Il giorno in cui non aspetti più nessuno è il giorno più triste della vita. Quando il telefono non squilla, il citofono non suona. Il giorno in cui nessuno si ricorda più di te. È forse allora che si comincia un po’ a morire. L’uomo è comunione.
Ha bisogno dell’altro. Non basta a se stesso. Don Tonino Bello direbbe che ha una ala sola per cui non può volare.
Perciò l’altro non è solo necessario, ma indispensabile. Ho bisogno di te. Per raccontarti le mie ore. I mie progetti.
Ho bisogno di te perché mi aiuti a portare il mio fardello. Ho bisogno di una guancia da accarezzare. Di qualcuno con cui sognare. È importante sognare. Occorre insegnarlo ai figli. Quando non ci sono più sogni da sognare, prepotenti si fanno avanti gli incubi. Paurosi e incomprensibili. Siamo fatti per amare.
Tante cose cambieranno nella nostra vita, il bisogno di amare e di essere amati no. Quello non passa mai.
Che cos’è la gioia? Chi la sperimenta sono certo che non lo saprebbe dire.
Molti la confondono con il piacere, altri con il benessere economico, altri ancora con la salute fisica. Da questa confusione dipendono tanti guai. Tutti ne sentono un bisogno immenso, ma pochi riescono ad averla veramente per amica. È deludente avere tra le mani un oggetto falso pensando di possedere l’originale. La gioia sfugge a qualsiasi tentativo di essere accaparrata. Non si lascia comprare, né incatenare facilmente. Non la si può pretendere.
Sfugge alla logica dell’avere, del possedere, del primeggiare. È dolce. È gentile. Si nasconde e si lascia trovare nei luoghi più impensati. Gesù ci avverte: «C’è più gioia nel dare che nell’avere». Provare per credere. Nel donare a un altro qualcosa che ti appartiene abita la gioia. Dunque, non nella ricerca affannosa del benessere e del prestigio personale, ma in un concreto atto di carità. Allora non c’è mai un donare senza ricompensa. E quale ricompensa! Forse è questo il motivo per cui nelle case e nei paesi poveri, nonostante tutto, capita di trovare arcobaleni di gioia vera?
Ma il chicco deve marcire – dice il Vangelo – se vuole diventare pane. Non è facile morire a se stessi. Rinnegare il proprio orgoglio e le proprie comodità.
Non è facile fare spazio a chi non ha dove dormire questa notte. Rinunciare a un paio di scarpe nuove per mettere al calduccio i piedini di un bambino scalzo. Non è facile, ma è bello. È una sfida. Una sfida per scoprire che cos’è la gioia. E, bada, nessuno può farlo al posto tuo. La gioia è come l’amore. Solo chi lo vive ha il diritto di parlarne. Beati coloro ai quali è stata insegnata la strada della gioia e hanno deciso di percorrerla. Attraverseranno gli anni e le vie del mondo, assaggeranno i dolori e le tempeste della vita, ma la gioia non li abbonderà giammai.
La gioia non è qualcosa di astratto. La gioia è una persona. Gesù viene. Per tutti. Per i poveri e i ricchi. Per i credenti e i non credenti. Viene perché possiamo riprendere fiato. Riposarci sulla sua spalla. Viene per dirci che non è stanco di noi. Che ci ama di un amore folle. Che è disposto a perdonare tutto.
Tutto. Purché lo vogliamo. In fondo siamo noi ad avere la chiave per aprirgli il cuore. Certo, perché per amare occorre essere in due. Perché l’amore non si può pretendere. Perché l’amato non si compra, né si corrompe. Al Signore che chiama occorre rispondere. Con libertà. E allora che tra noi nasce una storia di amore. A volte si nasconde, è vero, ma solo per essere cercato. A volte non risponde, è vero, ma solo per insegnarci a salire più in alto. A volte ci vuole sulla croce, è vero.
Ma per tenerci più vicini ed essere aiutato a salvare il mondo.
Avvento è parola bella. Piena di fascino e futuro. Avvento e tempo di speranza e di perdono. Gesù viene. Alziamoci.
Buttiamo via il mantello che ci intralcia. Corriamogli incontro.
Gettiamogli la braccia al collo.
Mettiamo al sicuro nel suo cuore immenso il nostro piccolo cuore. Viene per portare gioia. Si, proprio quella gioia, soffio irresistibile e inafferrabile, che da sempre cerchiamo e poche volte troviamo. Maurizio Patriciello
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