giovedì 31 luglio 2014

AFORISMA DI GIOVEDÌ 31 LUGLIO 2014

Kaliméra di Adriana Zarri:” Ogni autunno mi sembra di morire; in un certo senso muoio. Le foglie cadono ai miei piedi, i rami restano nudi e sbattono, al vento e al freddo; la linfa si arresta e un lungo sonno cade su di me... A primavera poi tutto ricomincia da capo, ed è una sorpresa nuova”.

Con questo aforisma mi congedo per le ferie di tutti, ma anche capovolgerne il senso: in autunno ( settembre) “ tutto ricomincia da capo” , in estate “ le foglie cadono”, in autunno gli aforismi rinverdiscono, a meno di cadere in un lungo e sterile letargo: Kalipanta=bel-buon tutto!
Don Carlo
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“Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra e dissi gemendo: – Chi mai potrà scamparne? E udii una voce che mi disse: – l'umiltà.”
Sant’Antonio abate 

martedì 29 luglio 2014

AFORISMA DI MARTEDÌ 29 LUGLIO 2014


“L'umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall'altra.”
Giovanni Maria Vianney, "Curato d'Ars" 
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Kaliméra di Noa: "Se di nuovo scegliamo la spada al posto della parola, se santifichiamo la terra anziché la vita dei nostri figli, ben presto saremo costretti a cercare una patria sulla luna, perché la nostra terra sarà così inzuppata di sangue e stipata di tombe che non resterà più posto per i vivi".
Havete!
Don Carlo

Messaggio di Julián Carrón - Pellegrinaggio Czestochowa 2014

  

Cari amici, questo è il dramma dell’uomo: desiderare qualcosa che non si può dare da sé, perché il
nostro bisogno è incommensurabile a tutto ciò che possiamo fare o generare con le nostre forze.
Quale sia il nostro bisogno non lo decidiamo noi, ma ce lo troviamo addosso come esperienza di
una «sproporzione strutturale» − dice don Giussani − che ci rende desiderio di infinito, di totalità.
Possiamo avere più o meno coscienza che questa è la questione, ma è impossibile che il desiderio
della totalità non sia presente in tutto quello che facciamo. Per questo diciamo con Cesare Pavese
che «ciò che un uomo cerca nei piaceri è un infinito, e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di
conseguire questa infinità» (Il mestiere di vivere).
Se con tutto quello che generiamo e facciamo non siamo in grado di rispondere, l’unica possibilità è
che la risposta venga da fuori di noi. Senza aprirsi a qualcosa d’altro l’uomo non può compiersi. Ma
come può avvenire questa apertura, se tante volte si pensa di perdere se stessi aprendosi a un altro?
Solo sperimentando un’attrattiva tale (pensiamo nell’amore) che riesce ad aprire il proprio
“fortino”; solo se l’attrattiva di una presenza è così potente da vincere la tentazione di chiuderci nel
nostro cerchio, l’uomo potrà aprirsi. Per questo il Mistero è entrato nella storia, ponendosi con
un’attrattiva tale da rendere possibile all’uomo il rapporto con una presenza, che lo apre – diciamo
−, che lo disarma dallo stare sulle barricate, sulla difensiva, per aprirsi a qualcosa che lo compie.
Noi a andiamo a Czestochowa a chiedere che questa Presenza sia talmente reale nella nostra vita
che ci consenta di aprirci alla sua attrattiva. Perché è inevitabile che ciascuno, se non trova questo
Altro, cercherà di compiere la propria vita con il suo fare, dal momento che il desiderio permane
comunque, come gigante «in solitario campo» (G. Leopardi, «Il pensiero dominante»). Tutta la
pretesa di Gesù è questa – non nel senso che voglia imporre qualcosa, ma perché porta una
promessa –: soltanto se l’uomo lascia entrare nella propria vita la Sua presenza, si può compiere.
Ma chi è disponibile a questo? Come vediamo nel Vangelo, davanti a una simile pretesa sono sorte
tante resistenze, al punto tale che quasi tutti l’hanno rifiutato. Ci vuole un amore per riconoscerlo, è
un problema di affezione. Il problema della vita non è la riuscita, ma è un amore; capire bene questo
dall’interno della propria esperienza è cruciale.
Il pellegrinaggio è un momento privilegiato perché, per la dinamica stessa del gesto, per la
stanchezza, per lo sforzo, per la durezza del cammino, ciascuno si rende più facilmente conto della
natura del proprio bisogno, è facilitato a prendere consapevolezza di sé, e quindi a domandare
qualcosa d’Altro.
«La vita è mia, irriducibilmente mia» («Movimento, “regola” di libertà», 1978), diceva don
Giussani, e niente è così serio come la vita, perché è in gioco la felicità, cioè la ragione del vivere.
Andare a Czestochowa per chiedere questa consapevolezza che ci è stata data fin dal primo
momento in cui abbiamo avuto un’esperienza seria del vivere, per cui ci siamo trovati addosso un
desiderio di essere felici, domandare che non venga meno questo desiderio, è la cosa che urge di
più.
Vi domando di camminare verso la Madonna di Czestochowa aggiungendo a tutte le vostre
intenzioni questa: che il movimento di Comunione e Liberazione, nel sessantesimo del suo inizio,
rimanga fedele al carisma ricevuto, perché noi abbiamo visto con i nostri occhi la fecondità del
carisma, l’abbiamo visto incarnato in don Giussani, che ci ha affascinato tutti.
Potremo dare il contributo a cui papa Francesco ci chiama – portare Cristo nelle periferie
dell’esistenza, nei luoghi in cui si svolge la vita di tutti – solo se noi per primi siamo testimoni del
carisma ora, di un cristianesimo vissuto con questa attrattiva.

