta di Gesù fu: “Vado a Roma per essere crocifisso di nuovo”. In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’era sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire. Ecco, Gesù con la sua Croce percorre le nostre strade e prende su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde. Con la Croce Gesù si unisce al silenzio delle vittime della violenza, che ormai non possono più gridare, soprattutto gli innocenti e gli indifesi; con la Croce, Gesù si unisce alle famiglie che sono in difficoltà, e che piangono la tragica perdita dei loro figli, come nel caso dei 242 giovani vittime dell'incendio nella città di Santa María all'inizio di quest'anno. Preghiamo per loro. Con la Croce Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondo che, dall'altro lato, si permette il lusso di gettare via ogni giorno tonnellate di cibo; con la Croce, Gesù è unito a tante madri e a tanti padri che soffrono vedendo i propri figli vittime di paradisi artificiali come la droga; con la Croce, Gesù si unisce a chi è perseguitato per la religione, per le idee, o semplicemente per il colore della pelle; nella Croce, Gesù è unito a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche perché vedono l'egoismo e la corruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo. Quanto fanno soffrire Gesù le nostre incoerenze! Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (cfr Gv 3,16).
2. Adesso possiamo rispondere alla seconda domanda: che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata? Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c'è la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere. Cari giovani, fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui (cfr Lettera enc. Lumen fidei, 16) perché Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall'essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di amore, di vittoria, di trionfo e di vita.
Il primo nome dato al Brasile è stato proprio quello di “Terra de Santa Cruz”. La Croce di Cristo è stata piantata non solo sulla spiaggia più di cinque secoli fa, ma anche nella storia, nel cuore e nella vita del popolo brasiliano e in molti altri popoli. Il Cristo sofferente lo sentiamo vicino, uno di noi che condivide il nostro cammino fino in fondo. Non c'è croce, piccola o grande che sia, della nostra vita che il Signore non condivida con noi.
3. Ma la Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto, la Croce ci invita ad uscire da noi stessi per andare loro incontro e tendere loro la mano. Tanti volti li abbiamo visti nellaVia Crucis, tanti volti hanno accompagnato Gesù nel suo cammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne… Io oggi ti chiedo: Tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere come Pilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare la vita di Gesù e se ne lava le mani. Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto tonto e guarda dall'altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come chi di questi vuoi essere? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle: con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi?
Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore.

INCONTRO CON I GIOVANI ARGENTINI PARTECIPANTI ALLA GMG NELLA CATTEDRALE DI RIO DE JANEIRO (25 LUGLIO 2013) PAROLE DEL SANTO PADRE


Grazie…, grazie per essere qui, grazie per essere venuti… Grazie a coloro che sono dentro e molte grazie a coloro che sono rimasti fuori. Ai trentamila che mi dicono essere fuori. Li saluto da qui. Sono sotto la pioggia… grazie per il gesto di essersi avvicinati, grazie per essere venuti alla Giornata della Gioventù. Avevo suggerito al dottor Gasbarri, che è la persona che gestisce, che organizza il viaggio, di trovare un posticino per un incontro con voi, e in mezza giornata ha sistemato tutto. Voglio anche ringraziare pubblicamente il dottor Gasbarri per ciò che è riuscito a fare oggi.
Desidero dirvi ciò che spero come conseguenza della Giornata della Gioventù: spero che ci sia chiasso. Qui ci sarà chiasso, ci sarà. Qui a Rio ci sarà chiasso, ci sarà. Però io voglio che ci vi facciate sentire nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi. Le parrocchie, le scuole, le istituzioni sono fatte per uscire fuori…, se non lo fanno diventano una ONG e la Chiesa non può essere una ONG. Che mi perdonino i vescovi ed i sacerdoti, se alcuni dopo vi creeranno confusione. E’ il consiglio. Grazie per ciò che potrete fare.
Guardate, io penso che, in questo momento, questa civiltà mondiale sia andata oltre i limiti, sia andata oltre i limiti perché ha creato un tale culto del dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono le promesse dei popoli. Esclusione degli anziani, ovviamente. Uno potrebbe pensare che ci sia una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prende cura degli anziani; ma c’è anche un’eutanasia culturale, perché non li si lascia parlare, non li si lascia agire. E l’esclusione dei giovani. La percentuale che abbiamo di giovani senza lavoro, senza impiego, è molto alta e abbiamo una generazione che non ha esperienza della dignità guadagnata con il lavoro. Questa civiltà, cioè, ci ha portato a escludere i due vertici che sono il nostro futuro. Allora i giovani: devono emergere, devono farsi valere; i giovani devono uscire per lottare per i valori, lottare per questi valori; e gli anziani devono aprire la bocca, gli anziani devono aprire la bocca e insegnarci! Trasmetteteci la saggezza dei popoli!
Nel popolo argentino, io chiedo, di vero cuore, agli anziani: non venite meno nell’essere la riserva culturale del nostro popolo, riserva che trasmette la giustizia, che trasmette la storia, che trasmette i valori, che trasmette la memoria del popolo. E voi, per favore, non mettetevi contro gli anziani: lasciateli parlare, ascoltateli e andate avanti. Ma sappiate, sappiate che in questo momento voi, giovani, e gli anziani, siete condannati allo stesso destino: esclusione. Non vi lasciate escludere. E’ chiaro! Per questo credo che dobbiate lavorare. La fede in Gesù Cristo non è uno scherzo, è una cosa molto seria. E’ uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi. E’ uno scandalo che sia morto su una croce. E’ uno scandalo: lo scandalo della Croce. La Croce continua a far scandalo. Ma è l’unico cammino sicuro: quello della Croce, quello di Gesù, quello dell’Incarnazione di Gesù. Per favore, non "frullate" la fede in Gesù Cristo. C’è il frullato di arancia, c’è il frullato di mela, c’è il frullato di banana, ma per favore non bevete "frullato" di fede.
La fede è intera, non si frulla. E’ la fede in Gesù. E’ la fede nel Figlio di Dio fatto uomo, che mi ha amato ed è morto per me. Allora: fatevi sentire; abbiate cura degli estremi della popolazione, che sono gli anziani e i giovani; non lasciatevi escludere e che non si escludano gli anziani. Secondo: non "frullate" la fede in Gesù Cristo. Le Beatitudini. Che cosa dobbiamo fare, Padre? Guarda, leggi le Beatitudini che ti faranno bene. Se vuoi sapere che cosa devi fare concretamente leggi Matteo capitolo 25, che è il protocollo con il quale verremo giudicati. Con queste due cose avete il Piano d’azione: le Beatitudini e Matteo 25. Non avete bisogno di leggere altro. Ve lo chiedo con tutto il cuore. Va bene; vi ringrazio per questa vicinanza. Mi dispiace che siate ingabbiati, però vi dico una cosa. Io, ogni tanto, lo sperimento: che brutta cosa è essere ingabbiati. Ve lo confesso di cuore, ma vediamo… Vi capisco. Mi sarebbe piaciuto esservi più vicino, ma comprendo che, per ragioni di sicurezza, non si può. Grazie per essere venuti, grazie per pregare per me; ve lo chiedo di cuore, ne ho bisogno. Ho bisogno delle vostre preghiere, ne ho tanto bisogno. Grazie per questo. Ebbene, vi voglio dare la Benedizione e dopo benediremo l’immagine della Vergine che percorrerà tutta la Repubblica… e la croce di San Francesco, che viaggeranno missionariamente. Ma non dimenticate: fatevi sentire; abbiate cura dei due estremi della vita, i due estremi della storia dei popoli, che sono gli anziani e i giovani; e non frullate la fede.
E adesso preghiamo, per benedire l’immagine della Vergine e darvi poi la Benedizione.
Ci alziamo in piedi per la Benedizione, ma prima voglio ringraziare per quello che ha detto mons. Arancedo, perché da autentico maleducato non l’ho ringraziato. Quindi, grazie per le tue parole!
Preghiera:

