sabato 12 aprile 2014

LE PAROLE E I GESTI DEL PAPA CON CHIARA TENEREZZA


L'immagine dei genitori con la loro bambina in braccio che si accosta­no all’altare papale durante la Mes­sa conclusiva della Gmg di Rio, nel luglio 2013, ha fatto il giro del mon­do, grazie alle cronache dei media e alle immagini tv. I tre milioni e passa di giovani che partecipavano al rito sulla spiaggia di Copacabana forse nemme­no se ne accorsero, ma la piccola che mamma e papà portavano al Papa durante l’offertorio era anence­fala, sottratta all’aborto raccomandato dai medici grazie al loro caparbio amore. Dono tra i doni, la pic­cola era al centro di un abbraccio commosso e gra­to, il segno di una scelta mostrata in mondovisione che abbagliava in un istante il buio delle vite getta­te nelle molteplici discariche degli 'scarti' umani.
  È con gesti come questo che il Papa annuncia il Van­gelo della vita e mostra «il luminoso piano di Dio sulla famiglia», come ha detto ai cardinali aprendo il recente Concistoro. I suoi due incontri di ieri mat­tina – uno dietro l’altro, in una sequenza che pare non casuale – hanno aggiunto al linguaggio esplici­to e diretto dei gesti così caratteristici di Francesco la forza di parole chiare e nette, che non consento­no sconti – in primis alla Chiesa – tale è la loro au­toevidenza. A cominciare da quanto Bergoglio ha detto all’Ufficio internazionale cattolico dell’infan­zia parlando con toni accorati degli «abusi sessuali sui bambini» da parte di «alcuni sacerdoti» e affer­mando di sentirsi «chiamato a farmi carico di tutto il male» commesso da «uomini di Chiesa». Sgorga da questa ferita un’umile invocazione personale, quel «chiedere perdono per il danno» che altri han­no compiuto ma che la Chiesa non può che sentire integralmente suo. E passa attraverso il toccante «far­si carico» di una croce infamante – perché «con i bambini non si scherza» – la decisa rivendicazione che il Papa subito aggiunge del «diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli», col «rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini» («non sono cavie da laboratorio!») che ricorda il monito dell’omelia di giovedì sul «pensie­ro unico» col quale si «lapida la libertà delle co­scienze » ma anche le parole con cui nell’ultimo Con­siglio permanente Cei il cardinale Bagnasco de­nunciava la pretesa di trasformare le scuole in «cam­pi di rieducazione, di indottrinamento» e di «omo­logare tutto fino a trattare l’identità di uomo e don­na come pure astrazioni». Per la «maturazione af­fettiva » dei bambini – sono le esplicite parole offer­te ieri dal Papa – occorre il «confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre», ricordando che «non sono spariti» gli «or­rori della manipolazione educativa che abbiamo vis­suto nelle grandi dittature genocide del XX secolo». Toni più che preoccupati sui quali si staglia l’appel­lo finale alla «tenerezza», anche quando fosse «ne­cessario combattere»: un monito per non dimenti­care che «le nuove sfide che ci pone la cultura nuo­va » vanno affrontate non col cipiglio corrucciato de­gli assediati ma «con i valori positivi della persona
 umana». 
Èil tono incoraggiante e fiducioso che percorre anche l’altra udienza di ieri, quella al Movimento per la vita italiano, echeggiante pianti di bambini tra le braccia di decine di madri accompagnate dal Progetto Gemma nella loro scelta di accogliere una vita a tutta prima non desiderata. Davanti a questa singolare platea di madri e piccoli Francesco ricorda «la più ferma opposizione a ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa», citando la dura condanna del Conci­lio su aborto e infanticidio («delitti abominevoli») ma stemperando infine il clima nel dolce invito a madri preoccupate dagli schiamazzi dei figli – per il Papa «una musica bellissima» – a dargli «da mangiare, per favore, qui tranquillamente».
  La parola e il gesto – sempre – in Bergoglio sono parti inseparabili dello stesso lin­guaggio. Ecco perché la «testimonianza evangelica» che chiede di rendere, proteg­gendo la vita «con coraggio e amore in tutte le sue fasi», è associata alla richiesta di adottare «lo stile della vicinanza, della prossimità»: c’è speranza che il cuore accetti di aprirsi, la cultura di mettersi in discussione, la società di interrogarsi sulle sue in­coerenze talora letali solo se i cristiani sapranno vivere le tre azioni proposte da Fran­cesco come atteggiamento verso le donne, spesso lasciate sole dagli uomini padri, indecise sul destino della propria gravidanza: ascoltare, accogliere, accompagnare. Su vita e famiglia, natura umana e filiazione, etica e sfide educative, la parola non sarà persuasiva, se resta senza uno sguardo nuovo e sincero che l’accompagna.
 
 Francesco Ognibene
 

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