mercoledì 9 aprile 2014

Gesù segna la storia, ma a scuola nessuno lo dice



«Gesù è nato nell’anno 0 a Nazareth ed è morto a Betlemme nel 33 do­po Cristo». Perfetto, una bella serie di er­rori. Né il dove né il quando, niente da fare, non gli entra in testa: di Gesù si so­no perse le tracce, ci deve essere stata qualche interruzione lungo la linea. Sto correggendo i compiti dati in modo e­stemporaneo a un paio di classi ginna­siali, e questo di Stefano è uno degli er­rori più ricorrenti. Gesù è nato a Naza­reth, di Betlemme solo alcuni hanno un vago ricordo. Provo a parlare loro del presepe, ma an­che questa è una parola perduta, del re­sto, l’episodio di dicembre, della rimo­zione forzata del presepe in sosta vieta­ta nei corridoio della scuola statale, è fin troppo eloquente. Non sanno dove è na­to né dove è morto e protestano: «Ma al­lora perché lo chiamano 'di Nazareth'?», chiede Massimo e mi fa venire in mente Paolo VI, il quale osservava come non vi fosse solo una storia della salvezza, ma anche una 'geografia della salvezza', ma è proprio qui, sulla storia e la geografia, che emergono la carenze più vistose.
  E sulla categoria 'tempo' la situazione è anche peggiore. In molti sono fissati con questa 'nozione' del cosiddetto 'anno zero'. Ne parlano con una sicurezza a­damantina. Solo Pietro ad un certo pun­to
 viene assalito da un dubbio, deve es­sere una qualità insita nel nome, e dice, un po’ a bassa voce: «Ma no, non è l’an­no zero, perché è nato a dicembre, è l’an­no prima...». Prendo al volo l’occasione e dico a tutti: «Ecco, scusate un attimo, al­lora l’anno prima della nascita di Gesù come si definisce, l’anno 'meno uno'?». Qualche risata c’è ma è stentata, perché vedo che i più brancolano nel buio. Bi­sogna ridere con gli studenti, però non ridere di loro, sorridere senza deridere, sarebbe la crisi del rapporto educativo. È il caso quindi di provare a recuperare in­sieme quel terreno che è stato perso, smarrito non so quando, forse durante gli anni delle medie, e che vede nella ma­teria della storia la principale vittima.
  «Qual era il sistema di datazione ai tem­pi
 in cui è nato Gesù?», chiedo per indi­rizzarli, ma pochi ci arrivano. Faccio pre­sente che oggi, ogni volta che un uomo, a prescindere dalla fede professata, scri­ve la data del giorno, fa riferimento a Ge­sù nel momento preciso in cui indica l’anno 2014, ma prima ovviamente non era così e chiedo loro, studenti del clas­sico, di dirmi qual era il punto di riferi­mento da cui si partiva.
  Finalmente Laura arriva al punto: «Dalla fondazione di Roma». Altri ancora pro­testano: «Ma non è giusto! Perché i Ro­mani e poi i cristiani hanno imposto a tutti gli altri il loro sistema?». Già, perché? Si dovrà ripartire da qui, dal fascino di quel personaggio che ha spaccato in due
 la storia. 

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