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Ave, Maria…

Signore, Tu hai lasciato in mezzo a noi tua Madre perché ci accompagnasse.
Che abbia cura di noi e ci protegga nel nostro cammino, nel nostro cuore, nella nostra fede.
Che ci faccia discepoli come Lei lo è stata, e missionari come anche Lei lo è stata.
Che ci insegni a uscire per le strade.
Che ci insegni a uscire da noi stessi.
Benediciamo questa immagine, Signore, che percorrerà il Paese.
Che Lei, con la sua mansuetudine, con la sua pace, ci indichi il cammino.
Signore. Tu sei uno scandalo. Tu sei uno scandalo: lo scandalo della Croce. Una Croce che è umiltà, mansuetudine; una Croce che ci parla della vicinanza di Dio. Benediciamo anche questa immagine della Croce che percorrerà il Paese.

Molte grazie, ci vediamo in questi giorni.
Che Dio vi benedica. Pregate per me. Non dimenticatelo!

lunedì 22 luglio 2013

Papa Francesco partito per Rio de Janeiro



L'aereo Alitalia che accompagna il Papa e il suo seguito a Rio
E’ iniziato il primo viaggio apostolico internazionale di Papa Francesco: l’aereo papale, un Airbus A330 dell’Alitalia, è decollato alle 8.53 dall’aeroporto di Fiumicino alla volta di Rio de Janeiro. A salutare il Pontefice, che aveva con sé un bagaglio a mano, anche il premier Enrico Letta. L'aereo è previsto che atterri all'aeroporto Internazionale Galeão/Antonio Carlos Jobim di Rio alle 16.00 locali, saranno le 21.00 in Italia. In Brasile sono già giunti tantissimi giovani per la 28.ma Giornata mondiale della gioventù. Quest’anno sarà un Papa latinoamericano venuto dal suo stesso continente a rinvigorire la fede, a ridare speranza e a spingere i giovani alla missione, come recita il tema della Gmg pensato già da Benedetto XVI: “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”. Una Gmg cui Papa Francesco ha voluto dare un’impronta personale con la tappa al santuario di Aparecida e gli incontri alle “periferie” degli ultimi: favelas, ospedali e detenuti. Il servizio del nostro inviato, Roberto Piermarini:
Ad Aparecida mercoledì prossimo Papa Francesco, confermando il suo amore per la Madonna, affiderà ai piedi della Vergine non solo la Gmg ma anche il suo pontificato mentre in serata visiterà l’ospedale San Francesco specializzato nel recupero di dipendenti da alcool e droga. Un dramma quest’ultimo che ha visto “padre Jorge” in prima linea nei suoi 14 anni da arcivescovo di Buenos Aires. Alla favelas di Varginha – periferia geografica, morale ed economica di Rio, “bonificata” da criminalità e narcotraffico da un programma di recupero governativo - si recherà giovedì mattina mentre venerdì incontrerà gli esclusi per eccellenza: i carcerati. Al suo arrivo a Rio oggi pomeriggio, saranno ad accoglierlo la Chiesa locale e la presidente Dilma Rousseff la quale, per l’occasione, ha invitato a Rio tutti i presidenti dell’America Latina. Ma Papa Francesco entrerà nel vivo della Gmg – orientata sul tema della missionarietà - giovedì pomeriggio quando sullo sfondo dell’incantevole lungomare di Copacabana sarà accolto dai giovani giunti da ogni parte del mondo: due milioni secondo le ultime stime. Venerdì mattina – giornata penitenziale – il Pontefice confesserà alcuni ragazzi della Gmg nel Parco della Quinta da Boa Vista mentre a mezzogiorno reciterà l’Angelus. Come è ormai consuetudine in ogni Gmg, il Papa consumerà il pranzo con 12 giovani, in rappresentanza dei cinque continenti. Venerdì sera, sarà ancora il litorale di Copacabana a fare da sfondo alla Via Crucis dei giovani. Sabato, Giornata della gioia, dopo la Messa in cattedrale con i vescovi ed i sacerdoti presenti a Rio e l’incontro con la classe dirigente brasiliana, Papa Francesco in serata si recherà nella immensa spianata di Guaratiba ribattezzata “Campus Fidei”, per la grande Veglia di preghiera con i giovani che rimarranno lì tutta la notte in attesa, domenica mattina, della celebrazione conclusiva della Gmg. Celebrazione a cui seguirà l’Angelus. Prima di lasciare Rio, Papa Francesco incontrerà il Comitato di coordinamento del Celam riunito nella città carioca e 15mila volontari, in rappresentanza dei 60mila che hanno reso possibile la riuscita del grande raduno giovanile in terra brasiliana. Nel corso della sua permanenza a Rio – dove si sposterà in jeep scoperta per un miglior contatto con la gente - tra i tanti appuntamenti del Papa, è prevista anche la benedizione delle bandiere olimpiche per i Giochi del 2016 e la consegna delle chiavi della città di Rio. Un gesto simbolico per un Papa che con i suoi gesti e le sue parole di misericordia, ha già “aperto” il cuore di molti.