Lidia Macchi è molto più dell’”omicidio della ragazza scout”. Così raccontò in una lettera l’incontro con «uno che si chiama don Giussani»


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Il mistero del nostro esserci, le domande censurate, la forza segreta di quel sacerdote che «parlava di me» in un’aula della Cattolica. «Voglio uscire dalla foresta


Lidia Macchi, studentessa universitaria varesina attiva nei boy scout e militante di Comunione e Liberazione, venne ritrovata uccisa con 29 coltellate il 7 gennaio 1987 in una radura nei pressi dell’ospedale di Cittiglio, Varese, dove era andata a trovare un’amica. Aveva 21 anni. Lo scorso venerdì 25 luglio, dopo 27 anni che il caso giaceva insoluto presso la procura di Varese e avendolo avocato a sé soltanto otto mesi orsono, il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda ha depositato presso la Corte d’Appello del capoluogo lombardo l’avviso della conclusione delle indagini e una richiesta di archiviazione della posizione di un sacerdote che il pm di Varese Agostino Abate non aveva mai ufficialmente espunto dall’albo degli indagati (vedi per esempio la cronaca dell’Ansa).
Qui di seguito riportiamo la lettera in cui Lidia confida a un’amica la circostanza del suo primissimo incontro con don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. La lettera, risalente agli anni in cui Lidia è già iscritta e frequenta l’Università statale di Milano, proviene dall’archivio personale del direttore di 
Tempi e all’epoca fu trascritta e fatta circolare dai ciellini in forma di ciclostilato.
Carissima Mara,
abbiamo appena appeso il telefono ed io mi sono con amarezza resa conto che in fondo ti ho raccontato solo le cose più banali della mia vita di adesso. A me sta capitando una cosa straordinaria e un po’ confusa ma veramente grande; è come se in me adesso ribollissero con chiarezza un sacco di domande e di desideri sulla vita. Il desiderio d’essere felice, d’essere libera, cioè di trattare con libertà, senza essere schiacciata od appesantita da tutte le circostanze della vita, il desiderio di amare con profondità le persone che mi sono care, gli amici; il desiderio di costruire anch’io un pezzetto di storia perché altrimenti la storia ce la fanno gli altri sulla nostra testa e noi viviamo la nostra vita completamente indifferenti a ciò che accade fuori dal nostro cantuccio, che per quanto comodo è pur sempre meschino e determinato da piccole stupidaggini ed angherie quotidiane.
Ecco è come se la mia incoscienza, il fare sempre solo ciò che istintivamente mi salta in mente, mi avesse profondamente annoiato con la sua stupidità e superficialità. Mai come adesso la vita mi sembra profonda e grande e soprattutto misteriosa.
È proprio un mistero grandissimo che io ci sia, esista, che sia un fragile puntolino su questo pianeta che ruota con leggi straordinariamente perfette intorno al sole, ed il sole non è che un microbo nell’immensità spaziale e temporale del cosmo.
Ma cavoli, basta sollevare gli occhi al cielo di notte per intuire che la vita di tutto questo universo è un mistero grandioso e noi che siamo uomini e abbiamo e possiamo avere la coscienza di ciò, sprechiamo il nostro tempo afflitti da piccole banalità e da piccoli dolori, senza chiederci – perché ci fa troppa paura ascoltarci per un attimo, ascoltare quella voce che parla in noi, che grida che la vita non può non avere un senso – senza chiederci perché ci siamo, perché siamo fatti così uno diverso dall’altro, eppure al fondo, tutti con lo stesso desiderio.
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Dio mio, ma perché se queste domande e desideri ci sono noi ci rassegniamo, viviamo in fondo disperati cioè non attendendoci niente dal domani, chiudendoci in una gabbia che diventa la nostra tomba al limite concedendoci qualche ricordo nostalgico dei bei tempi? Ma quali tempi! È inutile piagnucolare, siamo noi che per primi abbiamo presuntuosamente rinunciato ad essere seri, a prendere in considerazione tutti i grandi desideri che si agitano in noi, perché ci fa comodo piagnucolare, stare nel nostro brodo, fare dei piccoli e miseri peccatucci per credere che se almeno non siamo santi, beh, un po’ cattivelli però lo siamo; invece i nostri peccati fanno ridere i polli, consistono al massimo nella sensualità, in trasgressioni che in realtà fanno tutti, sono alla portata di tutti, perché in fondo siamo solo dei mediocri. Magari si incontrasse qualche grande peccatore profondamente abbagliato dal male!
E quand’anche io sappia tutto, come funziona l’universo intero, e come faccio a respirare, a camminare, a mangiare, chi si sogna per un attimo di ascoltarti quando ti chiedi chi sei, che cosa ci fai sulla faccia di questa terra? Di queste domande hanno tutti paura e nessuno ne parla… Ma perché oggi ci sei, domani muori, e buonanotte…
Buonanotte un corno! Io ci sono, le domande ci sono e voglio sapere, fossi anche l’unica con questo desiderio, in questo mondo superficiale – perché vuole essere tale – urlerò fino a squarciagola, finché morirò, quello che io sento.
Un mese fa mi è capitato, quasi per caso, di andare alla Cattolica con dei miei amici di Varese e di ascoltare uno che si chiama don Giussani, che faceva una lezione di teologia o morale, qualcosa del genere, perché questi esami lì sono obbligatori, e al posto di parlare dei santi e tutto il resto, parlava proprio di queste domande, con un entusiasmo ed una forza che mi hanno molto colpito e spiegava tutti i procedimenti tecnici e pratici che gli uomini escogitano per non starle ad ascoltare, per fare come se non ci fossero o non fossero importanti. Mi sembrava che parlasse proprio di me e ritrovavo tutti i nostri comportamenti abituali spiegati così chiaramente.
Io ero andata lì quasi per caso perché queste persone di Varese e altre di Milano che lo conoscono, mi avevano invitato ed io sono andata lì pensando di ascoltare le solite cose, e invece no.
È strano perché più delle sue parole, mi ha colpito lui, il suo sguardo profondo e attento, qualcosa di inafferrabile, un uomo libero, aperto, non arrabbiato o irato con la vita. Non so dirti niente di più preciso ma è come se custodisse un segreto, una forza non sua.
Io sento che devo parlargli, che lui non ha calpestato le domande che si agitano dentro di me, avrei molte cose da chiedergli, in un modo o nell’altro devo incontrarlo ancora.
Adesso non mi sembra più di essere sola alla ricerca disperata di qualcosa di cui tutti se ne fregano; è come se qualcuno, facendomi sobbalzare, perché è arrivato inaspettatamente, mi avesse detto: “Ehi, sono qui, non urlare e non disperarti, perché seguendo questa strada usciremo dalla foresta”.
E io voglio uscire dalla foresta, perché la vita è mare, cielo, monti e pianure, case, alberi, volti umani, stelle, sole e vento e noi siamo fatti per questo Infinito che c’è; basta solo guardarsi in giro e per questo seguire questo “Qualcuno” che mi è venuto incontro nel groviglio della foresta e che mi dice: “Guarda lassù tra le foglie, vedi, c’è un pezzettino di cielo blu, blu, usciamo a vederlo”.

