mercoledì 26 ottobre 2016

TENTATIVI DI PROTESTANTIZZARE LA FEDE



Nella Coscienza religiosa nell'uomo moderno, pubblicato per la prima volta nel 1985, il teologo fondatore di Comunione e Liberazione ha dato un contributo fondamentale ad affrontare il tema della difficoltà della fede all'interno o, meglio, di fronte alla modernità.

Don Giussani era ben consapevole che la modernità non era certamente, in blocco, una realtà negativa da cui i cristiani dovessero guardarsi, ma conteneva una tendenza anticristiana ovvero quella che l'uomo potesse tranquillamente prescindere da Dio nella concezione della sua vita, dei suoi rapporti con la realtà e dello svolgimento della sua vocazione umana, perché Dio sarebbe ormai diventato una presenza sostanzialmente disturbante l'autonomia dell'uomo. Le pagine che egli ha dedicato al laicismo, che di fatto copre il vuoto lasciato dalla tradizione cristiana, rimangono ancora oggi pagine di profonda intelligenza e di straordinario vigore.

La modernità non è totalmente negativa ma contiene un punto di rifiuto radicale del cristianesimo come esperienza di vita e di cultura. Oggi il laicismo rappresenta la prosecuzione rigorosa di questa umanità e società senza Dio, in cui al cristianesimo viene lasciato uno spazio di vita e di azione solo se adeguatamente consentito dalla mentalità laicista dominante.

In questo impatto con gli esiti ultimi della modernità, il laicismo è quello più evidente e definitivo. A partire da tale contesto, don Giussani ci spiega che la Chiesa corre alcune gravi tentazioni. La prima è quella di una protestantizzazione del fatto cristiano ed è una protestantizzazione che noi, a più di trent'anni di distanza da questo volume, possiamo verificare giorno per giorno e che si è diffusa in maniera devastante nel tessuto della vita ecclesiale e della vita cristiana. La protestantizzazione della fede si potrebbe anche definire come la riduzione dell'evento a una gnosi, a un discorso di cui la ragione umana possiede la chiave di lettura e gli elementi determinanti. La protestantizzazione dà alla fede quel carattere soggettivistico che la fa diventare un'espressione della singolarità individuale dell'uomo, soprattutto delle sue esigenze psicologiche e affettive. Questo copre totalmente l'ontologia, ovvero fa passare dall'ontologia alla psicologia e alla dimensione meramente affettiva: la fede diventa una cosa che «si sente». Quando poi cesserà il sentimento della fede, la fede non avrà più nessun peso nella vita dell'uomo.

Credo che dobbiamo seriamente interrogarci, noi cristiani, se questo non costituisca la mentalità vincente all'interno del mondo cattolico ovvero quel modo non cristiano di pensare la fede che, come diceva il Beato Paolo VI, è penetrato nella struttura della Chiesa e si diffonde in maniera progressiva. Il contrappunto a questa protestantizzazione è ciò che Giussani chiama il moralismo che si basa sull'asserto che la fede, come soggettivismo individualistico, acquisterebbe una credibilità nel mondo – al di là dello spazio della coscienza individuale – soltanto perché produce frutti sociali. Il cristianesimo inteso come una struttura finalizzata a iniziative pratiche, socio-politiche, nella quale la fede verifica la sua capacità di trasformazione del mondo, ma una trasformazione che dipende dall'individuo e dalla sua progettualità e non più dall'evento della fede.

Io sono convinto che così tocchiamo il fondo di una crisi ecclesiale che è ancora presente come tendenza rigorosa e vigorosa nonostante i grandi pontificati di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e nonostante le preoccupazioni espresse continuamente da Francesco.

Siamo ancora nella necessità di avere coscienza e di riproporre la frase iniziale dell'enciclica Deus Caritas est: «“Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). Queste parole della Prima lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino».

Il cristianesimo non è una spiritualità soggettiva e neppure un impegno socio-politico, ma è l'incontro con la persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che permane nella Chiesa e in essa può essere ritrovato e seguito. Dire che queste questioni sono superate e che oggi il problema sia un atteggiamento più morbido nei confronti della cosiddetta modernità, sinceramente mi sembra soltanto una irresponsabilità.

da STUDI CATTOLICI - «OPPORTUNE ET IMPORTUNE» di mons. Luigi Negri

sabato 15 ottobre 2016

Omelia di don Carlo Venturin Dedicazione del Duomo – 16/10/2016

Dedicazione del Duomo – 16/10/2016
Is 60, 11-21Porte sempre aperte
1Pt 2, 4-10Carta di identità della Chiesa
Salmo 118Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre “
Eb 13, 15-21Dio abita la Chiesa ed è il Pastore
Lc 6, 43-48Costruire bene la Chiesa