Massimo Camisasca e Papa Francesco, «un padre imprevedibile»

papa-francesco-castel-gandolfoIl vescovo di Reggio Emilia sul settimanale Tempi: «Dicevano: la Chiesa è morta. Poi è venuto Bergoglio, la guida che tutti desideravano e che nessuno si aspettava»


Che cosa cercano le folle in Francesco? Un padre. La sete di un padre caratterizza il nostro tempo. È la ricerca di una presenza che sappia indicare la strada, in un tempo segnato da molte ombre e da poche luci. Un padre che sappia indicare la via anche correggendo i percorsi sbagliati, ma sempre con un tono amorevole e rassicurante.
La Tradizione della Chiesa, ma prima ancora Gesù nel Vangelo (si legga il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni), hanno indicato nell’immagine del Buon Pastore il riferimento più chiaro a questa arte di guidare con autorevolezza e misericordia. E non a caso Papa Francesco ha ripreso un numero imprecisato di volte questa immagine: il pastore e le pecore, quelle smarrite da cercare, quelle già nell’ovile che non bisogna perdere tempo a coccolare, dimenticando le altre, sole e perdute.
Ma le folle non cercano solo un padre. Cercano un padre vicino. Ecco allora l’importanza della parola e dei segni. Bergoglio conosce l’arte della comunicazione. Non parla solo con le parole, ma con i gesti e le espressioni del volto. Il suo umorismo trasmette quella serenità di cui è assetato il cuore dell’uomo. Ma è soprattutto attento ai segni. Non usare una croce pettorale d’oro, abitare a Santa Marta assieme ad altri preti, chiedere la benedizione del popolo… sono segni che danno alla gente l’impressione chiara che Francesco è un uomo vicino, che è uno di noi, che qualcosa di nuovo sta accadendo.
Tanta gente che non entrava in una chiesa da anni, forse da decenni, torna a confessarsi. Tanti accorrono a Roma in pellegrinaggio e affollano Piazza San Pietro. Non sono solo le udienze del mercoledì o gli Angelus della domenica a raccogliere decine e decine di migliaia di persone. Nella piazza, che è il cuore della cristianità, accorrono gruppi numerosi perfino di notte, pregando e cantando, tenendo in mano candele accese. Se un prete è riconoscibile, in treno, in aereo, sull’autobus, ha molte probabilità che il suo vicino gli parli di Papa Francesco, gli esprima la sua gioia, la sua gratitudine, come se avesse contribuito ad eleggerlo.
Di questo Papa si parla dovunque e il più delle volte con benevolenza, anzi con gratitudine. Eppure non è un uomo accondiscendente, un prete che gioca al ribasso per non scontentare. Invita continuamente alla conversione e allo stesso tempo ricorda che Dio è grazia, è perdono, gioia, pace e misericordia.
Primo Angelus di Papa Francesco da Castel GandolfoHo chiesto a tanta gente: chi è per te Papa Francesco? Che cosa ti colpisce in lui? La risposta che più mi ha impressionato è stata quella di un giovane: in lui mi attrae l’imprevedibilità. Bergoglio è, in effetti, un uomo imprevedibile. Sembra sempre alla ricerca di nuove strade per raggiungere gli uomini che ha davanti. Ma in lui tutto ciò è naturale, come frutto di un lungo esercizio vissuto ai tempi del suo ministero sacerdotale ed episcopale.
Nessuna presunzione
La Chiesa ha bisogno di concentrarsi su ciò che le è essenziale. È il suo bisogno di sempre, avvertito con più stringenza in alcuni passaggi della sua storia. Il tempo che stiamo vivendo è uno di questi. L’essenziale è Gesù stesso, che va riscoperto in ogni epoca del mondo ed efficacemente ripresentato ai propri contemporanei. Lasciando perdere tutto ciò che ci divide da Lui perché è incrostazione dei secoli, dobbiamo riscoprire ciò che ci unisce a Lui, ciò che lo rende contemporaneo, affascinante: la sua parola, i suoi sacramenti, l’opera dello Spirito. La Chiesa può tornare a splendere.
Ma chi può operare tale passaggio senza presunzione, senza farsi promotore di un’ideologia manichea che separa prima del tempo il grano dalla zizzania? Solo un santo. Per questo Papa Francesco parla tanto della santità, che è dono di Dio. Non accetta di ridurre il cristianesimo a un’esaltazione della volontà o a una sapienza umana. Ha condannato più volte il pelagianesimo e la gnosi. La sua opera di riforma – che continua quella iniziata da Benedetto XVI – punta tutto sulla conversione dei cuori.
massimo-camisascaSi tratta di aiutare la Chiesa a brillare unicamente della luce di Cristo, come luna che trae la sua luce dal sole, e non per le luci mondane che sono schermo della vera luminosità.
Soltanto così si può comprendere l’invito continuamente rivolto dal Papa alla Chiesa a superare le proprie chiusure, a uscire, a raggiungere le periferie del mondo. Come Cristo ha lasciato il cielo, si è fatto uomo per raggiungere la nostra umanità malata, così noi, che diventiamo poveri imitando il Maestro, liberi da ogni impaccio mondano, andiamo verso i poveri del mondo che attendono il Signore.
Un’epoca di grandi guide
Nessun secolo della bimillenaria storia della Chiesa, come l’attuale e quello passato, ha visto una serie così sorprendente di Vescovi di Roma. Molte volte il popolo cristiano si è chiesto: dopo un Papa così grande, chi potrà succedergli ora? Eppure dopo Pio XII abbiamo avuto la sorpresa epocale di Papa Giovanni, dopo Paolo VI la personalità ricchissima e apostolica di Giovanni Paolo II. Dopo Wojtyla sembrava aprirsi una successione impossibile, eppure si è avuto il dono di un uomo umile, capace di leggere, come pochi, il tempo presente. E ora un’altra sorpresa epocale: Francesco.
La Chiesa è morta, raccontava, sul più importante quotidiano italiano, l’articolo di un famoso regista cinematografico. Sembrava schiacciata, almeno nei suoi vertici ecclesiastici, dal peso del carrierismo, dalla ricerca del denaro. Così la presentavano i giornali, le televisioni, internet. È venuto Francesco e il cielo è improvvisamente cambiato.