Traettino: colpiti da umanità del Papa, sogno di Dio è l'unità



Diversità e unità. È quanto hanno detto, ripetuto e sperimentato ieri mattina Papa Francesco, il suo amico pastore Giovanni Traettino e la comunità pentecostale che a Caserta ha vissuto un incontro dal forte sapore ecumenico, in un clima di fraternità. Al microfono del nostro inviato,padre Guillermo Ortiz, il pastore Traettino racconta subito dopo l’incontro:

R. – Siamo profondamente toccati dalla semplicità, che conoscevamo già di Papa Francesco, e anche dalla sua umanità. Sono le cose che ci colpiscono di più. Inoltre il fatto di vivere, proprio a livello sperimentale, questa nostra fratellanza è una cosa che ci colpisce molto.
D. – In cosa aiuta l’atteggiamento di Francesco in questa ricerca della radicalità del Vangelo, che anche voi cercate?
R. – Io credo che sia l’esperienza di Cristo. Credo sia il rapporto personale con Cristo. Per me, è evidente che lui è un uomo che ha fatto l’incontro con Gesù e quindi quando incontra uomini che hanno questo tipo di rapporto col Signore e che vogliono vivere il Vangelo, si stabilisce quella che lui chiama un’empatia.
D. – Qualche giorno fa, lei ha detto che non vi è una Pentecoste che non dia vita e non generi unità e che nessuno può essere un pentecostale vero senza questa vocazione…
R. – Sì. Io ne sono profondamente convinto. Ogni Pentecoste – quelle dell’Antico Testamento e quelle del Nuovo Testamento – assieme a questa effusione di vita producono unità. La Chiesa è nata a Pentecoste. Quindi, è evidente che quello che è venuto fuori da molte lingue è una lingua, da molti popoli un popolo… Pentecoste ci mette sulla frontiera: dobbiamo avanzare sempre di più verso la realizzazione del sogno di Dio ed è evidente che il sogno di Dio sia l’unità, dal momento che Dio stesso è unità.
D. – Anche se questa è stata la visita a un amico e un ritrovare – come ha detto Papa Francesco – i fratelli che per primo lo hanno cercato, tanti vedono questo come un incontro ecumenico…
R. – Sì, nella dimensione del dialogo fraterno, in questo senso qua. Quindi, la dimensione teologica, dottrinale è assente, però è molto forte e presente quella prima dimensione di cui parla Paolo agli Efesini, al capitolo 4: l’unità dello Spirito da preservare. Perché quando si ha la stessa esperienza dello Spirito, l’unità “con” lo Spirito produce l’unità “dello” Spirito, l’unità con lo Spirito Santo produce l’unità dello Spirito Santo. Quindi in questo senso, io credo che nella misura in cui facciamo esperienza di Dio e abbiamo Dio dentro – “Il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo” – quando scopriamo un’altra persona che vive dentro di lui questa stessa esperienza, si stabilisce questo feeling, questo rapporto.
D. – Papa Francesco le ha fatto visita come a un fratello, un amico. Anche Radio Vaticana le apre il microfono perché lei possa rivolgere a tutti i pentecostali una parola…
R. – La parola che dico ai miei fratelli pentecostali è semplicemente di scoprire il deposito che c’è nel loro Battesimo nello Spirito Santo, che è un deposito di vita. La Scrittura dice, Gesù dice che avremo vita in abbondanza. E noi sperimentiamo a livello pentecostale questa vivacità, questa presenza. L’altro elemento, che è un po’ dormiente nel mondo pentecostale, è la dimensione della unità, che – secondo me – è insita nella grazia del Battesimo nello Spirito Santo.

WWW.TERAMOWEB.IT - VITA DI DON GIUSSANI - Giulianova 22.07.2014

lunedì 28 luglio 2014

Aforisma di lunedì 28 luglio 2014


“L'umiltà raccoglie sempre compassione; mentre la durezza di cuore e la mancanza di fede raccolgono sempre eventi duri ed imprevisti, finché all'improvviso insorge contro di loro il Male ed esse sono consegnate al giudizio finale.”
Isacco di Ninive 
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Kaliméra da i manifestanti in Germania ( vergognoso, aberrante, disumano, contro l’umanità ): "Hamas, Hamas, Juden ins gas = Gli Ebrei al gas”.
Degrado antropologico!"  E’ l’anestesia delle coscienze".
Havete!
Don Carlo

domenica 27 luglio 2014

Aforisma di domenica 27 luglio 2014


"E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla."
San Paolo di Tarso
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Kaliméra di Enzo Bianchi: "Mi vergogno ogni tanto di essere credente e cattolico, quando sento alcuni affermare che chi non ha fede non è capace di etica e può soltanto vivere all’interno di un nichilismo disperante e di una incapacità a costruire la polis con le altre persone".
Havete!
Don Carlo

Il Ppa:«Mai la guerra! Fermatevi, per favore! Ve lo chiedo con tutto il cuore»

Papa Francesco
Index




PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 27 luglio 2014

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Le brevi similitudini proposte dall’odierna liturgia sono la conclusione del capitolo del Vangelo di Matteo dedicato alle parabole del Regno di Dio (13,44-52). Tra queste ci sono due piccoli capolavori: le parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla di grande valore. Esse ci dicono che la scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata. Ma in un caso e nell’altro resta il dato primario che il tesoro e la perla valgono più di tutti gli altri beni, e pertanto il contadino e il mercante, quando li trovano, rinunciano a tutto il resto per poterli acquistare. Non hanno bisogno di fare ragionamenti, o di pensarci, di riflettere: si accorgono subito del valore incomparabile di ciò che hanno trovato, e sono disposti a perdere tutto pur di averlo.
Così è per il Regno di Dio: chi lo trova non ha dubbi, sente che è quello che cercava, che attendeva e che risponde alle sue aspirazioni più autentiche. Ed è veramente così: chi conosce Gesù, chi lo incontra personalmente, rimane affascinato, attratto da tanta bontà, tanta verità, tanta bellezza, e tutto in una grande umiltà e semplicità. Cercare Gesù, incontrare Gesù: questo è il grande tesoro!
Quante persone, quanti santi e sante, leggendo con cuore aperto il Vangelo, sono stati talmente colpiti da Gesù, da convertirsi a Lui. Pensiamo a san Francesco di Assisi: lui era già un cristiano, ma un cristiano “all’acqua di rose”. Quando lesse il Vangelo, in un momento decisivo della sua giovinezza, incontrò Gesù e scoprì il Regno di Dio, e allora tutti i suoi sogni di gloria terrena svanirono. Il Vangelo ti fa conoscere Gesù vero, ti fa conoscere Gesù vivo; ti parla al cuore e ti cambia la vita. E allora sì, lasci tutto. Puoi cambiare effettivamente tipo di vita, oppure continuare a fare quello che facevi prima ma tu sei un altro, sei rinato: hai trovato ciò che dà senso, ciò che dà sapore, che dà luce a tutto, anche alle fatiche, anche alle sofferenze e anche alla morte.
Leggere il Vangelo. Leggere il Vangelo. Ne abbiamo parlato, ricordate? Ogni giorno leggere un passo del Vangelo; e anche portare un piccolo Vangelo con noi, nella tasca, nella borsa, comunque a portata di mano. E lì, leggendo un passo, troveremo Gesù. Tutto acquista senso quando lì, nel Vangelo, trovi questo tesoro, che Gesù chiama “il Regno di Dio”, cioè Dio che regna nella tua vita, nella nostra vita; Dio che è amore, pace e gioia in ogni uomo e in tutti gli uomini. Questo è ciò che Dio vuole, è ciò per cui Gesù ha donato sé stesso fino a morire su una croce, per liberarci dal potere delle tenebre e trasferirci nel regno della vita, della bellezza, della bontà, della gioia. Leggere il Vangelo è trovare Gesù e avere questa gioia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo.
Cari fratelli e sorelle, la gioia di avere trovato il tesoro del Regno di Dio traspare, si vede. Il cristiano non può tenere nascosta la sua fede, perché traspare in ogni parola, in ogni gesto, anche in quelli più semplici e quotidiani: traspare l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù. Preghiamo, per intercessione della Vergine Maria, perché venga in noi e nel mondo intero il suo Regno di amore, di giustizia e di pace.

