mercoledì 30 aprile 2014

IL CORAGGIO DELLA VERITÀ I NUOVI SANTI PAPI, LA VITA E LA FAMIGLIA


 

L
a santità è lo splendore di un’uma­nità pienamente realizzata, felice­mente consumata per un ideale con­creto che è intrinseco alla persona del santo. Una concretezza che la fa di­ventare ciò che essa è, definitivamente. Il santo non realizza un progetto né costruisce solo un’o­pera che resiste nel tempo. Ciò che del santo ri­mane per sempre è la sua stessa vita: sguardi, ge­sti e parole che a essa hanno dato forma piena, plasmandone l’umanità in modo attrattivo e persuasivo. Di un santo ci convince più la vita che l’azione. Precisamente, ci convince un’a­zione perché ha cambiato la sua vita prima di quella degli altri.
  Quanto distingue il santo dall’eroe della storia e dal super-uomo della narrativa è decisivo: do­ve attinge la coscienza e la forza della vita. L’e­roe o il super-uomo riflette nella volontà e nel­l’azione una stima autoreferenziale, assoluta in sé stesso, che ne esalta le energie fino alla con­sumazione nel compimento del proprio dove­re. Il santo, invece, sa di appartenere a un Altro, un Tu di fronte al quale il suo io prende limpi­damente forma, giorno dopo giorno, e la forza di compiere il bene si fa sempre più coraggiosa, audace, consapevole dei propri limiti, ma anche certa che la risorsa umana più grande è la gra­zia di Cristo. Un imprevedibile avvenimento di Grazia è la sorgente della santità della vita.
  Tra gli accenti della santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II vi è quello del coraggio della verità di Dio sulla vita dell’uomo e sulla famiglia, le cui sfide sono state profeticamente anticipa­te da papa Roncalli e incisivamente affrontate da Karol Wojty?a. Entrambi hanno assunto, e­saltato e difeso la famiglia come paradigma del­la forma in cui il Mistero si è comunicato al­l’uomo in Gesù di Nazareth, e il valore fonda­mentale della vita, che in Lui trova la sua origi­ne e il suo destino trascendente. Lo hanno fat­to con la determinazione e il coraggio di chi è consapevole che verranno giorni «in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il pru­rito di udire qualcosa, gli uomini si circonde­ranno di maestri secondo le proprie voglie, ri­fiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2 Tm 4,3-4). Come ha sottolineato papa Francesco, essi «hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto», che sulla Croce suggellano la verità di Dio sull’uomo e sul mondo. Ne è personalmente certo anche il pa­pa emerito Benedetto XVI: «Il coraggio della ve­rità è ai miei occhi un criterio di prim’ordine della santità».
  Nel 1961, Giovanni XXIII affermava: «Chi è de­positario della dottrina celeste, che il Cristo in­segnò agli uomini, si allieta di ogni progresso raggiunto dalla scienza e dalla tecnica. Ma nel­lo stesso tempo non si lascia sorprendere, né turbare da fosforescenze che nascondono mi­nacce e inganni. Il senso delle sue responsabi­lità gli fa dire e proclamare che i doveri della vi­ta si aggravano nella misura che l’uomo rag­giunge nuova capacità e nuova potenza di fare e di osare. La predicazione di Gesù benedetto fu tutta insieme una dottrina della vita, corri­spondente a un’altissima e preziosissima con­cezione ». L’anno precedente, ricordava alla Sa­cra Rota che «c’è indubbiamente, in questo no­stro tempo, qualcosa che insensibilmente fa di­lagare i pericoli cui va soggetto l’istituto fami­liare, e accentua le insidie che lo indeboliscono: e questo avviene in forma più insistente, più se­ducente, più subdola che per il passato».
  Un giorno, Giovanni Paolo II confessò che se e­ventualmente fosse stato ricordato per qualche motivo, avrebbe desiderato esserlo come «il Pa­pa della famiglia». In piazza San Pietro, papa Francesco ha realizzato questo desiderio, con un titolo che ben si addice al Pontefice delle cate­chesi sull’amore sponsale, della 'Lettera alle fa­miglie', della Mulieris dignitatem, e di innu­merevoli incontri di fede e di amicizia con le fa­miglie e i bambini. Ma san Karol sarà ricordato anche come «il Papa della vita» per la coraggio­sa passione con cui ha promosso e difeso la ve­rità della vita umana, dal concepimento alla
 morte. 
Non solo attraverso l’Evange­lium vitae e numerosi altri te­sti, ma anzitutto con la propria inte­ra esistenza, nella quale risplende ­fino alla morte - il mistero dell’In­carnazione e della Pasqua che fa del­la vita di ogni donna e di ogni uomo un 'luogo sacro', per tutti: «Il Van­gelo della vita non è esclusivamen­te per i credenti: è per tutti». (n. 101) Il prossimo Sinodo, fortemente vo­luto da papa Francesco, terrà conto del magistero di questi due santi Pa­pi, che hanno amato e testimoniato a tutti la verità della famiglia e della vita. Essi sono un patrimonio uni­versale dell’umanità. E la Chiesa è la custode umile e fedele, non la pa­drona, di questo tesoro di umanità. ROBERTO COLOMBO 

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