sabato 7 dicembre 2013

Omelia di don Carlo Venturin 4^ di Avvento – 8/12/2013




Isaia 40, 1-11      “Alza la tua voce con forza per liete notizie in Sion”
Salmo 72             “Vieni, Signore, re di giustizia e di pace
Eb 10, 5-9            “Ecco, io vengo”
Mt 21,1-9            Umile, paziente, mansueto (non-violento) verso la folla

Perché da soli se si può condividere?
Domenica dell’ IO VENGO


Le lancette del tempo vengono portate in avanti, alla settimana ultima:  l’ ingresso a Gerusalemme, tra una moltitudine di pellegrini, che si ritrovavano per celebrare la liberazione dalla schiavitù, in Egitto, al grido di OSANNA=SALVACI. Inizia per Gesù il conflitto con le autorità ebraiche, con la scacciata dal Tempio dei mercanti, con la diatriba sulla sua autorità, con il tributo a Cesare, con le parabole che annunciano l’avvento del Regno di Dio, tolto a Israele … con il processo finale.

La Liturgia di Avvento prende a prestito l’episodio, per descrivere la venuta ultima del Messia, che è stata descritta con il Giudizio finale, con la caduta della città santa nei “Tempi ultimi”. Matteo narra la folla plaudente, ma nel sottofondo la decisione dei capi di uccidere il Veniente, come Erode, all’inizio, decideva di uccidere il Bambino. Il Natale di Gesù indica le vicende del mondo a venire e “i nuovi cieli e la nuova terra” alla venuta ultima.

Il messaggio divino premette quanto nel passato era stato preannunciato dai Profeti e dagli eventi.
Isaia, il Profeta dell’Avvento, prorompe di gioia, grida la speranza, coinvolge la natura e le genti per cambiare umore, per essere aperti al nuovo incombente: consolate, parlate al cuore (“PENSOSO PALPITO”), è finita la tribolazione, la via del pellegrinaggio è spianata, si alzino le grida di gioia, la tenerezza e la levità sono le caratteristiche del nuovo, la giustizia e la pace sono al centro della convivenza (Salmo). Con un tocco artistico-poetico il Profeta descrive i nuovi rapporti: “Come un pastore, egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio le raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Questo sguardo, che squarcia il futuro, si incrocia con la realtà: Cristo entra nel mondo; l’ECCO IO VENGO viene ripetuto nella seconda lettura; il progetto finale del Padre si realizza, prende forma umana; Dio ora è per sempre con l’umanità, come agli inizi camminava nel Giardino, ora viene tutto ripristinato.

Matteo nella sua descrizione si riallaccia alle profezie antiche, in particolare Isaia: “Dite alla figlia di Sion” (62,11) e Zaccaria: “Ecco il tuo re viene…” (9,9); il grido “Osanna” è desunto dal Salmo 118, 25-26. Presente, passato e futuro si intrecciano. Gesù è meticoloso nella preparazione del “Grande Viaggio”, anche i minimi particolari sono descritti, non ammette repliche. “Tutto questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto dal Profeta”; ogni gesto, ogni parola, i segni sono la continuità con il passato e metafora di ciò che avverrà.

Il brano di Matteo è costruito dal testo di Zaccaria: “Ecco viene il tuo re a te, giusto, vittorioso, umile, cavalca un asino…”. L’accento è sulla cavalcatura, che ai nostri occhi risulta modesta e offensiva, l’asino, ma anche sul cavallo, che per noi sarebbe molto più degno, se deve cavalcarlo il sovrano. L’asino allora era la cavalcatura di principi e di re in tempi di pace, mentre il cavallo in tempi di guerra. Il re descritto da Zaccaria ha i lineamenti del Messia, la sua non è opera di distruzione, ma di pacificazione. Significativi i due gesti che egli compie: abolisce l’esercito e gli armamenti, così anche i carri da guerra, darà il via a una diplomazia di pace: “Annuncerà la pace alle nazioni” (8); è un po’ quello che descriveva Isaia: “Spezzeranno le loro spade per farne aratri… una nazione non alzerà più la spada contro un’altra… non impareranno più l’arte della guerra” (2, 4). Vi è un secondo atto: darà il via a una diplomazia di pace. Si inaugura così un nuovo ordine di rapporti internazionali, “da mare a mare, dal Fiume (Eufrate) ai confini della terra. Questo sovrano-Messia è ben diverso dai politici della storia, come appare dai tre titoli assegnatigli. E’ “GIUSTO”, non solo perché renderà giustizia al popolo e ai poveri (Salmo 72,2), ma soprattutto perché in Lui brillerà la giustizia divina, cioè salvezza e benedizione. Egli è “VITTORIOSO”, cioè Salvatore, perché su di Lui risiede la potenza divina, che lo custodisce dal male che lo circonda. Infine il Re è “UMILE”, cioè povero, semplice, lontano dall’arroganza e dalle prevaricazioni del potere, simile al “popolo umile e povero” (Sof 3,12). Quando all’orizzonte avanzerà un tale sovrano, si udrà un canto corale: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme… in quel giorno non ci saranno né giorno né notte… risplenderà la luce” (14, 6-7). E’ la meta estrema verso cui converge la storia. Quel fulgore di Betlemme e lo splendore della risurrezione fendono l’oscurità, sono il segno di Dio che “è luce in cui non c’è tenebra alcuna” (1Gv 1,5).

Vivere l’Avvento è seguire e prepararsi alla venuta di Gesù , come i discepoli prepararono l’ingresso alla Città Santa, nella nostra storia, nella nostra epoca: solidali come Lui lo fu sempre.


 Don Carlo

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