Dopo l'Angelus
Cari fratelli e sorelle,
domani ricorre il centesimo anniversario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, che causò milioni di vittime e immense distruzioni. Tale conflitto, che Papa Benedetto XV definì una “inutile strage”, sfociò, dopo quattro lunghi anni, in una pace risultata più fragile. Domani sarà una giornata di lutto nel ricordo di questo dramma. Mentre ricordiamo questo tragico evento, auspico che non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso.
In particolare, oggi il mio pensiero va a tre aree di crisi: quella mediorientale, quella irakena e quella ucraina. Vi chiedo di continuare a unirvi alla mia preghiera perché il Signore conceda alle popolazioni e alle Autorità di quelle zone la saggezza e la forza necessarie per portare avanti con determinazione il cammino della pace, affrontando ogni diatriba con la tenacia del dialogo e del negoziato e con la forza della riconciliazione. Al centro di ogni decisione non si pongano gli interessi particolari, ma il bene comune e il rispetto di ogni persona. Ricordiamo che tutto si perde con la guerra e nulla si perde con la pace.
Fratelli e sorelle, mai la guerra! Mai la guerra! Penso soprattutto ai bambini, ai quali si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro: bambini morti, bambini feriti, bambini mutilati, bambini orfani, bambini che hanno come giocattoli residui bellici, bambini che non sanno sorridere. Fermatevi, per favore! Ve lo chiedo con tutto il cuore. E’ l’ora di fermarsi! Fermatevi, per favore!
Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, pellegrini provenienti dall’Italia e da altri Paesi.
Saluto il gruppo dei brasiliani, le parrocchie della diocesi di Cartagena (Spagna), gli scout di Gavião (Portogallo), i giovani di Madrid, Asidonia-Jerez (Spagna) e quelli di Monteolimpino (Como), i ministranti di Conselve e Ronchi Casalserugo, i lupetti di Catania e i fedeli di Acerra.
A tutti auguro buona domenica. E non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo. Arrivederci!



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sabato 26 luglio 2014

Aforisma di sabato 26 luglio 2014


Ciò che Lucifero perdette con la superbia, Maria lo guadagnò con l'umiltà.”
Luigi Maria Grignion de Montfort 
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Kaliméra di Seneca: "Non esiste un vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare".
Havete!
Don Carlo

venerdì 25 luglio 2014

Aforisma di venerdì 25 luglio 2014


“Gente allegra Dio l'aiuta.”
Proverbio napoletano
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Kaliméra di Don ( SANTO ) Milani: " Bisogna che ognuno si senta l’unico responsabile di tutto”.
Havete!
Don Carlo

giovedì 24 luglio 2014

Aforisma di giovedì 24 luglio 2014

“Chi vuole trovare il vero riposo per la sua anima impari l'umiltà!”
Doroteo di Gaza
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Kaliméra di J Kennedy :”Un uomo può morire, le nazioni possono crescere e cadere, ma un’idea sopravvive per sempre”.
Havete!
Don Carlo

mercoledì 23 luglio 2014

La solidarietà del Consiglio ecumenico delle Chiese ai cristiani di Mosul


Il reverendo Olav Fyske Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec o World Council of Churches), è intervenuto in merito alla persecuzione che sta subendo la comunità cristiana in Iraq ad opera dei jihadisti dello Stato islamico.
Fyske Tveit registra che centinaia di persone “vivono una situazione drammatica, costrette persino a pagare una tassa perché cristiani. La maggior parte di loro ha dovuto abbandonare i propri villaggi, le abitazioni e i propri beni alla ricerca di un rifugio sicuro”. Il segretario del Cec sottolinea poi che è “con grande dolore” che “assistiamo alla fine della presenza cristiana a Mosul, cominciata fin dai primi secoli del cristianesimo”.
Il reverendo definisce questi episodi di persecuzione “inquietanti” e “tragici”, spera dunque che un argine venga presto posto dalla comunità internazionale. Fykse Tveit sottolinea la necessità di proseguire nella preghiera “per tutto il popolo iracheno e in particolare per le minoranze, cristiane e musulmane, che sono state costrette a lasciare le loro case”.
Nell’assicurare il sostegno dell’intera comunità ecumenica a tutte le Chiese in Iraq, il Consiglio ecumenico delle Chiese esprime“ apprezzamento per il loro impegno per la costruzione di un dialogo costruttivo con le altre comunità religiose ed etniche del Paese in modo che il patrimonio pluralista delle società sia protetto e garantito”.
Come riporta l’edizione odierna dell’Osservatore romano, esistono diversi casi di musulmani che si sono mobilitati a difesa dei cristiani aggrediti dalle truppe dello Stato islamico. È successo, a Mosul, a un professore di pedagogia dell’Università, Mahmoud al ‘Asali, il quale si è esposto pubblicamente per condannare le persecuzioni anti-cristiane ed è stato per questo ucciso dai jihadisti. Il sito Ankawa elenca una serie di storie simili a quella capitata a questo coraggioso docente iracheno 