MISERICORDIAE VULTUS
DUOMO - CHIESA SEMPRE IN “FIERI”
 Ogni anno, la terza Domenica di ottobre ricorda la terza di ottobre 1418, quando avvenne, da parte di Papa Martino V,la consacrazione dell’altare nuovo del Duomo e sempre alla terza di ottobre 1577 la Dedicazione del Duomo, a Maria nascente, da parte di San Carlo Borromeo.
 La liturgia usa metafore e immagini, per ricordare ciò a cui la Cattedrale allude: le pietre, bellissime e cariche di memoria. La Cattedrale allude a un CONVENIRE, non è una costruzione per singoli o per turisti, bensì l’opportunità, per i credenti e non, di radunarsi. Isaia richiama le “porte sempre aperte… per lasciare entrare la ricchezza delle genti” . Non solo Chiesa, ma “Città del Signore”, “luce eterna”, “i giusti piantagioni del Signore”. Una CITTA’ dinamica”, mai con una forma definitiva (la fabbrica del Duomo - come la comunità dei credenti, mai terminata e in continuo rifacimento). Tutto il Salmo è un inno-ringraziamento per la presenza di Dio tra gli umani: “un a meraviglia ai nostri occhi”. S. Pietro usa la metafora di PIETRE VIVE, che prendono vita da Cristo “PIETRA VIVALa seconda letturaindica l’atteggiamento del vivere da credenti: Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace”.
 La “Costruzione” è sempre pericolante, avverte Luca, come una casa in zone di terremoti. Per questo  parla di edificio ben costruito antisismico”: “Fondamento sulla roccia, profondo, costruito bene”, per potersi radunare, con-venire. La Cattedrale racconta con le sue pietre, variegate e innumerevoli, che la fede non è un fatto di singoli ( basterebbe una camera per pregare ). La Cattedrale racconta che a Dio andiamo non ignorando gli altri, non un cammino elitario. Racconta che noi siamo parte di un popolo, che ci appartiene una dimensione corale, di cui il nostro radunarci in una chiesa è segno luminoso e concreto. Non solo: la Cattedrale narra che la fede del popolo di Dio oggi deriva da donne e uomini, volti, mani, voci dei secoli trascorsi, compagni di viaggio, come noi per le generazioni future.
 La Cattedrale è come una CITTA’, città del convenire, cui allude Isaia: la Cattedrale-CITTA dalle porte aperte, sia di giorno che di notte “per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti (“Il villaggio di cartone” di  Ermanno Olmi ). Una CITTA’, che non mette al centro se stessa, ma il Signore, Lui la “Pietra angolare”, Lui “Luce vera che illumina ogni persona”.
 La parola di Gesù mette in guardia da possibili fraintendimenti: “Perché mi invocate: Signore, Signore e non fate quello che vi dico?” La liturgia non mette in secondo piano la frequenza alle celebrazioni, necessaria, ma richiama anche l’essenza di essa: l’importanza della BONTA’. Una parola un po’ scolorita, banalizzata. Il Vangelo parla di frutti buoni, che vengono da un albero BUONO: si parla di un uomo buono, che dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il BENEPapa Francesco così descrive il buono: “La misericordia parte dal cuore e arriva alle mani”. Come a dire che il vero Tempio-Cattedrale è il cuore, da cui originano “frutti buoni”.
 Luca parla anche di frutti cattivi della società, dei singoli, della parrocchia, delle ingiustizie, degli interessi personali, dei compromessi al ribasso. L’Evangelista va oltre; la misura è il cuore buono di ciascuno e insieme, come le singole gocce che insieme formano l’oceano. Non serve avvelenare la società, la chiesa, la terra con il pessimismo dilagante e ammorbante. Occorre dare spazio alla BONTA’, che ne innesca molte altre: una vita più umana, più sopportabile, rendere più respirabile l’aria, comprendere i drammi del tempo presente e futuro, prendersene cura, sostenendo la fiducia e la speranza. Queste la radici BUONE, che danno frutti BUONI.
 La Cattedrale con la sua simbologia diventa Cattedrale umana, da cui fluisce, come da un fiume carsico, la BONTA’ per l’universo intero,
 Ho scoperto per caso una pittura di Picasso: “Ronde de la jeunesse” (Il girotondo della gioventù  del 1961), una visione di pace che egli attende dalla danza della gioventù, che esprime bellezza, vivacità, gioia. Con pochissime pennellateviene creato un movimento ordinato in ritmi espressi da quattro gruppi di figure, appena accennate, distinte per colori. All’interno di questo gruppo in cerchio vi è la colomba con il ramoscello di ulivo. Il girotondo disegna una danza, nella quale tutto è incluso, senza che niente sia escluso. E’ la cattedrale descritta da Isaia. La forza del dipinto sta nella pregnanza simbolica, che parla di legami, di vicinanza, di distacchi, di relazioni, di armonia, di ritmi, di gioco, di bellezza. E’ la città interpretata non come chiusura, ma aperta, mobile. Un “muro mobile”. Esso è costituito da dodici figure leggiadre, danzanti che si muovono in sintonia ed esportano il simbolo –colomba in ogni luogo in cui vanno a danzare, insieme, includendo, recando frutti BUONI.    “ LA CATTEDRALE UMANA ARMONICA”.

Don Carlo

compleanno

«Carissimo/a, è la prima volta ch’io ti faccio gli auguri per il tuo compleanno. È la prima volta che ne so la data. E nel compiere questo lieve atto di amicizia provo una gioia così grande, ch’io mi meraviglio di me stesso. Immagini se tu non fossi nato, quale meravigliosa cosa di meno ci sarebbe al mondo? Una meravigliosa cosa che c’è perché è tutta un dono. Il compleanno è il giorno in cui fisicamente si sente l’amore di Dio che ci ha fatti, potendoci non fare: «prior dilexit nos»: ci si sente «fatti», con stupore. È il giorno in cui si adora nostro papà e nostra mamma: lo strumento sensibile. Crea tante altre cose meravigliose! È un augurio così violento, quasi lo facessi a me stesso. Sento la tua gioia, di trovarti tra i tuoi monti. Auguri anche di goderti tanto anche questi».
Auguri don Giuss