domenica 13 aprile 2014

Omelia di don Carlo Venturin Domenica delle Palme – 13/4/2014



Domenica delle Palme – 13/4/2014
( Giornata mondiale della gioventù)

Zac  9, 9-10 
Is 52, 13-53, 12                  Il mio servo avrà successo … esulta
Salmo 88                             ” Signore in te mi rifugio”
 Salmo 48                            ”Ecco, o figlia di Sion, il tuo Re
Eb 12, 1-3;
Col 1, 15-20                        Tenere fisso lo sguardo su Gesù, primogenito di coloro che risorgono
Gv 12, 12-16
Gv  11, 55-12                     La città luogo di incontro-scontro: accoglienza e respingimenti
 
La città come convivenza partecipata

La Liturgia introduce nella SETTIMANA SANTA, perché Gesù la rende tale. Questo motivo apre lo scenario complesso degli eventi, fondanti la Chiesa e la fede Cristiana. Durante la Quaresima il percorso è partito dal deserto, dalla solitudine, si è protratto in tanti sentieri contrastanti, la barra dritta, nel ginepraio dell’esistenza, è testimoniata dal Figlio di Dio. Da qui l’invito-comando: “Fisso lo sguardo su Gesù”. E’ lo sguardo di satana, della Samaritana, dei mis-credenti, del cieco nato, di Marta e Maria, dei tanti avversari arroganti, che hanno diritto di vita e di morte, ma anche di Lazzaro alla cena di Betania, di Giuda, di Maria che spande profumo, della folla presso la casa e nelle vie di Gerusalemme, dei capi che si autoproclamano detentori di ogni potere.
Tenere fisso lo sguardo sul SERVO sfigurato, senza bellezza, disprezzato, umiliato, uomo dei dolori, schiacciato dalle iniquità altrui, intercedente verso i colpevoli, nell’alto del patibolo, disonorato, ma amante: “Nessuno ha amore più grande di chi dona la vita anche per i nemici”, amabile verso il suo traditore e il suo rinnegatore, donante perdono per i suoi carnefici. RISORTO e “siede alla destra di Dio”. L’invito ai credenti è il finale dell’Epistola: “Perché non vi stanchiate e non vi perdiate d’animo”.

La Liturgia, attraverso due formulari, oggi segue passo passo la settimana conclusiva del Gesù terreno, ci immerge nel fulcro della vita cristiana. Dal deserto, dove Dio ha invitato a entrare per parlare al cuore, ora vi è un altro scenario. Il deserto è solo una pausa, anche per Gesù, ora si deve entrare nella CITTA’, luogo simbolo di convivenza, di conflitti, di poteri, di sotterfugi, di corruzione (Giuda icona del corrotto e i Capi i corrotti per antonomasia). Molte volte il Maestro è stato dissuaso di recarvisi (domenica scorsa gli Apostoli). Il mandato del Padre: entrare nella città “per la vita del mondo”, coinvolgersi “come il lievito nella pasta”, “come il sale sugli alimenti”, “come il Pastore che custodisce, protegge, cura le sue pecore”.

La festa di oggi richiama l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. E’ uno strano ingresso: non certo cavalcando un’asina riceverà l’investitura di Messia, ben altri erano e sono i festeggiamenti e i mezzi. Gli uomini forti scelgono di apparire in tutta la loro potenza, come condottieri; l’asino invece è la cavalcatura della povera gente, simbolo di pace. Gesù non blocca l’entusiasmo popolare, i gesti di accoglienza folkloristica, non blocca neanche l’ostilità dei capi. I mantelli stesi insieme con i rami testimoniano stima e venerazione: “Figlio di Davide”, che viene “nel nome del Signore”.

Questo “osannare” della folla fra un po’ si tramuterà in urlo inferocito “CRUCIFIGE”. Il “referendum” di Pilato, Barabba o Gesù, è plebiscitario, il buon senso cede il passo al senso comune, interpretato dai capi e accolto senza battere ciglio dalla folla. Nonostante ciò, il “Figlio di Davide” si propone alla città, per la quale aveva pianto, prevedendo la sua rovina:… “non resterà pietra su pietra”, risorgerà per essa, sarà la “Nuova Gerusalemme”, universale, la città di tutti , progettata da Dio stesso, la CITTA’ DELLA PACE, affidata ai credenti in Lui, protagonisti attivi e positivi.

Non sembri dissacrante soffermarsi sul compito-vocazione dei cristiani/e riguardo alla convivenza tra tutti e quale ruolo svolgervi; Gesù sembra dire: “Vi ho dato l’esempio, anche voi fate altrettanto”. Sono pressanti al riguardo i riferimenti di Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, di cui in Quaresima si è meditato sul primo capitolo. Nel quarto vi è un invito pressante riguardo “alla dimensione sociale dell’evangelizzazione”. Ciascuno e come Chiesa deve cogliere “le Sue preoccupazioni”. Nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Afferma: “Cristo non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini”, che significa avere a cuore il bene degli altri e l’esperienza cristiana tende a provocare conseguenze sociali. Precisa il Papa: “La conversione cristiana esige di riconsiderare tutto ciò che concerne l’ordine sociale e il conseguimento del bene comune”. Una fede autentica implica sempre, sull’esempio di Gesù, un profondo desiderio di cambiare il mondo, secondo il progetto del Creatore.

Il Figlio di Dio entra nella città, non ha paura, esorta a partecipare alla costruzione di relazioni nuove, senza pretendere che siano gli altri a prendere l’iniziativa, o lasciare al potere di disporre quello che più è conforme agli interessi individuali o di casta. E’ suggestivo il richiamo di Papa Francesco: “Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i “differenti” e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!… Non facciamo finta”.
Gesù entra senza paura, i credenti siano coprotagonisti con Lui. Tu, cristiano/a entra nella città, sii protagonista; è vero! c’è la zizzania, ma alla fine il seme buono frutterà e la zizzania  (menefreghismo) sarà estirpata.


Don Carlo



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