Una donna di Gaza: solo Dio può cambiare questa realtà di morte

L'intervento militare israeliano nella Striscia di Gaza potrebbe essere considerato un crimine di guerra. Lo ha affermato l'Alto Commissario Onu per i Diritti umani, Navi Pillay, aprendo il Consiglio a Ginevra. Nelle sue parole anche la condanna degli attacchi indiscriminati di Hamas nei confronti dei civili israeliani: si violano le leggi internazionali, dice l’Onu. La denuncia mentre a Tel Aviv il segretario di Stato Usa, Kerry, continua i colloqui con le delegazioni "C’è qualche progresso", fa sapere Kerry, ma per ora anche la tregua umanitaria chiesta dalla Croce Rossa internazionale è saltata. Israele ha attaccato l'ospedale Wafa a Sajaya ritenuto deposito di razzi di Hamas. Tra la gente di Gaza intanto prevale lo sconforto, unico aiuto sono le parole del Papa e il sostegno delle tante preghiere nel mondo, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso una giovane donna del Movimento dei Focolari che vive a Gaza e che per ragioni di sicurezza mantiene l’anonimato
 R. – Non esiste tregua al conflitto, vediamo solo morte, distruzione e rifugiati per le strade. E‘ una cosa che non si può concepire, non si può credere. Vicino a noi c ‘è una scuola del servizio Onu per i Rifugiati,ci sono una settantina di persone che vivono in 50 metri quadrati, rifugiati sotto gli alberi. Come si fa  a trovare pace in questa situazione?
D. – Come è cambiata la vostra vita da quando è iniziato il conflitto?
R. – Sinceramente, siamo un popolo già morto. Prima e dopo questa guerra nulla è cambiato. Siamo senza elettricità, senz’acqua, senza lavoro. I giovani stanno morendo psicologicamente: parli con loro e sembra di parlare con una persona di 70 anni senza aspettative nella vita e speranze. L’unica ambizione è avere almeno l’elettricità per due ore durante il giorno e trovare un po’ di carburante
D. – Sia Hamas che le autorità di Israele finora hanno detto che non ci si può fermare, bisogna finire quanto iniziato. Lo pensa anche lei?
R. – Noi non abbiamo nessuna aspettativa. Tutto quello che abbiamo è la preghiera. Rivolgerci a Dio e affidarci a Lui, perché non c’è nessun governo che ci possa aiutare né arabo né straniero, neanche l’Onu può fare niente.
D. – E  come può cambiare questa situazione?
R. – Se le cose dovessero cambiare sarebbe solo perché chi ha responsabilità e potere si ferma al cospetto di Dio. Solo Dio può fare la differenza, può cambiare i cuori pieni di odio, può cambiare questa realtà di morte e sofferenza
D. – Vi giunge notizia delle preghiere e degli appelli del Papa per voi? Servono a sostenervi?
R. – Abbiamo ricevuto tutti i messaggi e gli appelli del Papa. Sappiamo che  lui ci è vicino e chiede a Dio la nostra protezione con l’intercessione di Maria. E poi tutte le comunità cristiane intorno a noi ci chiamano ogni giorno per non farci sentire soli e ci sostengono con la preghiera. Tutto questo ci aiuta.
D. – Lei appartiene al Movimento dei Focolari e quindi alla spiritualità dell’unità che si costruisce con l’amore scambievole, come dice il Vangelo. Come fa a metterla in pratica ora ?
R. – Cerco ogni giorno al mattino e alla sera di tenere i contatti con famigliari e amici, sapere come stanno. Molti non hanno più una casa perché distrutta dalle bombe e noi stiamo accogliendo due famiglie rifugiate. Proprio ieri, parlando con loro dicevo: non pensate alla casa, alle cose materiali, l’importante è che siamo vivi e che stiamo insieme. L’importante è che ci siamo l’uno per l’altro. Poi, ogni giorno rendo lode a Dio per la grazia di un nuovo giorno di vita. Questo è già tanto: ancora esistiamo e ancora possiamo darci da fare.
D. – Se potesse lanciare un appello cosa direbbe?
R. – Vorrei rivolgermi  a tutto il mondo, a nome del mio popolo, affinchè torni a Dio, e si ricordi che a Gaza cristiani e musulmani siamo una sola famiglia, un unico popolo e un'unica vita, e stiamo subendo tutti la stessa sofferenza. Grazie.

AFORISMA DI MERCOLEDÌ 23 LUGLIO 2014

Kaliméra di Maria Conte:  "Per avere la Pace occorre raccontare la verità. La verità è che Israele sta occupando una terra non sua".
Havete!
Don Carlo
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“La luce mostra la vera natura di tutto ciò che viene messo in chiaro; poi la luce trasforma ciò che essa illumina, e lo rende luminoso.”
San Paolo di Tarso 

martedì 22 luglio 2014

Presentazione del libro «Vita di don Giussani» di Alberto Savorana - 22/07/2014 - Piazza del Mare Giulianova (Teramo) - Italia / Italy

Presentazione del libro «Vita di don Giussani» di Alberto Savorana - 22/07/2014 - Piazza del Mare Giulianova (Teramo) - Italia / Italy

Aforisma di martedì 22 luglio 2014

Kaliméra da un anonimo contemporaneo:  "La verità viaggia su piedi delicati".
Havete!
Don Carlo
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“L'amore non ha nulla a che vedere con ciò che ti aspetti di ottenere - solo con ciò che ti aspetti di dare - cioè tutto.” 

Katharine Hepburn

lunedì 21 luglio 2014

Aforisma di lunedì 21 luglio 2014

“La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.”
San Paolo di Tarso
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Kaliméra di Peter Pan: "Non smettere di sognare; solo chi sogna può volare".
Havete!
Don Carlo

domenica 20 luglio 2014

Aforisma di domenica 20 luglio 2014

“La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L'odio non può scacciare l'odio: solo l'amore può farlo.”

Martin Luther King 
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Kaliméra di Milena Jesenskà (arrestata dalla Gestapo nel '39, morì a Ravensbruck nel  '44):” Finchè ci saranno dei più forti, staremo dalla parte dei più deboli”.
Havete!
Don Carlo

Il Papa all'Angelus: la violenza si vince con la pace


Una preghiera per la pace ed un appello per le comunità cristiane di Mosul, in Iraq, perché perseguitate, sofferenti e costrette ad abbandonare le loro case. Ma anche il pensiero rivolto alle tensioni nel resto del Medio Oriente e in Ucraina. Così Papa Francesco, subito dopo l’Angelus in Piazza San Pietro. La riflessione del Pontefice si è soffermata anche sulla parabola evangelica del ‘buon grano e della zizzania’.
                     

