domenica 13 aprile 2014

«La croce di Cristo, l’espressione più elevata dell’amore»


Domenica delle palme nella Passione del Signore

Processione e Celebrazione Eucaristica

Zc 9,9-10; Salmo 47 (48); Col 1,15-20; Gv 12,12-16

 

Duomo di Milano, 13 aprile 2014



Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano



1.                  Non estranei, ma familiari con Lui
«Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Con fede viva accompagniamo il nostro Salvatore nel suo ingresso alla città santa e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua resurrezione» (Orazione All’inizio della Processione). In queste parole c’è il senso del gesto che abbiamo compiuto e del cammino della Settimana Santa, o Autentica, il paradigma di tutte le altre settimane dell’anno e dell’intera nostra esistenza.
Vogliamo viverla così, non da spettatori estranei all’esperienza del nostro Salvatore, ma da familiari con Lui. Domandiamo la grazia di seguirlo fino in fondo.

2.                  Regnavit a ligno Deus
Qual è il mistero racchiuso nella Domenica delle Palme nella Passione del Signore? Le palme sono simbolo di vittoria e la Passione del Signore è l’alta espressione del patire ogni sofferenza fino all’estrema umiliazione della morte. Nel drammatico contrasto tra questi due termini è racchiuso il senso della regalità (cioè la condizione di pienezza) di Gesù. Gesù è re perché tiene insieme ciò che appare inconciliabile: vittoria e passione. Lo esprime con forza incomparabile il versetto di un antico inno latino: Regnavit a ligno Deus (“Vexilla regis prodeunt”). Dio regnò a partire dal palo della croce.
Si apre così, anche per noi uomini, una speranza inaudita: la “passione”, anche estrema, non conduce al nulla; la morte non riesce ad opporsi alla vita, alla vittoria.
È possibile, anche all’uomo postmoderno, credere a questo paradosso? A quali condizioni?
Guardiamo a Gesù nostro Signore.

3.                  Ecco, o figlia di Sion, il tuo re
«Ecco, o figlia di Sion, il tuo re» (Messia) (Sal 47): il ritornello del Salmo responsoriale, riprendendo alla lettera le parole del profeta Zaccaria, citate anche nel breve brano del Vangelo di Giovanni, ritorna sul tema di Gesù Re.
Le tre Letture della Liturgia di oggi illuminano i tratti della fisionomia di questo Re singolare, il cui potere è quello della Croce. «Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra» (VangeloGv 12,14); «Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino» (LetturaZc 9,9). Letteralmente si dovrebbe dire è “reso giusto e vincitore”. Quali sono questi tratti?
Il fondamento della sua regalità, cioè del suo potere di offerta e di amore, si fonda sull’iniziativa del Padre con cui il Figlio amato è in continuo, fecondo rapporto.
Il nostro Re è umile: il contrario del modello abituale di regalità. La sua non è un’esibizione di forza, ma di mitezza («Imparate da me che sono mite ed umile di cuore», Mt 11,29).
Il suo sarà un regno di pace universale: «annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare… fino ai confini della terra» (LetturaZc 9,10). «Per mezzo di lui e in vista di lui sono state riconciliate tutte le cose…», Cristo ha riconciliato la terra con il cielo, perché il Padre (il Dio invisibile) gli ha partecipato la sua potenza di grazia e di salvezza. La regalità di Colui che, Crocifisso, comporrà in Sé morte e vittoria, è la fonte della pace: «… avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (cf. EpistolaCol 1,20).
Quando i cristiani confessano al mondo intero che Cristo è la pace intendono comunicare, in forza della morte e risurrezione di Cristo, alle sorelle e ai fratelli uomini che non si dà pace, a tutti i livelli, senza disponibilità da parte degli attori della vita personale e sociale a pagare di persona come fece Gesù, a superare l’inimicizia impegnando la propria vita per il bene di tutti.
Guardando ai dolorosi conflitti e alle troppe forme di violenza ancor oggi diffuse il nostro cuore è preso da sgomento. E tuttavia non perdiamo la speranza. Ne è segno il fatto che siamo convenuti qui in Duomo, provenienti dalle molte nazioni che abitano la metropoli milanese, per affidare a Gesù la supplica per la pace. Il ramo di ulivo o di palma che esporremo nelle nostre case e nei nostri ambienti di vita sarà un segno che vogliamo essere autentici uomini di pace.

4.                  Voi avete parte alla sua pienezza
Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, acclamato dalla folla come Messia (l’evangelista Giovanni lo esplicita aggiungendo alla citazione del Salmo 118 – «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» – presente anche nei sinottici, l’espressione «il re d’Israele», Gv 12,13), i suoi discepoli, dice il Vangelo, non capirono il senso dell’avvenimento, «ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte» (Gv 12,16).
Cosa significano i termini gloria/glorificazione impiegati dal Vangelo? Ce lo spiega San Paolo, nell’Inno della Lettera ai Colossesi che abbiamo sentito proclamare: «È piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza» (Col 1,19). Nella gloria, cioè quando la missione del Signore sarà compiuta, tutti riconosceranno Gesù Cristo come il senso compiuto della vita. E ciò che ci riempie di gioia è il fatto che, attraverso questa santa liturgia, come dirà un po’ più avanti la stessa Lettera ai Colossesi, cominciamo ad aver «parte a questa sua pienezza» (Epistola, Col 1,20).
La croce di Cristo così diviene l’espressione più elevata dell’amore. Ogni uomo che non si fermi al pregiudizio lo riconosce e vi trova conforto. Chi non cerca, soprattutto quando è nel dolore, il conforto di un amore che libera?
Oggi, come ci ha detto Papa Francesco nella domenica delle Palme dello scorso anno, «noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle» (Papa Francesco, 24.03.2013). La vittoria del Crocifisso genera in noi solidarietà, condivisione del bisogno di quanti sono nella prova fisica e morale. E la condivisione è la condizione della riconciliazione. Tutti ne sentiamo la necessità, nella vita personale, familiare e sociale. Se, pur nella grave prova che ancora ci attanaglia, sono reali i piccoli, primi germi di speranza che ci fanno pensare alla possibile uscita dalla lunga crisi, ancor più dobbiamo coltivare con energia quanto Gesù ci dona in questa Settimana Santa: condivisione, riconciliazione, pace. Allora verrà la vittoria.
Celebrando la GMG di quest’anno e a pochi giorni dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II, le parole che egli rivolse ai giovani indicendo la prima delle Giornate Mondiali per loro siano il viatico di questa Settimana Santa per tutti noi: «Portate la Croce di Cristo nel mondo, come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità, ed annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione» (Giovanni Paolo II, Pasqua 1984).

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