Il ritorno ad Aparecida e il sorprendente filo rosso tra due pontificati

Benedetto XVI e Borgoglio ad Aparecida, in Brasile, nel maggio 2007
Benedetto XVI e Borgoglio ad Aparecida, in Brasile, nel maggio 2007
Un insolito destino continua a legare il papa regnante e il papa emerito. Per entrambi il primo viaggio internazionale del pontificato coincide con una Giornata mondiale della gioventù, destinazione non scelta da loro ma già fissata dai rispettivi predecessori. Colonia (18-21 agosto 2005) per Benedetto XVI. Rio de Janeiro (22-28 luglio 2013) per Francesco. Il caso o il fato hanno voluto inoltre che per i due papi il primo viaggio extra-italiano avesse il sapore di un ritorno a casa. Per Ratzinger nella sua terra natale, la Germania. Per Bergoglio nella “grande patria” dell’America Latina.
E non è tutto. Un altro filo, meno vistoso ma ancor più significativo, lega i destini di Benedetto e Francesco in questa trasferta a Rio. Un filo che è un luogo, Aparecida, il santuario mariano più amato dai brasiliani. Prima di immergersi nel bagno di folla con i due milioni di giovani attesi da tutto il pianeta Francesco, il 24 luglio, andrà a pregare proprio lì, davanti alla statua della Vergine di Aparecida.
Papa Ratzinger, il 13 maggio 2007, visitò lo stesso santuario durante il suo viaggio apostolico in Brasile. Ad Aparecida si riuniva la quinta conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Benedetto tenne il discorso di apertura e salutò fraternamente tutti i vescovi, fra loro il cardinale José Mario Bergoglio. Fu quell’assemblea a consacrare la figura dell’arcivescovo di Buenos Airs come leader continentale della Chiesa latinoamericana. La sua reputazione di uomo di Dio era già nota. La sua condotta di vita, lo spazio che riservava alla preghiera, il rifiuto del lusso e l’attenzione evangelica ai poveri, erano tratti ben conosciuti da molti suoi confratelli. Non a caso molti di loro lo avevano già votato nel conclave del 2005. Ma ad Aparecida i vescovi latinoamericani (e non solo loro) scoprirono anche le capacità di ‘governo’ di Bergoglio.
Era stato eletto a presidente della commissione incaricata di redigere il documento finale dell’assemblea. Il cardinale gesuita non volle partire da un testo preconfezionato, come si usava in passato, ma optò per un “metodo dal basso”. Riuscì a fondere in armonia orientamenti e sensibilità diverse. Valorizzò insieme la devozione popolare e le istanze più autentiche della teologia della liberazione, depurata dalla crosta ideologica degli anni 70.
Impressiona rileggere l’omelia che Bergoglio tenne ad Aparecida il 16 maggio 2007, dopo la partenza di Benedetto XVI. Vi era già tutto papa Francesco: “Lo Spirito proietta la Chiesa verso le periferie, non solo le periferie geografiche del mondo conosciuto della cultura, ma le periferie esistenziali. Lo Spirito ci giuda, ci conduce sulla strada verso ogni periferia umana: quella della non conoscenza di Dio … dell’ingiustizia, del dolore, della solitudine, della mancanza di senso… ”. Concetti ribaditi al mensile 30giorni, pochi mesi dopo, in una delle sue rarissime interviste: “Il Papa, Benedetto XVI, ci ha dato indicazioni generali sui problemi dell’America Latina, e ha poi lasciato aperto il dialogo: fate voi! È stato grandissimo, questo, da parte del Papa…. Il documento di Aparecida non si esaurisce in sé stesso, non chiude, non è l’ultimo passo, perché l’apertura finale è sulla missione. L’annuncio e la testimonianza dei discepoli. Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce. Questo dice in fondo Aparecida ”
Espressioni, prospettive che ora ci sono diventate familiari. I vescovi latinoamericani non solo ebbero conferma della fede limpida e della lungimirante visione “missionaria” del cardinale Bergoglio ma ne scoprirono anche la capacità di leadership, nel segno della collegialità. Stima i cui echi certamente giunsero anche nei sacri palazzi, e non trovarono impreparato Benedetto XVI.
Non è azzardato affermare che proprio ad Aparecida si nasconda parte del segreto dell’elezione di Bergoglio al soglio pontificio. Furono alcuni cardinali brasiliani, a partire dal suo amico Claudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo, i primi a promuovere la sua candidatura durante l’ultimo conclave. Molti forse ricordano la foto di Francesco, dopo l’elezione, su un mini bus insieme ad altri allegri porporati. Seduto accanto a lui c’era il cardinale di Aparecida, Raymundo Damasceno Assis. “Nel momento in cui scattarono quella foto – ci ha confidato – ricordavamo con il nuovo papa il clima fraterno vissuto durante l’assemblea dei vescovi del continente, e lo stavo giusto invitando a tornare ad Aparecida, in occasione della Giornata mondiale della gioventù”.
Invito che Francesco non poteva non accettare.
Lucio Brunelli è vaticanista di Rai Tg2

domenica 21 luglio 2013

Angelus: preghiera e servizio al prossimo essenziali per la fede. Il Papa chiede preghiere per il viaggio a Rio

Angelus del Papa prima della partenza per il Brasile
Index






PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 21 luglio 2013
 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Anche in questa domenica continua la lettura del decimo capitolo dell’evangelista Luca. Il brano di oggi è quello di Marta e Maria. Chi sono queste due donne? Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, sono parenti e fedeli discepole del Signore, che abitavano a Betania. San Luca le descrive in questo modo: Maria, ai piedi di Gesù, «ascoltava la sua parola», mentre Marta era impegnata in molti servizi (cfr Lc 10, 39-40). Entrambe offrono accoglienza al Signore di passaggio, ma lo fanno in modo diverso. Maria si pone ai piedi di Gesù, in ascolto, Marta invece si lascia assorbire dalle cose da preparare, ed è così occupata da rivolgersi a Gesù dicendo: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti» (v. 40). E Gesù le risponde rimproverandola con dolcezza: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una … sola c’è bisogno» (v. 41).
Che cosa vuole dire Gesù? Qual è questa cosa sola di cui abbiamo bisogno? Anzitutto è importante capire che non si tratta della contrapposizione tra due atteggiamenti: l’ascolto della parola del Signore, la contemplazione, e il servizio concreto al prossimo. Non sono due atteggiamenti contrapposti, ma, al contrario, sono due aspetti entrambi essenziali per la nostra vita cristiana; aspetti che non vanno mai separati, ma vissuti in profonda unità e armonia. Ma allora perché Marta riceve il rimprovero, anche se fatto con dolcezza? Perché ha ritenuto essenziale solo quello che stava facendo, era cioè troppo assorbita e preoccupata dalle cose da “fare”. In un cristiano, le opere di servizio e di carità non sono mai staccate dalla fonte principale di ogni nostra azione: cioè l’ascolto della Parola del Signore, lo stare - come Maria - ai piedi di Gesù, nell’atteggiamento del discepolo. E per questo Marta viene rimproverata.
Anche nella nostra vita cristiana preghiera e azione siano sempre profondamente unite. Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso. San Benedetto riassumeva lo stile di vita che indicava ai suoi monaci in due parole: “ora et labora”, prega e opera. E’ dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi.
Chiediamo alla Vergine Maria, Madre dell’ascolto e del servizio, che ci insegni a meditare nel nostro cuore la Parola del suo Figlio, a pregare con fedeltà, per essere sempre di più attenti concretamente alle necessità dei fratelli.


Dopo l'Angelus
Saluto con affetto tutti i pellegrini presenti: famiglie, parrocchie, associazioni, movimenti e gruppi. In particolare, saluto i fedeli di Firenze, Foggia e Villa Castelli, e i chierichetti di Conselve con i familiari. Io vedo scritto, laggiù: “Buon viaggio!”. Grazie! Grazie! Vi chiedo di accompagnarmi spiritualmente con la preghiera nel Viaggio che compirò a partire da domani. Come sapete, mi recherò a Rio de Janeiro in Brasile, in occasione della 28ª Giornata Mondiale della Gioventù. Ci saranno tanti giovani, laggiù, da tutte le parti del mondo. E penso che questa si possa chiamare la Settimana della Gioventù: ecco, proprio la Settimana della Gioventù! I protagonisti in questa settimana saranno i giovani. Tutti coloro che vengono a Rio vogliono sentire la voce di Gesù, ascoltare Gesù: “Signore, che cosa devo fare della mia vita? Qual è la strada per me?”. Anche voi – non so se ci sono giovani, oggi, qui, in piazza! Ci sono giovani? Ecco: anche voi, giovani che siete in piazza, fate la stessa domanda al Signore: “Signore Gesù, che cosa devo fare della mia vita? Qual è la strada per me?”. Affidiamo all’intercessione della Beata Vergine Maria, tanto amata e venerata in Brasile, queste domande: quella che faranno i giovani laggiù, e questa che farete voi, oggi. E che la Madonna ci aiuti in questa nuova tappa del pellegrinaggio.
A tutti voi auguro una buona domenica! Buon pranzo. Arrivederci!