 


                                                                               Index     
PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 20 luglio 2014
 
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
In queste domeniche la liturgia propone alcune parabole evangeliche, cioè brevi narrazioni che Gesù utilizzava per annunciare alle folle il Regno dei cieli. Tra quelle presenti nel Vangelo di oggi, ce n’è una piuttosto complessa, di cui Gesù fornisce ai discepoli la spiegazione: è quella del buon grano e della zizzania, che affronta il problema del male nel mondo e mette in risalto la pazienza di Dio (cfr Mt 13,24-30.36-43). La scena si svolge in un campo dove il padrone semina il grano; ma una notte arriva il nemico e semina la zizzania, termine che in ebraico deriva dalla stessa radice del nome “Satana” e richiama il concetto di divisione. Tutti sappiamo che il demonio è uno “zizzaniatore”, colui che cerca sempre di dividere le persone, le famiglie, le nazioni e i popoli. I servitori vorrebbero subito strappare l’erba cattiva, ma il padrone lo impedisce con questa motivazione: «Perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano» (Mt 13, 29). Perché sappiamo tutti che la zizzania, quando cresce, assomiglia tanto al grano buono, e vi è il pericolo che si confondano.
L’insegnamento della parabola è duplice. Anzitutto dice che il male che c’è nel mondo non proviene da Dio, ma dal suo nemico, il Maligno. È curioso, il maligno va di notte a seminare la zizzania, nel buio, nella confusione; lui va dove non c’è luce per seminare la zizzania. Questo nemico è astuto: ha seminato il male in mezzo al bene, così che è impossibile a noi uomini separarli nettamente; ma Dio, alla fine, potrà farlo.
E qui veniamo al secondo tema: la contrapposizione tra l’impazienza dei servi e la paziente attesa del proprietario del campo, che rappresenta Dio. Noi a volte abbiamo una gran fretta di giudicare, classificare, mettere di qua i buoni, di là i cattivi… Ma ricordatevi la preghiera di quell’uomo superbo: “O Dio, ti ringrazio perché io sono buono, non sono non sono come gli altri uomini, cattivi….” (cfr Lc 18,11-12). Dio invece sa aspettare. Egli guarda nel “campo” della vita di ogni persona con pazienza e misericordia: vede molto meglio di noi la sporcizia e il male, ma vede anche i germi del bene e attende con fiducia che maturino. Dio è paziente, sa aspettare. Che bello questo: il nostro Dio è un padre paziente, che ci aspetta sempre e ci aspetta con il cuore in mano per accoglierci, per perdonarci. Egli sempre ci perdona se andiamo da Lui.
L’atteggiamento del padrone è quello della speranza fondata sulla certezza che il male non ha né la prima né l’ultima parola. Ed è grazie a questa paziente speranza di Dio che la stessa zizzania, cioè il cuore cattivo con tanti peccati, alla fine può diventare buon grano. Ma attenzione: la pazienza evangelica non è indifferenza al male; non si può fare confusione tra bene e male! Di fronte alla zizzania presente nel mondo il discepolo del Signore è chiamato a imitare la pazienza di Dio, alimentare la speranza con il sostegno di una incrollabile fiducia nella vittoria finale del bene, cioè di Dio.
Alla fine, infatti, il male sarà tolto ed eliminato: al tempo della mietitura, cioè del giudizio, i mietitori eseguiranno l’ordine del padrone separando la zizzania per bruciarla (cfr Mt 13,30). In quel giorno della mietitura finale il giudice sarà Gesù, Colui che ha seminato il buon grano nel mondo e che è diventato Lui stesso “chicco di grano”, è morto ed è risorto. Alla fine saremo tutti giudicati con lo stesso metro con cui abbiamo giudicato: la misericordia che avremo usato verso gli altri sarà usata anche con noi. Chiediamo alla Madonna, nostra Madre, di aiutarci a crescere nella pazienza, nella speranza e nella misericordia con tutti i fratelli.

Dopo l'Angelus
Cari fratelli e sorelle,
Ho appreso con preoccupazione le notizie che giungono dalle Comunità cristiane a Mossul (Iraq) e in altre parti del Medio Oriente, dove esse, sin dall’inizio del cristianesimo, hanno vissuto con i loro concittadini offrendo un significativo contributo al bene della società. Oggi sono perseguitate; i nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente con loro. A queste famiglie e a queste persone voglio esprimere la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male! E a voi, qui in piazza e a quanti ci seguono per mezzo della televisione, rivolgo l’invito a ricordare nella preghiera queste comunità cristiane. Vi esorto, inoltre, a perseverare nella preghiera per le situazioni di tensione e di conflitto che persistono in diverse zone del mondo, specialmente in Medio Oriente e in Ucraina. Il Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace! Preghiamo in silenzio, chiedendo la pace; tutti, in silenzio…. Maria Regina della pace, prega per noi!
Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, pellegrini provenienti dall’Italia e da altri Paesi.
Saluto il coro della diocesi di Killala (Irlanda), le Suore Benedettine della Divina Provvidenza e le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, i fedeli di Pescara e Villanova in Padova, i giovani di Messina e i bambini ospiti del soggiorno estivo di Tivoli. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!



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sabato 19 luglio 2014

Aforisma di sabato 19 luglio 2014


“Chi rimane in umile stato, non ha da temer caduta.”
Proverbio italiano
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Kaliméra da "Notte prima degli esami:":  " L’importante non è quello che si trova alla fine di una corsa, ma quello che si prova correndo".
Havete!

Don Carlo

venerdì 18 luglio 2014

Aforisma di venerdì 18 luglio 2014


"L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità".
John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente USA
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Kaliméra di Simone Weil (1966):  "L’amore per l’ordine del creato, per la bellezza del creato, è il completamento dell’amore per il prossimo…Per questo occorre che si rinunci alla nostra illusione di essere situati al centro…significa aprire gli occhi alla realtà, all’eternità, vedere la vera luce, sentire il vero silenzio".
Havete!

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Don Carlo

martedì 15 luglio 2014

Aforisma di martedì 15 luglio 2014

Kaliméra di M. Gramellini: "Con buona pace dei politologi e giornalisti, attratti dal mito del Capo taumaturgo, ci vuole lo sforzo comune di tante persone per cambiare davvero la realtà. Al Maracanà non ha vinto un leader. Ma una squadra".
Havete!
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Don Carlo
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"Il peccato grave è un ladro, che si introduce nella stanza dell'anima e rapisce il tesoro prezioso della grazia".

San Bonaventura da Bagnoregio, vescovo e Dottore della Chiesa


lunedì 14 luglio 2014

Aforisma di lunedì 14 luglio 2014

“Quando non si trovassero poveri nel mondo, gli uomini dovrebbero andare a cercarli e cavarli di sotto terra per far loro del bene, e usar loro misericordia". 

San Camillo de Lellis
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Kaliméra del FU ieri, LORIN MAAZEL:  "Cerco sempre di pensare all’importanza del sorriso, perché la musica è un sorriso per l’orecchio".
Havete!
Don Carlo

L’ora dell’accidia. Non sono, come sarebbe invece logico, felice

accidia














Staccamento dell’anima e discioglimento della mente», dicevano i monaci medioevali. Eppure. Forse siamo stati fatti per essere sfidati dalla fame e dal freddo e da ogni angustia?

