- Il volantinaggio a Milano.
Nel centro dello shopping milanese, una cinquantina di ragazzi ferma i passanti. Dietro: una gigantografia del Volantone di Natale. Il racconto di come anche un volantinaggio «può essere all'altezza del mio desiderio»
Immagina questa scena: esci dalla metropolitana, un sabato pomeriggio di ordinario shopping natalizio, e di colpo ti fermi. Nella grigia Milano sta accadendo qualcosa di totalmente inaspettato. Una cinquantina di persone chiedono a chiunque passi di potergli fare gli auguri di Natale, lasciando loro semplicemente un foglio. Senza chiedere soldi, senza secondi fini, solo un invito alla presentazione del libro sulla biografia di don Giussani a fine gennaio.
È lo scenario che si è stagliato davanti a turisti e cittadini che passavano dalle parti di Palestro e Corso Venezia sabato 14 dicembre: una grande riproduzione del Volantone di Natale e oltre cinquanta giovani della Scuola di comunità tenuta da Claudio Bottini.
Perché dei giovani dovrebbero spendere il loro sabato pomeriggio così? Riccardo ce l’ha molto chiaro: «Voglio riscoprire di cosa ho bisogno io per vivere, per amare, per guardare all’altro come un bene. In gioco c'è la ricerca della presenza amata, c'è il mio fragile sì». E la preghiera che Claudio fa recitare prima di iniziare lo ricorda anche agli altri:«Preghiamo perchè questo gesto sia all'altezza del nostro desiderio». Come fa un semplice volantinaggio a essere all'altezza di ciò che desidero? Io desidero tutto. La sfida sembra difficile, di quelle che ti fanno tremare i polsi: in piena Milano dire ai passanti che Cristo è la cosa più cara che hai. Nelle orecchie di molti risuonano le parole del cardinal Schönborn all’incontro in Duomo di qualche giorno prima, quando, raccontando dei momenti di missione per le strade della sua diocesi, diceva: «La sera prima ho sempre un forte raffreddore». Come a dire che fa paura andare alle periferie del mondo per dire che Dio si è fatto uomo così salvandolo, «ma quando poi lo faccio, continuava il Cardinale, torno a casa contentissimo». È il mio cuore, prima di tutto, che viene colmato da un gesto così, che viene nuovamente ferito, aperto, infiammato.
Elena racconta un episodio che le è accaduto quel pomeriggio: «Verso le 16 alcuni amici si sono messi a cantare per tutti, sul marciapiede. Nella ressa, un ragazzo in bicicletta si mette ad ascoltare, vedo che si ferma e mi avvicino. Gli chiedo se posso lasciargli il Volantone per Natale. Lo guarda, legge “Comunione e Liberazione”, me lo ridà e mi dice: “No! Tienitelo! Anzi, ti dico che voi mi fate parecchio schifo”. Gira la bicicletta e se ne va. Mi ha molto impressionato. Era lì, con gli occhi fissi sul coro, preso dalla bellezza dei loro canti e in un attimo ha chiuso tutto andandosene. Ho provato un dolore grande, tanto che per qualche minuto mi sono allontanata, mi ha quasi spaventato l’ipotesi di poter incontrare altre persone. Ma io quel ragazzo l’avevo incontrato. Quel ragazzo, in un modo o nell’altro, aveva visto. Poi aveva scelto».
Il desiderio è quello di guardare in modo umano e totale chiunque ti trovi di fronte, anche lo “sbarbato” di cui racconta un amico che gli dice: «Io a Natale sono più cattivo». E Riccardo, senza moralismi: «Anche io. Per questo sono colpito di guardarti così, perché se non fosse per un incontro che mi ha cambiato la vita non sarei qui». E aggiunge: «Con che gioia posso guardare quell’uomo se ho un briciolo di coscienza che il Verbo si è fatto carne? Dentro a quel passante c’era tutto il Suo amore per me, tanto che abbandonandomi a Lui io divento più me stesso, più uomo e posso stare di fronte a chiunque».
Non si tratta di fare proseliti allora, ma di lasciare che sia il nostro cuore a convertirsi, che siamo noi a lasciarci ferire e tornare a casa lieti; tanto da poter partecipare quel pomeriggio solo stando a guardare; come ha fatto Anna che, sentendosi provocata in prima persona dall’invito di Bottini, ha detto: «Bene, allora io vengo e guardo te». Ed è tornata a casa con la certezza che «anche se non ho dato neanche un volantino e non ho detto una parola, qualcosa mi aveva fatto muovere dal comodo sabato pomeriggio di riposo per partecipare a una cosa che, istintivamente come forma, non mi corrisponde: la proposta sembrava rivolta inequivocabilmente a me, e nasceva dalle persone e dal luogo in cui ho messo la mia vita».