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sabato 20 luglio 2013

Il campeggio, scuola di vita

   in Valle d’Aosta l'Arcivesvovo di Milano  card. Angelo Scola incontra i ragazzi ambrosiani


 I
l campeggio non è solo «una forma di va­canza particolarmente significativa» e che «la diocesi di Milano promuove» con con­vinzione. Di più: il campeggio educa ad uno «stile di vita» che si offre come «fattore di ci­viltà », perché capace di valorizzare «il rapporto con la natura» e quello «con gli altri» per o­rientarli alla riscoperta del «rapporto con Dio». Così contribuendo a contrastare «il grande er­rore del nostro tempo: la dimenticanza di Dio».
  Parola di Angelo Scola, cardinale arcivescovo di Milano, che in visita ai campeggi ambrosiani in Valle d’Aosta – mentre ricorda il suo primo campeggio, nel 1959 – abbraccia con lo sguar­do i trecento ragazzi e gli educatori degli ora­tori di Valmadrera, Carugate, Cantalupo e Ner­viano e quelli della parrocchia di San Barna­ba di Milano, che lo hanno accolto appena fuori dall’abitato di Valgrisenche. Li abbraccia, li avvolge, li provoca, come un padre e un maestro che chiama i figli all’avventura della vita, alla sfida di cre­scere. E attingendo, nell’omelia della Mes­sa all’aperto, ad un ce­lebre passo evangelico – mentre le nubi mi­nacciano pioggia e ve­lano le vette intorno – spiega: nell’esperienza del campeggio vediamo come «l’ascolto di Maria non si oppone al servizio di Marta». E come «la presenza di Dio passa attraverso tut­ta la nostra vita concreta». E qui Scola affida ai ragazzi un messaggio che – anticipa – ri­lancerà «con la lettera pastorale del prossimo anno».
  Ebbene: «Finché non si impara a vedere che cosa c’entra Gesù con il mio modo di amare, di lavorare – che per voi ragazzi significa stu­diare – e di riposare, io non intravedo la stra­da del mio futuro, non vedo il cammino che fa diventare uomini e donne in senso pieno». Ma «per imparare ad amare, lavorare, riposa­re – scandisce – c’è bisogno di una compa­gnia. Di un’amicizia. Ecco il senso bello della Chiesa, della comunità cristiana. Dell’orato­rio. Dove ci dev’essere posto per tutti, anche per chi non crede o per chi ha pregiudizi ver-
 so i preti». Amare significa «volere il bene del­l’altro... Ci metti tutta la vita, per imparare!». Quindi, l’appello che Scola non si stanca di ri­lanciare ai ragazzi: non sprecate la vita, pren­dete sul serio la vocazione all’amore, vi chia­mi al matrimonio, al sacerdozio, alla vita reli­giosa. E coltivate quella chiamata nella «com­pagnia » dei genitori, dei preti, dei catechisti, degli educatori, insomma di adulti credibili.
  Ad accogliere Scola con i ragazzi e i parroci di Valmadrera, don Massimo Frigerio, di Caru­gate, don Claudio Silva, e di Valgrisenche, don Angelo Pellissier (84 anni, da 40 alla guida del­la piccola comunità) il presidente del Consi­glio regionale, Emily Rini, e i sindaci di Valgri­senche, Riccardo Moret, e di Introd, Vittorio Anglesio – località nota per aver ospitato Gio­vanni Paolo II e Benedetto XVI. E c’è il tempo per una riflessione sulla crisi di questi anni. Per superarla l’Italia e l’Europa – sostiene Scola –
hanno «bisogno» di un «nuovo» che non può scendere dall’alto, dalle élite, ma che nasce «dal basso, dal popolo», da quella «società ci­vile che è la vera ricchezza del nostro Paese». In questo scenario i giovani sono chiamati ad essere promotori di «costruzione e rinnova­mento della Chiesa e della civiltà in Europa». Con l’arcivescovo sono saliti nella Vallée don Samuele Marelli, direttore del Servizio dioce­sano per i ragazzi, gli adolescenti e l’oratorio, e don Massimo Pavanello, direttore del Servi­zio per la pastorale del turismo e dei pellegri­naggi – cui spetta di ricordare come l’incon­tro con Scola faccia da avvio alle celebrazioni del 30° di fondazione dell’associazione Cam­peggi Riuniti. I campeggi estivi ambrosiani coinvolgono ogni anno 15mila ragazzi. E la meta principale è proprio la Valle d’Aosta. Do­po la Messa sullo sfondo della diga di Beau­regard, il pranzo in località Planaval, con le ot­tanta ragazze del campeggio di Carugate. Poi nel pomeriggio il trasferimento a Rhêmes­Notre-Dame per un incontro di preghiera con i ragazzi di Cassina de’Pecchi, Busto Garolfo e Rivolta d’Adda (diocesi di Cremona), un po­co disturbato dalla pioggia. Dopo i saluti del vicario generale della dioce­si di Aosta monsignor Ferruccio Brunod e del sindaco Fulvio Centoz, Scola si rivolge ai ra­gazzi. «Dio ha un disegno di bene e d’amore su ciascuno di noi. Ma chi ci insegna a rico­noscere la presenza di Dio nella vita di ogni giorno, nelle dimensioni fondamentali dell’a­more, del lavoro, del riposo? Gesù, il Dio fat­to uomo, che è via, verità, vita». Che possia­mo incontrare anche in campeggio, «grazie alla bellezza della natura e a quella bellezza an­cor più grande che è la compagnia». Degli a­mici. E della Chiesa. 
 

giovedì 18 luglio 2013

«Il Papa fa percepire la tenerezza di Dio»

Claudio Maria CelliIntervista con monsignor Claudio Celli sulla «comunicazione» di Francesco e sul ruolo dei social media

ROBERTO PAGLIALONGACITTÀ DEL VATICANO
La comunicazione oggi è tutto. I social media hanno modificato l’ambiente nel quale viviamo dando la sensazione che solo chi si esprime esista veramente. Anche la Chiesa prova a stare al passo, e non solo grazie all’adesione ai moderni strumenti: Papa Francesco, infatti, sembra avere riproposto una capacità di parlare alla gente che, in un’epoca di “nuova evangelizzazione”, risulta vitale. Si tratta di un segnale antropologico concreto: continua a essere l’uomo la linfa anche di una società iper-tecnologica. Alla vigilia della Gmg di Rio de Janeiro, ne parliamo con monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.