Castiglioncello, Toscana. L’ora più calda di una domenica di luglio, al mare. Il sole filtra discreto tra le fessure delle persiane socchiuse, svelando nella penombra della stanza il lento fluttuare di un pulviscolo d’oro. Un cappello di paglia se ne sta abbandonato su un attaccapanni. La tenda chiara si gonfia appena all’alito di un debole vento, e subito ricade. Silenzio dai giardini qui intorno: uccelli, e il breve pianto di un bambino. Il mare, laggiù, è una striscia blu zaffiro, piatta nella calura.
L’ora dell’accidia, chiamavano quest’ora i monaci medioevali, “staccamento dell’anima e discioglimento della mente”. L’ora in cui lo stomaco dopo il pranzo è appagato, il sole a picco stordisce, e per un momento non pare ci sia più niente da desiderare; soddisfatti in ogni bisogno gli uomini cedono alla sonnolenza. Se provo a fissare l’orizzonte, quel blu profondo nella luce accecante mi ipnotizza, mi si allarga dentro il torpore.
Che cosa strana: nel momento in cui non ho fame, né freddo, e ho invece un morbido letto per riposare, non sono, come sarebbe invece logico, felice. Come una confusa scontentezza addosso. L’ora dell’accidia, la conoscevano i monaci antichi, l’ora pigra in cui non resta che oziare; dubitando quasi che ci sia davvero qualcosa, da cercare. Forse siamo stati fatti per essere sfidati dalla fame e dal freddo e da ogni angustia? Perché solo così non si spegne in noi quell’ansia misteriosa, quella inesorabile spinta che ogni giorno ci porta a sperare.
Marina Corradi

AFORISMA DI LUNEDÌ 14 LUGLIO 2014

Kaliméra di Karl Kraus:  "L’aforisma non coincide con la verità: o è una mezza verità, o una verità e mezzo".
Havete!
Don Carlo
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Oggi niente di nuovo.”
Luigi XVI (1754 – 1793), annotazione nel suo diario il 14 luglio 1789, giorno della Presa della Bastiglia, inizio della Rivoluzione Francese.

papa francesco videomessaggio: "chiedo scusa ai malati del gemelli per f...

LA STORIA DEL BAMBINO CHE E’ STATO IN BRACCIO A GESU’

E’ il 2003. Il 4 luglio – festa nazionale negli Stati Uniti – una normale famiglia americana che vive nel Nebraska, a Imperial, paesino agricolo che ha appena “duemila anime e neanche un semaforo”, sta stipando di bagagli una Ford Expedition blu.
I Burpo partono verso Nord per andare a trovare lo zio Steve,
che vive con la famiglia a Sioux Falls, nel South Dakota (hanno appena avuto un bambino e vogliono farlo vedere ai parenti).
L’auto blu imbocca la Highway 61. Alla guida c’è il capofamiglia Todd Burpo, accanto a lui la moglie Sonja e nel sedile posteriore il figlio Colton, di quattro anni, con la sorellina Cassie.
Fanno rifornimento a una stazione di servizio nel paese dove nacque il celebre Buffalo Bill prima di affrontare immense distese di campi di granoturco.
E’ la prima volta, in quattro mesi, che i Burpo si concedono qualche giorno di ferie dopo lo scioccante vicenda che hanno vissuto il 3 marzo di quell’anno.
Il piccolo Colton quel giorno aveva cominciato ad avere un forte mal di pancia. Poi il vomito. Stava sempre peggio finché i medici fecero la loro diagnosi: appendice perforata.
Fu operato d’urgenza a Greeley, in Colorado. Durante l’operazione la situazione sembrò precipitare: “lo stiamo perdendo! Lo stiamo perdendo!”.
Il bambino era messo molto male e passò qualche minuto assai critico. Poi però si era ripreso. Per il babbo e la mamma era stata un’esperienza terribile. Lacrime e preghiere in gran quantità come sanno tutti coloro che son passati da questi drammi.

IN CIELO

Dunque, quattro mesi dopo, il 4 luglio, la macchina arriva a un incrocio. Il padre Todd si ricorda che girando a sinistra, a quel semaforo, si arriva al Great Plains Regional Medical Center, il luogo dove avevano vissuto la scioccante esperienza.
Come per esorcizzare un brutto ricordo passato il padre dice scherzosamente al figlio: “Ehi, Colton, se svoltiamo qui possiamo tornare all’ospedale. Che ne dici, ci facciamo un salto?”.
Il bambino fa capire che ne fa volentieri a meno. La madre sorridendo gli dice: “Te lo ricordi l’ospedale?”.
Risposta pronta di Colton: “Certo, mamma, che me lo ricordo. È dove ho sentito cantare gli angeli”.
Gli angeli? I genitori si guardano interdetti. Dopo un po’ indagano.
Il bimbo racconta con naturalezza i particolari: “Papà, Gesù ha detto agli angeli di cantare per me perché avevo tanta paura. Mi hanno fatto stare meglio”.
“Quindi”, domanda il padre all’uscita del fast food, “c’era anche Gesù?”. Il bimbo fece di sì con la testa “come se stesse confermando la cosa più banale del mondo, tipo una coccinella in cortile. ‘Sì, c’era Gesù’ ”.
“E dov’era di preciso?”, domandò ancora il signor Burpo. Il figlio lo guardò dritto negli occhi e rispose: “Mi teneva in braccio”.
I due genitori allibiti pensano che abbia fatto un sogno nel periodo di incoscienza. Ma poi vacillano quando Colton aggiunge: “Sì. Quando ero con Gesù tu stavi pregando e la mamma era al telefono”.
Alla richiesta di capire come fa lui, che in quei minuti era in sala operatoria in stato di incoscienza, a sapere cosa stavano facendo i genitori, il bambino risponde tranquillamente: “Perché vi vedevo. Sono salito su in alto, fuori dal mio corpo, poi ho guardato giù e ho visto il dottore che mi stava aggiustando. E ho visto te e la mamma. Tu stavi in una stanzetta da solo e pregavi; la mamma era da un’altra parte, stava pregando e parlava al telefono”.
Era tutto vero. Così come era vero che la mamma di Colton aveva perduto una figlia durante una gravidanza precedente.
Colton, che era nato dopo, non l’aveva mai saputo, ma quella sorellina lui l’aveva incontrata in cielo e lei gli aveva spiegato tutto. Sconvolgendo i genitori: “Non preoccuparti, mamma. La sorellina sta bene. L’ha adottata Dio”. Di lei il ragazzo dice: “non la finiva più di abbracciarmi”.