Se tutto quel che accade è per l'uomo, allora anche un volantinaggio può essere all'altezza di ciascuno. Quel gesto, gli amici, il Volantone gigantesco, una presenza così lieta in mezzo agli indifferenti che passavano... Tutto quello che è accaduto quel pomeriggio era all'altezza del desiderio. Tanto che già scendendo le scale della metropolitana per tornare a casa può prenderti una struggente nostalgia. Il cuore è pieno di quella Presenza. Ti viene una grande voglia di vivere, di vedere la famiglia, di tornare al lavoro. Con un cuore così traboccante la vita è una gioia.
Luciana, Elena e Gaia - Milano
È lo scenario che si è stagliato davanti a turisti e cittadini che passavano dalle parti di Palestro e Corso Venezia sabato 14 dicembre: una grande riproduzione del Volantone di Natale e oltre cinquanta giovani della Scuola di comunità tenuta da Claudio Bottini.
Perché dei giovani dovrebbero spendere il loro sabato pomeriggio così? Riccardo ce l’ha molto chiaro: «Voglio riscoprire di cosa ho bisogno io per vivere, per amare, per guardare all’altro come un bene. In gioco c'è la ricerca della presenza amata, c'è il mio fragile sì». E la preghiera che Claudio fa recitare prima di iniziare lo ricorda anche agli altri:«Preghiamo perchè questo gesto sia all'altezza del nostro desiderio». Come fa un semplice volantinaggio a essere all'altezza di ciò che desidero? Io desidero tutto. La sfida sembra difficile, di quelle che ti fanno tremare i polsi: in piena Milano dire ai passanti che Cristo è la cosa più cara che hai. Nelle orecchie di molti risuonano le parole del cardinal Schönborn all’incontro in Duomo di qualche giorno prima, quando, raccontando dei momenti di missione per le strade della sua diocesi, diceva: «La sera prima ho sempre un forte raffreddore». Come a dire che fa paura andare alle periferie del mondo per dire che Dio si è fatto uomo così salvandolo, «ma quando poi lo faccio, continuava il Cardinale, torno a casa contentissimo». È il mio cuore, prima di tutto, che viene colmato da un gesto così, che viene nuovamente ferito, aperto, infiammato.
Elena racconta un episodio che le è accaduto quel pomeriggio: «Verso le 16 alcuni amici si sono messi a cantare per tutti, sul marciapiede. Nella ressa, un ragazzo in bicicletta si mette ad ascoltare, vedo che si ferma e mi avvicino. Gli chiedo se posso lasciargli il Volantone per Natale. Lo guarda, legge “Comunione e Liberazione”, me lo ridà e mi dice: “No! Tienitelo! Anzi, ti dico che voi mi fate parecchio schifo”. Gira la bicicletta e se ne va. Mi ha molto impressionato. Era lì, con gli occhi fissi sul coro, preso dalla bellezza dei loro canti e in un attimo ha chiuso tutto andandosene. Ho provato un dolore grande, tanto che per qualche minuto mi sono allontanata, mi ha quasi spaventato l’ipotesi di poter incontrare altre persone. Ma io quel ragazzo l’avevo incontrato. Quel ragazzo, in un modo o nell’altro, aveva visto. Poi aveva scelto».
Il desiderio è quello di guardare in modo umano e totale chiunque ti trovi di fronte, anche lo “sbarbato” di cui racconta un amico che gli dice: «Io a Natale sono più cattivo». E Riccardo, senza moralismi: «Anche io. Per questo sono colpito di guardarti così, perché se non fosse per un incontro che mi ha cambiato la vita non sarei qui». E aggiunge: «Con che gioia posso guardare quell’uomo se ho un briciolo di coscienza che il Verbo si è fatto carne? Dentro a quel passante c’era tutto il Suo amore per me, tanto che abbandonandomi a Lui io divento più me stesso, più uomo e posso stare di fronte a chiunque».
Non si tratta di fare proseliti allora, ma di lasciare che sia il nostro cuore a convertirsi, che siamo noi a lasciarci ferire e tornare a casa lieti; tanto da poter partecipare quel pomeriggio solo stando a guardare; come ha fatto Anna che, sentendosi provocata in prima persona dall’invito di Bottini, ha detto: «Bene, allora io vengo e guardo te». Ed è tornata a casa con la certezza che «anche se non ho dato neanche un volantino e non ho detto una parola, qualcosa mi aveva fatto muovere dal comodo sabato pomeriggio di riposo per partecipare a una cosa che, istintivamente come forma, non mi corrisponde: la proposta sembrava rivolta inequivocabilmente a me, e nasceva dalle persone e dal luogo in cui ho messo la mia vita».
Se tutto quel che accade è per l'uomo, allora anche un volantinaggio può essere all'altezza di ciascuno. Quel gesto, gli amici, il Volantone gigantesco, una presenza così lieta in mezzo agli indifferenti che passavano... Tutto quello che è accaduto quel pomeriggio era all'altezza del desiderio. Tanto che già scendendo le scale della metropolitana per tornare a casa può prenderti una struggente nostalgia. Il cuore è pieno di quella Presenza. Ti viene una grande voglia di vivere, di vedere la famiglia, di tornare al lavoro. Con un cuore così traboccante la vita è una gioia.
Luciana, Elena e Gaia - Milano
Nessun commento:
Posta un commento