Monsignor Celli, da Papa Benedetto XVI a Papa Francesco sembra cambiato il mondo. È davvero così, siamo cambiati noi o è la Chiesa che sta riprendendo dinamismo espressivo?


“Dobbiamo prendere atto di cosa sta avvenendo a livello globale, non solo nel campo della comunicazione. La Chiesa ne è consapevole e sa che deve parlare con uomini e donne che vivono in una nuova contestualità non solo comunicativa, ma esistenziale. Oggi uno non utilizza le nuove tecnologie solo per comunicare, ma vi abita. Le reti sociali sono un ambiente di vita, e la Chiesa è consapevole che anche lì deve essere annunciata la parola di Gesù. Per questo, oltre ai contenuti, che sono sempre i medesimi ovviamente, va posta una grande attenzione al linguaggio”.


In cosa sono diversi Papa Benedetto e Papa Francesco?

“Io non amo fare confronti. Come sempre il “carisma petrino” si incarna nel contesto personale di ciascuno. Nella storia abbiamo avuto una serie di pontefici, tutti portatori di quel carisma innegabilmente vissuto con aspetti personali”.


Ma allora dove sta la novità di Papa Francesco?


“Nell’approccio immediato e diretto del suo colloquiare. Papa Francesco riesce a combinare un frasario semplice con la ricchezza del contenuto della fede. Il suo è un linguaggio che viene percepito immediatamente, perché Francesco sa parlare al cuore, e sa stabilire una vicinanza e una sintonia profonda. E in questa vicinanza, a mio parere, sono tre gli elementi da considerare. Il primo è la capacità del Papa di tracciare, nelle sue omelie quotidiane, il profilo essenziale del discepolo del Signore. Se Dio ha pazienza con noi, allora compito dell’uomo è quello di camminare con il Signore, aspettando il momento e cercando di essere irreprensibile. Il Papa ci ricorda che non siamo soli, Dio accompagna l’uomo e lo attira a sé”.


Colpisce molto l’uso delle immagini. Perché?


“È il secondo aspetto essenziale. Papa Francesco usa le immagini perché consentono all’uomo di cogliere subito i contenuti più profondi della fede e del messaggio evangelico. Recentemente ricordava come le lacrime della sofferenza siano le lenti che permettono all’uomo di vedere accanto a sé il Signore; o a noi sacerdoti come il pastore debba avere su di sé l’odore delle sue pecore”.


Qual è il terzo elemento?


“Senz’altro la gestualità. Francesco comunica con i suoi gesti, che sono espressione di simpatia, accoglienza e condivisione. Quando avvicina i malati o i bambini, per esempio, fa percepire la tenerezza di Dio. Questa è la sua comunicazione: e veramente il Papa è un comunicatore particolare”.


Rispetto a questo si riscontrano due interpretazioni: da una parte, coloro che si sentono letteralmente travolti dai messaggi diretti di Papa Francesco; dall’altra, coloro che “lo aspettano al varco”, anche con un po’ di preoccupazione per quanto potrà dire (posto che voglia farlo) sui temi eticamente sensibili e per come le aspettative generate da un Pontefice più in sintonia con la gente, possano poi essere eventualmente deluse. Lei cosa ne pensa?


“Io credo che siano interpretazioni integrabili. E scopriremo come Papa Francesco toccherà anche temi più sensibili e verso i quali c’è una certa aspettativa con un linguaggio nuovo. Determinate problematiche dottrinali non potranno trovare grandi cambiamenti, c’è un insegnamento della Chiesa del quale il Papa è portatore. Tuttavia, spesso, chi è lontano dalla fede sente le difficoltà di una Chiesa che pronuncia valutazioni etiche, direi talvolta quasi non partecipative: Francesco ci aiuterà a capire come la Chiesa non può non dire certe cose, ma nel momento in cui lo farà, cercherà di utilizzare sempre un linguaggio di vicinanza e condivisione. Il Papa apporterà anche qui quel suo tocco profondamente umano”.


Non si rischia di perdere il contenuto del messaggio veritativo in questo modo?

“Direi di no. Al centro della comunicazione c’è sempre l’uomo. Lo diceva anche Papa Benedetto XVI: la comunicazione deve avere come suo riferimento la verità sull’uomo. Il vero, il buono e il bello devono sempre camminare insieme. Papa Francesco lo ha ripetuto nell’incontro con i giornalisti dopo il conclave: anche nella comunicazione non si dà il buono senza verità e bellezza, ma non si dà neppure una bellezza senza bontà e verità”.

Parliamo del ruolo dei laici nella comunicazione di fede. Robert Spaemann in un saggio di qualche anno fa, intitolato “La diceria immortale”, sosteneva che “se Dio c’è, è sempre ora di pensare a Dio”. Compito dei cristiani è però non solo di pensare Dio, o a Dio, ma anche di testimoniarlo e comunicarlo. Come si fa in una società che sembra aver estromesso il discorso religioso dal proprio orizzonte?


“È il mistero dell’uomo. Forse l’uomo di oggi non accoglie una certa religiosità, perché magari non la sente vera o a lui vicina in determinate espressioni. In realtà, però, ancora una volta non possiamo non vedere quanta nostalgia di Dio alberghi nel profondo del suo cuore e della società moderna. Ci sono momenti della vita nei quali l’uomo sperimenta come sia difficile credere, ma anche come sia difficile non credere, e quindi come si manifesti questo bisogno della presenza amorosa di Dio. La “tenerezza di Dio” ci indica proprio che Dio ci ama per primo. Dietrich Bonhoeffer diceva: “Dio non mi ha amato per primo una sola volta, perchè nel cammino della vita quando mi alzo, quando vado a letto, o quando vivo un determinato momento, e penso a Lui, io mi accorgo che Dio è già lì, perché Lui mi ama per primo”. Forse, allora, pur non capendo certe manifestazioni, non significa che l’uomo di oggi non senta profondamente il bisogno di Dio nella sua vita. Per questo, i laici devono riscoprire il senso di Dio per esserne testimoni nella professione, in famiglia, con gli amici.

Il messaggio cristiano si esprime oggi anche attraverso i social media. Come risponde a coloro che criticano la scelta di utilizzarli da parte del Papa e della Chiesa?


“La fede si comunica attraverso un rapporto profondamente personale, e a prima vista sembrerebbe che la mediazione digitale lo impedisca. Ecco perché alcuni preferiscono le forme tradizionali di comunicazione. Io credo che dobbiamo usare saggezza e capire che le due cose si integrano, non si escludono. Dobbiamo valorizzare ciò che di buono c’è nella nostra esperienza pastorale, ma nello stesso tempo dobbiamo avere l’audacia, come diceva Paolo VI nella Evangelii nuntiandi, di utilizzare tutto ciò che è a nostra disposizione per far sì che l’annuncio risuoni più ampiamente. Anche nell’ “ambiente di vita” delle reti sociali è bene che risuoni la voce del Vangelo”.