STUPORE E CLAMORE

Comincia così, con la tipica semplicità dei bambini che raccontano cose eccezionali come fossero normali, una storia formidabile che poi il padre ha raccontato in un libro scritto con Lynn Vincent, “Heaven is for Real” (tradotto dalla Rizzoli col titolo “Il Paradiso per davvero”).
E’ da questo libro – che negli Stati Uniti è stato un best-seller – che vengono queste notizie. All’uscita, nel 2010, conquistò la prima posizione nella top ten del “New York Times” e subito dopo dalla storia di Colton è stato tratto un film che è appena arrivato in Italia (dal 10 luglio), sempre col titolo “Il Paradiso per davvero”.
Il film, col marchio Tristar, è diretto da Randall Wallace (lo sceneggiatore di Braveheart) e negli Stati Uniti ha avuto un grande successo.
Può anche essere che da noi sia un flop perché gli americani hanno una sensibilità religiosa molto più profonda di quella europea (il caso americano smentisce il paradigma della sociologia moderna secondo cui la religiosità declinerebbe quanto più aumenta la modernizzazione).
La storia (vera) del piccolo Colton peraltro è una tipica esperienza di pre-morte, cioè un fenomeno che l’editoria e la cinematografia americana in questi anni hanno scoperto e raccontato molto. Anche perché i maggiori istituti di sondaggio Usa hanno scoperto che si tratta di un’esperienza estremamente diffusa.

UN FENOMENO ENORME

Ne ho parlato nel mio ultimo libro, “Tornati dall’Aldilà”, perché negli ultimi quindici anni la stessa medicina ha studiato approfonditamente questi fenomeni scoprendo che non sono affatto da considerarsi allucinazioni, ma sono esperienze reali, vissute da persone in stato di morte clinica.
Gli studiosi (io ho citato specialmente i risultati di un’équipe olandese) si sono trovati a dover constatare che la coscienza (anzi una coscienza allargata, più capace di capire) continua a vivere fuori dal corpo anche dopo che le funzioni vitali del corpo e del cervello sono cessate.
E’ quella che – con linguaggio giornalistico – ho chiamato “la prova scientifica dell’esistenza dell’anima”. Questi stessi studiosi, con le loro analisi scientifiche, concludono che non si possono spiegare queste esperienze se non ricorrendo alla trascendenza.
Mi sono imbattuto personalmente in questo mistero con la vicenda di mia figlia e mi sono reso conto, dopo aver pubblicato il mio libro, che tanto grande è l’interesse popolare, della gente comune, quanto impossibile è in Italia una discussione sui giornali (o in altre sedi) fra intellettuali e studiosi, su questi fenomeni.
C’è letteralmente paura di guardare la realtà. La nostra è la cultura dello struzzo, quello che mette la testa dentro la sabbia per non vedere qualcosa che non vuole vedere.
C’è come una censura sull’Aldilà e – in fondo – sul nostro destino eterno: “Tutto cospira a tacere di noi/ un po’ come si tace un’onta/ forse un po’ come si tace/ una speranza ineffabile” (Rilke).
Ma paradossalmente la censura sull’Aldilà (e specialmente sull’Inferno) c’è anche in un certo mondo cattolico che ha adottato “la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell’azione pastorale” (Paolo VI).
Così accade che, paradossalmente, la scienza è arrivata a constatare il soprannaturale, in questi fenomeni, prima del mondo ecclesiastico e teologico.
Eppure la Vita oltre la vita sarebbe l’unica cosa davvero importante. La sola degna di meditazione. E’ il grande conforto nel dolore della vita. E’ stata la grande meta dei santi.
Forse bisogna aver assaporato proprio il dolore della vita e della morte per capire. Per avere questo sguardo e questa saggezza. Per lasciarsi consolare dalla Realtà di quell’abbraccio di felicità.
Eric Clapton, alla tragica morte del suo bimbo, scrisse una canzone struggente, “Tears in Heaven”, dove fra l’altro diceva: “Oltre la porta c’è pace ne sono sicuro/ E lo so non ci saranno più lacrime in Paradiso”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 13 luglio 2014

domenica 13 luglio 2014

Pedofilia, mafia, educazione: colloquio del Papa con Scalfari


Pedofilia, mafia ma anche educazione: sono i temi toccati nel colloquio di Papa Francesco con il fondatore di "La Repubblica", secondo quanto scrive oggi lo stesso Eugenio Scalfari nelle pagine del quotidiano. Papa Francesco spiega che secondo alcuni dovrebbe rassicurare il dato che fotografa solo al 2% la percentuale di sacerdoti pedofili ma che invece lui stesso ritiene che si tratta di un dato gravissimo. E poi il Papa condanna quanti anche all’interno della Chiesa sanno ma tacciono o magari puniscono all’interno della Chiesa ma senza denunciare il fatto. Ribadisce, dunque, la sua intenzione di continuare ad affrontare con la severità che richiede quella che definisce la lebbra della pedofilia. C’è poi il tema della mafia sul quale il Papa torna per sottolineare che la sua denuncia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante. E afferma che vorrebbe anche saperne di più del modo di pensare dei mafiosi e della forma di religiosità che pensano di vivere. Non mancano altri spunti di riflessione come quello molto significativo sull’educazione. Papa Francesco esprime la sua tristezza riconoscendo che l’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case. Spesso i genitori si lasciano prendere da tante incombenze. La definisce una gravissima omissione, spiegando che educazione significa accompagnare amorevolmente i piccoli verso il bene, incoraggiandoli e stimolandoli a costruire la loro personalità e ad incontrarsi con quella di altri. Significa raccontare le favole della vita e, quando il tempo passa, la realtà.  E’ come coltivare un’aiuola di fiori – dice - custodendola dal maltempo, disinfestandola dai parassiti. Poi, tra le altre considerazioni, il Papa risponde alla domanda di Scalfari sul valore del pentimento dichiarato a fine vita solo per paura di un eventuale al di là. Il Papa ricorda che Dio sa. Noi non possiamo giudicare se il pentimento sia vero o falso, ma Dio sa e giudica. E questo vale, spiega, anche per chi facesse del male in buona fede pensando che sia bene.  La legge del Signore – dice il Papa – è il Signore a stabilirla e non le creature. Noi sappiamo soltanto perché è Cristo ad avercelo detto che il Padre conosce le creature che ha creato e nulla per lui è misterioso. Francesco, poi, aggiunge che sul tema del male e della coscienza bisogna esaminare a fondo i libri sapienziali della Bibbia e del Vangelo. Ricorda che sono questioni centrali per la teologia ma anche per la cultura moderna. E sottolinea che tutto ciò tocca un punto capitale del Concilio Vaticano II8.
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