mercoledì 9 aprile 2014

ENCUENTROMADRID 2014 «Perché continuate a farlo?»

Quattro giorni per approfondire il tema: “Buone ragioni per la vita in comune”. Tra incontri, mostre e concerti. La cronaca dell'undicesima edizione della kermesse spagnola
Un cardinale che si commuove raccontando un episodio della sua vita; un pezzo di bosco, odore di umidità e canti di uccelli, in mezzo a un padiglione enorme; un relatore che, riconoscente, si interrompe durante il suo intervento per versare dell’acqua nel bicchiere della sua traduttrice; un giornalista agnostico che afferma convinto: «Ciò che interessa di più alla gente è il senso di quello che fa».Fatti che possono sembrare piccoli, ma che gridano a gran voce le ragioni per le quali vale la pena la vita in comune.

Durante l’incontro centrale della XI edizione di EncuentroMadrid, il cardinale Angelo Scola, autore del titolo di quest’anno, “Buone ragioni per la vita in comune”, sottolineava quanto sia importante la testimonianza vera, «che non ha niente a che vedere con il buon esempio, come pensiamo tante volte. Il buon esempio è ovvio, e serve per glorificare se stessi, più che Dio». Per spiegare la differenza, l’Arcivescovo di Milano ha deciso di raccontare un fatto accaduto quando era Patriarca di Venezia: aveva conosciuto un uomo, vedovo da circa trent’anni, che aveva dedicato gran parte della sua vita a curare il figlio, immobilizzato in un letto e incapace di esprimere quello che sentiva. Il padre non era in grado di sapere se suo figlio fosse cosciente che lo stava curando. E tuttavia, non si separava mai da lui, se non la domenica mattina per assistere alla messa delle sette.

Il Cardinale lo ha conosciuto poco tempo dopo la morte del figlio. Davanti a lui, in silenzio, «sono riuscito a dire soltanto “Dio le renderà merito”, e lui immediatamente mi ha risposto: “Patriarca...”». Silenzio nell’auditorium della Casa de Campo di Madrid. «Scusate...», Scola, commosso, deve interrompersi un attimo per bere un sorso d’acqua e poter continuare: «“Patriarca, ho imparato che cos’è l’amore”. In questo consiste la vera testimonianza: una conoscenza nuova e completa della realtà. E la sua comunicazione».

Qualcosa di simile succedeva entrando e uscendo dalla mostra “Sorella Madre Terra”, forse una delle più semplici della storia di EncuentroMadrid, ma che provocava un cambiamento nello sguardo di coloro che venivano a vedere quelle immagini. «Come mi piacerebbe cominciare a guardare così le cose che finora mi sono sembrate ovvie», ho sentito dire a diverse persone dopo che avevano visitato questa mostra, tra cui due bambini di appena dieci anni. Perché la verità, quando accade, si riconosce facilmente, e facilmente suscita il desiderio di cominciare a guardare l’altro come un bene.

“Guardare l’altro come un bene”. Questa frase è stata il punto di partenza per una tavola rotonda in cui si analizzava l’attuale situazione spagnola. Una cosa che in Spagna non si fa più da molto tempo, anche se ultimamente si è tornati a considerarla una possibilità o un “desiderio”, come ha detto César Nombela, rettore dell’Università Menéndez Pelayo, dopo la morte di Adolfo Suárez. Desiderare di incontrare gli altri e desiderare la fiducia, «che è sparita, e non è più un fattore importante nei rapporti», osservava Fernando Abril, amministratore delegato del Grupo Prisa. Forse questo può spiegare perché il giornalista diEl Mundo, Pedro García Cuartango, riceve tante lettere quando scrive sulle sue questioni personali e quasi nessuna quando dedica i suoi articoli all’attualità politica. «La gente è disgustata dal giornalismo politico e dalle sue chiacchiere. Sono altre le cose che importano realmente: il senso della vita, il senso di ciò che facciamo». O come dicono le parole dello scrittore Jon Juaristi: «Dobbiamo conoscerci un po’ meglio».

Lo stesso desiderio che si percepisce quando si parla di educazione. «Un docente deve amare appassionatamente quello che fa, la materia che insegna. Solo così quello che devono studiare i ragazzi potrà avere un senso per loro», ha detto José María Alvira, segretario generale di Escuelas Católicas, durante una tavola rotonda con il professore italiano Franco Nembrini: «Il dramma dell’educazione di oggi non è la mancanza di fede, manca invece la condizione per la fede, ossia il senso della realtà, la percezione della realtà».

Lo avevano già raccontato, durante l’inaugurazione, il deputato Eugenio Nasarre e il senatore italiano Mario Mauro, quando hanno detto che le elezioni europee del prossimo 25 maggio sono un momento decisivo, in cui si giocherà la ragione d’essere dell’Unione Europea, perché manca «il sentimento profondo della nostra unità. Un sentimento che non è una questione sentimentale, ma un modo di percepire la realtà». Un sentimento che è una ragione, che mette l’uomo in movimento, che lo trasforma e lo spinge a narrarsi, a raccontarsi, in ogni ambito. «C’è bisogno di raccontare l’Europa in modo nuovo», diceva Nasarre: «Un racconto che non ho ancora finito, ma di cui ho già il primo capitolo, che sta all’origine dell’Europa».

Primi capitoli, come quello di piazza Maidan o come quello della stanza di quel padre che per decenni ha curato suo figlio. Alcuni sono più visibili, altri rimangono nascosti, ma il loro accento carico di verità è lo stesso quando, nel raccontarli, fanno commuovere anche le persone più illustri. Ma non sarà un’utopia? Risponde il professore ucraino Konstantin Sigov: «Perché continuate a fare EncuentroMadrid? Per la stessa ragione per cui noi non vogliamo lasciare che si perda ciò che è nato a Maidan». 
Yolanda Menéndez

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