martedì 2 luglio 2013

ANCHE LUI VERRÀ DAL MARE

    
FRANCESCO TRA CHI ACCOGLIE ED È ACCOLTO  
 L
 ampedusa è da anni, per l’Occidente, un’isola pres­soché invisibile, su cui ciò che accade sembra non avere la stessa consistenza di realtà di ciò che succede altrove. Eppure li vediamo spesso, nei telegiornali, quei barconi stracarichi, e sappiamo quanto spesso in quel mare si muoia. Noi, e non solo l’Italia ma l’Europa inte­ra, vediamo scorrere quelle immagini sullo schermo la sera, ma Lampedusa resta una sorta di isola che non c’è. Migliaia, secondo alcune stime ventimila, quelli che so­no morti nel loro viaggio, e i più senza un nome o una lapide, per tomba il mare. Migliaia di uomini, donne e bambini pregano, certe notti, perché il vento sia calmo, nell’avvicinarsi, da Paesi in guerra o miserabili, alla gran­de frontiera dell’Occidente, le coste italiane. Ma pare quasi che i gommoni alla deriva sotto al sole, o l’ag­grapparsi dei naufraghi alle gabbie dei tonni, non siano storie vere al pari dei drammi nostri, di quelli di Mila­no o Roma, insomma, di al di qua della frontiera; e quei profughi, pare quasi non siano esattamente uomini – figli, padri, madri – come noi.
  Sembra che il Papa abbia deciso il suo improvviso viag­gio a Lampedusa proprio dopo aver visto quelle imma­gini che come urla nel silenzio vengono cancellate da a­bitudine e oblio. Forse Francesco è stato mosso, oltre che dalla carità per migranti, profughi e naufraghi, pro­prio dal muro di silenzio di questa Europa che se ne sta a guardare, mentre a quel suo confine silenziosamente si muore. E, libero Francesco dal nostro sguardo abi­tuato, semplicemente ha deciso, in uno di quegli slanci del cuore che cominciamo a conoscergli: ci andrò.
  Eccolo infatti che va, fra pochi giorni – sbaragliati, im­maginiamo, i programmi e la prudenza dei collabora­tori. Va in aereo, ma appena sull’isola si imbarcherà a Ca­la Pisana, e nel porto dei profughi arriverà dal mare. An­che il Papa vuole venire dal mare, come quelli con la pel­le bruciata dal sale e dal sole. Come a dirci che ognuno di quelli che sbarcano, sfiniti, è volto di Cristo; e che lo è anche ognuno di quegli ignoti uomini e bambini morti, che da anni fanno, del radioso Mediterraneo, un grande misconosciuto cimitero.
  C’è certo un immediato effetto concreto, nello sbarco di un Papa su una piccola isola, ripreso dalle tv di tutto il mondo: Francesco si porterà appresso le telecamere sempre puntate su di lui, e così forse Lampedusa uscirà dalla amnesia collettiva in cui l’Occidente la tiene al con­fino. Ma, oltre a questo, colpisce come Bergoglio cerchi, delle periferie di cui da mesi ci parla, la più derelitta, per portare un po’ di luce.
 Lumen Fidei , si chiama la nuova enciclica che verrà pubblicata a giorni, La luce della fe­de .
 
 Di fronte alla opacità dell’indifferenza di popoli eu­ropei ancora largamente battezzati, il Papa va a porta­re un altro, limpido sguardo. Come a dirci, con i suoi modi semplici: vedete cosa succede qui? Come si può restare con le mani in mano?
  Verrà dal mare, Francesco a Lampedusa, accompagna­to dalle barche degli isolani che questi profughi da an­ni li accolgono, dalle motovedette che, al primo avvi­stamento, a ogni ora del giorno e della notte accorrono. E chi anche solo una volta ha assistito in mezzo al ma­re a questi salvataggi di miserabili ammutoliti da fame e caldo e sete, e ha visto gli italiani allungare una botti­glia d’acqua o prendere in braccio un bambino, si è stra­namente commosso a quei gesti semplici, come fosse­ro in realtà straordinari. Non sempre, non ovunque dei naufraghi stranieri, nel mondo e nella storia, sono ac­colti così. Il pescatore che avvista e dà l’allarme, il gio­vane guardacoste che disseta i naufraghi sono, maga­ri senza ricordarlo, eredi di una memoria cui attingo­no ancora le loro radici; sanno, di padre in figlio, che quelli sono uomini, e che ogni straniero va accolto, e sfamato.
  Così che – se anche una volta soltanto su quelle moto­vedette ci sei stato – capisci meglio il sussulto di speranza nei naufraghi, quando, sottile, la striscia di terra di Lam­pedusa si staglia all’orizzonte. 'Italia!', si dicono l’un l’altro, e si abbracciano, e piangono. E tu che stai a guar­dare sussulti a tua volta, come se quel nome ti sugge­risse ora anche qualcosa di molto più grande, e più antico. Un nome che ha fatto molta della nostra sto­ria. Quel nome che un Papa porterà quaggiù, luce nel buio della smemoratezza di quanti vedono, e restano
 a guardare.  MARINA CORRADI 
 © Avvenire

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