Certo le “piazze digitali” sono affollate, mentre le chiese spesso sono vuote…


“È vero, ci sono uomini e donne di oggi che forse non entreranno mai in chiesa. Ma essi ugualmente hanno il diritto di poter ascoltare l’annuncio del Vangelo. L’attenzione pastorale della Chiesa è di far sì che anche queste persone possano ritrovare nel “cyberspace” Gesù e il suo messaggio. È qui che intervengono la sensibilità pastorale e l’attenzione della comunità cristiana. Tuttavia, nel contesto delle reti sociali non dobbiamo solo annunciare formalmente il Vangelo, magari attraverso grandi citazioni. Il nostro compito è molto più alto: siamo chiamati alla testimonianza della sinergia tra Vangelo e vita. Paolo VI diceva: “il mondo oggi è più disposto a credere ai testimoni che ai maestri, e se dà ascolto a un maestro lo fa perché questo maestro è anche un testimone”. I giovani hanno bisogno di toccare con mano come altri uomini e donne stanno cercando di trovare convergenze tra i loro stili di vita e il Vangelo che hanno accolto”.


Monsignor Celli, lei è tornato da poco dalla Giordania, dove ha incontrato giornalisti dell’area alle prese con le cosiddette “primavere arabe” e le loro conseguenze. I mezzi di comunicazione, e i nuovi media in particolare, sono sempre strumenti di libertà?


“Il ruolo dei media è fondamentale per uno sviluppo sociale rispettoso dell’uomo. E non possiamo dimenticare che molti giornalisti danno la vita per il loro lavoro. In molte zone – come il Medio Oriente – la comunicazione gioca un ruolo essenziale nella costruzione della pace e nella difesa dei diritti dell’uomo. Questa è la missione che deve essere accolta”.


I mezzi di comunicazione possono essere strumenti di libertà anche per la Chiesa oggi?

“La missione di cui ho appena parlato vale certamente anche per la Chiesa. C’è bisogno ogni volta di riandare ai contenuti portanti della vita della Chiesa e del Vangelo, e dobbiamo confrontarci con questi valori per far sì che la comunità dei credenti sia sempre quell’ambiente di fedeltà al Signore, ma in grado di sviluppare fedeltà anche all’uomo di oggi. È la sfida più ardua, ma deve trovare nella testimonianza la sua espressione più piena”.

mercoledì 17 luglio 2013

I colori della fede, uniti nella diversità


 
 Movimenti e associazioni dall’Italia al Brasile per essere protagonisti dell’evento carioca La varietà dei carismi per testimoniare attualità e freschezza della comunità ecclesiale
I ragazzi di movimenti e associazioni sono pronti per partire alla volta di Rio. Da me­si si stano preparando all’evento mondiale: c’è chi sarà al suo debutto alla Giornata e c’è chi non ne ha persa una. Il testimone l’hanno raccolto al termine della Gmg di Ma­drid del 2011. Papa Francesco durante l’Angelus di domenica scorsa li ha affidati a No­stra Signora de Aparecida, patrona del Brasile, perché «guidi i loro passi – ha detto – e apra i cuori ad accogliere la missione che Cristo darà loro».
Comunione e liberazione 
 «Pronta a dire il mio eccomi»

 " La vacanza è il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno
«L si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco", scriveva don Luigi Giussani.
  Quest’anno ho deciso di trascorrere parte delle mie vacanze partecipando alla Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro insieme agli amici del movimento di Comunione e Liberazione a cui appartengo.
  Ho 23 anni, sono ormai quasi al termine dei miei studi di giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e in questo momento particolare della mia vita, venuto il tempo di prendere decisioni importanti, ho bisogno di andare in pellegrinaggio a Rio, chiedendo a Gesù e alla Madonna di mettermi una mano sulla testa e sostenere la mia fede. Sono contenta di poter andare dove il Papa chiama, rispondendo «eccomi» oggi per imparare a dire «eccomi» tutta la vita. Questo non è frutto di uno slancio sentimentale, non si tratta nemmeno di una semplice dimostrazione d’affetto al Pontefice ma significa ammettere che in fondo la mia vita consiste e si gioca tutta nel dialogo continuo e nel rapporto vivo con Cristo, che trova in papa Francesco il più grande testimone.
 
 Cecilia Mauri 
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Azione cattolica 
«Spalanchiamo la vita a Cristo»
  La rotta per il Brasile è ormai tracciata. Anche i giovani di Azione cattolica si stanno preparando da tempo. Gruppi parrocchiali o diocesani di tutta Italia si ritroveranno a Rio, e molti vivranno prima o dopo la Gmg esperienze di servizio e di fraternità.
  Preceduti dagli assistenti don Vito Piccinonna e don Tony Drazza, la delegazione nazionale del settore giovani (dieci persone che «accompagneranno» le centinaia di soci che si muoveranno insieme alle loro diocesi di appartenenza) arriverà a Rio mercoledì prossimo. La sera stessa parteciperanno alla Festa degli italiani, mentre si sta valutando l’ipotesi di svolgere un incontro del Fiac, ovvero dei giovani di Ac provenienti da tutti i continenti. Il giorno dopo, sulla spiaggia di Copacabana, il saluto del Papa accoglierà i pellegrini di tutto il mondo. «Attendiamo l’abbraccio caldo di papa Francesco: ci aspettiamo un messaggio di speranza nella fede e di gioia nella vita, per giunta in un continente come quello sudamericano, che ha nella profonda spiritualità e nell’inconfondibile allegria due dei suoi tratti distintivi. Le proteste che proprio in questi giorni stanno scuotendo la terra della Gmg non ci spaventano, ma ci motivano una volta di più a testimoniare il messaggio di amore e di piena uguaglianza del Vangelo. E infine, siamo pronti a ricevere dal Papa la sua parola di missione, che esorti la Chiesa tutta e noi giovani in particolare a farsi carico della responsabilità e del dono grande che è l’annuncio di Cristo, De resto l’incontro con i giovani di tutto il mondo ci sarà rinnovato entusiasmo per spalancare ogni giorno le porte della nostra vita a Cristo e a ogni uomo».
 
 Marco Iasevoli 

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Rinnovamento nello Spirito
 «La sfida di vivere un’esperienza di Chiesa che è gioia»
 
U
n evento per l’evento. Gli oltre cento giovani di Rinnovamento nello Spirito in partenza per Rio si apprestano a vivere la Gmg. Da sabato a lunedì, infatti, proprio in preparazione all’abbraccio con il Papa, si terrà il Go Fest International. Tre giorni che verranno vissuti al Commercial Club di Lorena, a brevissima distanza dal celebre santuario di Aparecida. «Avremo la possibilità di incontrare altri coetanei del mondo che vivono la loro esperienza di fede con il Rinnovamento – racconta Raffaele Attruia, 21 anni, alla vigilia della partenza per il Brasile dopo aver partecipato già alle Giornate di Sydney e Madrid –. Non vedo l’ora di conoscere da vicino un’esperienza di Chiesa viva, fresca e gioiosa come quella brasiliana. Con il Go Fest International cercheremo di prepararci al meglio dal punto di vista spirituale». Il «Go Fest»è caratterizzato da un’inedita sinergia tra Rinnovamento carismatico cattolico, Conclat (Renovación carismática católica latinoamérica), Iccrs (International catholic charismatic renewal services), Civi (Caritas in veritate international) e Yai (Youth Arise International). Momenti di fraternità, profonde esperienze spirituali e di amicizia, workshop, concerti di musica cristiana, relazioni e testimonianze scandiranno le giornate verso Rio. Il presidente nazionale RnS, Salvatore Martinez, è il vicepresidente internazionale del network per giovani Yai che dal 1995 anticipa e prepara spiritualmente i giovani partecipanti alle Gmg. Terra la relazione di apertura del Festival sul tema della «Signoria di Gesù», rispondendo al bisogno dei giovani di approfondire la conoscenza della fede. Dal 23 luglio i ragazzi si trasferiranno a Rio per accettare la chiamata alla missione, vivendo come testimoni del Risorto.
 
