venerdì 18 aprile 2014

Il sole e la luna, la Nuova e l’Antica Alleanza


«Verso mezzogiorno si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio». Co­sì i sinottici descrivono l’eclissi che si verificò nell’ora della morte di Cristo.
  Un evento cosmico che segna la partecipa­zione della creazione al grande Mistero della fede cristiana: la morte e risurrezione del Si­gnore Gesù. Puntualmente l’arte registra, al­meno fino al XV secolo, il fenomeno dell’e­clissi elaborando suggestive iconografie. Una di queste, molto diffusa presso siti che parla­no (o straparlano) di arte cristiana come pro­va delle loro teorie ufologiche, si trova nel Ko­sovo nel Monastero di Visoki Decani in Koso­vo
 (1350). Il bellissimo affresco bizantino pre­senta, nel cielo della crocifissione, una curio­sissima personificazione del sole e della luna. Tra le mille supposizioni che pescano all’in­terno della simbologia pagana (il sole e la lu­na apparivano nell’iconografia delle divinità solari della Persia e della Grecia) ve ne sono alcune autorevoli legate all’ambito cristiano. Una, più strettamente aderente agli scritti dei padri della Chiesa, è quella che fa riferi­mento a Sant’Agostino. Per il santo d’Ippona l’eclissi fu l’esemplifi­cazione simbolica della verità teologica con­cernente la morte del Redentore. Cristo ha fatto dei due un popolo solo: Antico e Nuo­vo Testamento, antica e nuova alleanza, po­polo ebraico e popolo pagano trovano nella croce del Salvatore una mistica unità.
  La luna, che brilla di luce riflessa e che Ori­gene identificherà con la Chiesa, era già sim­bolo
 del popolo ebraico (il cui calendario – del resto – era lunare), mentre il sole – grazie alla rielaborazione cristiana del Sol Invictus romano – era identificato con Cristo stesso, vero Sole dell’umanità. Perciò, nell’affresco del Monastero di Visoki, il sole che a mano aperta si volge verso la croce, è simbolo del Nuovo Testamento che con la grazia illumi­na le genti, mentre la luna, che si volge ver­so il divino Trafitto, è segno dell’Antica Al­leanza, la quale per dare significato e luce al­le sue verità deve guardare a Cristo e alla sua Risurrezione.
  Il cristiano, dunque, scruta sì il cielo, ma non per cercare fantomatiche presenze extraga­lattiche
 o per ampliare l’orizzonte del pro­prio dominio, bensì come rimando imperio­so all’infinito. Sole e luna testimoniano, dunque, che la mor­te non è l’ultima parola sull’uomo, il cui de­stino è piuttosto l’eternità. Sole e luna fini­ranno, il Verbo di Dio, invece, dura in eterno: credere in lui – e non a ridicole superstizioni – rende partecipi della stessa eternità.

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