 Luca Mazza
 

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Focolarini 
«In musica il nostro impegno»

  Musica, approfondimento, spettacolo e impegno sociale. I giovani del movimento dei Focolari portano in Bra­sile il loro stile e il loro carisma. Parteci­pano alla Gmg in vari modi: sono inseri­ti nei gruppi regionali o nazionali, alcu­ni collaborano con lo staff del Comitato organizzatore locale, altri sono tra le migliaia di volontari a servizio dei pelle­grini o nelle équipe di animazione delle catechesi. Mercoledì 24, nel grande au­ditorium della «Cidade das Artes», a Bar­ra da Tijuca, un gruppo di focolarini porterà in scena «A santidade veste jeans», un musical sulla vita di Chiara Luce Badano, mentre i Gen Rosso saran­no al centro convegni «Rio Centro» con lo spettacolo «Dimensione indelebile» prima di esibirsi durante la veglia col Papa a Guaratiba insieme a varie asso­ciazioni
 attive nella cura da dipendenze. 
 (S.Car.)
 

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Gifra 
«Sui passi di Francesco»
  Non faranno gruppo a sé, ma saran­no distribuiti nelle delegazioni del­le varie diocesi d’Italia i ragazzi della Gioventù Francescana. «Come è consue­tudine quando la Gmg non si svolge in Europa, i giovani del movimento parte­cipano con la diocesi di appartenenza vivendo così anche la dimensione loca­le », spiega Alfonso Filippone. «Alcuni però – aggiunge – prenderanno parte al­l’Incontro Internazionale della Gifra che si terrà a São João del Rey dal 19 al 22».
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Unitalsi
«A servizio dei disabili»
  Permettere ai disabili di vivere un evento straordinario come la Gmg nel miglior modo possibile. È la mission dell’Unitalsi, che si appre­sta a partire per il Brasile con una piccola rappre­sentanza che da Casa Italia si occuperà del coor­dinamento e dell’eventuale assistenza per i circa 100 giovani con handicap che dall’Italia partiran­no per abbracciare il Papa in terra carioca. Nei mesi scorsi l’Unitalsi si è impegnata nell’organiz­zazione tra i ragazzi disabili e le rispettive dioce­si. «Siamo pronti – dice Gianfilippo, 32 anni, uno dei volontari – a vivere questa esperienza di fede
 unica a servizio degli altri».(L.Maz.) 
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Movimento giovanile salesiano 
 «Crescere insieme si può»
 
P
er la Gmg partiranno da Caserta e da Pavia due gruppi del Movimento giova­nile salesiano, alcuni veterani altri alla pri­ma esperienza, tutti con grandi attese.
  «Sarà un’opportunità di crescita personale e di gruppo – dice Biagio Narciso casertano di 27 anni alle terza Gmg – per ritornare poi testimoni nella vita ordinaria della verità e della bellezza». Accompagnati da don Pa­squale D’Angelo, inseriti nel gruppo della Pastorale Giovanile campana, saranno in 4, tutti impegnati nell’associazionismo salesia­no. Da Pavia venerdì partiranno in 10, gio­vani animatori ed educatori, guidati da don Angelo Rodella. Vi resteranno fino al 14 a­gosto per conoscere alcune realtà salesiane, visitare quanto si può il Brasile, fare un’e­sperienza tra fede, cultura, sociale e turi­smo. Saranno alloggiati all’Istituto Salesiano «Santa Rosa» di Niteroi, dove il 24 luglio si terrà l’incontro mondiale del movimento.
 
 (M.Pap.) 
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Movimento per la vita 
 «Sarò volontaria tra chi soffre»

Con un’amica ho sentito il desiderio di partecipare alla Gmg non da pellegrina, come a Roma, Toronto e Colonia, ma aiutando gli altri». Così Luisa Ruotolo trentenne vicepresidente del Movimento per la vita di Acerra spiega la sua scelta e continua: «L’elezione di papa Francesco ha consolidato la mia scelta. Ero al suo primo Angelus, quando ho ricevuto l’email che mi ha confermato di essere stata selezionata come volontaria». Del Movimento per la vita parteciperanno alla Gmg quindici pellegrini e due volontari. «Da questa esperienza – continua Luisa – mi aspetto delle risposte dal Signore. Ad Acerra mi dedico alla promozione della vita dalla nascita alla morte naturale, in particolare di accompagnare e supportare le donne in gravidanza e nel periodo successivo. È un servizio che svolgo perché credo nel valore della vita.
  Pur essendo già laureata, a settembre mi iscriverò a ostetricia, ho maturato questa scelta perché vorrei specializzarmi nel sostenere le gravidanze, soprattutto
 quelle non desiderate».
 
 Paola Fumagalli 
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Agesci 
 «Con il fazzolettone lungo le strade di Rio»


Porterò i colori del mio fazzolettone scout a Rio».
  Matteo Picciau, 19 anni, è un rover – così si chiamano i giovani scout – del gruppo Agesci Elmas 1 in Sardegna. Sarà in Brasile insieme alla pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Cagliari. «Vado in rappresentanza degli scout sardi e sono molto emozionato». L’assistente del gruppo don Luciano Ligas, che è anche responsabile diocesano per l’Agesci, ha invitato gli scout cagliaritani ad andare in Brasile. Così Matteo ha colto al volo la proposta. «Non ho mai partecipato a una Gmg ma mi hanno detto che è un vero e proprio evento, non vedo l’ora di partire». Il clan di Elmas, la comunità che riunisce gli scout dai 16 ai 20 anni, in questi mesi ha condiviso con Matteo la preparazione alla Gmg e ha contribuito alle spese di viaggio organizzando cene e altre attività di autofinanziamento. «È stato il loro modo per essermi vicino e mi hanno dato la possibilità di poter partecipare. Anche questo significa essere una comunità», sottolinea il rover. Finita l’esperienza di Rio, Matteo partirà per il campo scout. «Così – conclude – avrò modo di trasmettere ai miei amici tutta la carica della
 Giornata». 
 Giacomo Cocchi
 
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