Forse nessuno ve l’ha ancora comunicato, ma voi non siete vivi. Pensate di esserlo, ma “in realtà” non lo siete. Nessuno lo è (se lo venisse a sapere il computer dell’Inps non erogherebbe più pensioni).
Mi spiace dare la ferale notizia, che potrebbe mandare di traverso il panettone di Natale ai più sensibili. Del resto nemmeno il sottoscritto è vivente. Anzi, è la vita stessa che non esiste.
A fare il clamoroso “scoop” è stata una delle più blasonate riviste scientifiche del mondo, “Scientific American”. Un articolo del numero datato 2 dicembre infatti parla chiaro fin dal titolo: “Why Life Does Not Really Exist”.
L’ASSURDO
Come sono arrivati – questi pensatori – a fare una così straordinaria scoperta? La sintesi degli argomenti è fornita dal sommario dell’edizione italiana della rivista, ovvero “Le Scienze”.
Eccolo qua: “Malgrado secoli di discussioni, esperimenti, riflessioni e progressi scientifici, nessuna delle definizioni di ‘vita’ proposte finora riesce a discriminare in modo netto e soddisfacente fra ciò che chiamiamo animato e ciò che consideriamo inanimato. Forse perché il vero elemento comune delle cose che definiamo vive non è una loro proprietà intrinseca, ma la nostra percezione di esse”.
Se ho ben capito il passaggio logico è questo: siccome non si è ancora trovata una definizione di vita, la vita non esiste.
In effetti l’articolo della rivista scientifica così argomenta: “Perché definire la vita è così frustrante e difficile? Perché scienziati e filosofi hanno fallito per secoli nel trovare una proprietà fisica specifica o un insieme di proprietà che separi nettamente i vivi dagli inanimati? Perché una proprietà simile non esiste. La vita è un concetto che abbiamo inventato. Al livello più fondamentale, tutta la materia esistente è una disposizione degli atomi e delle particelle che li costituiscono. Queste disposizioni ricadono in un immenso spettro di complessità, da un singolo atomo di idrogeno a una cosa intricata come il cervello umano”. Finora abbiamo diviso il mondo in animato e inanimato, “ma questa suddivisione non esiste al di fuori della mente”.
Quindi, per questi scienziati, vostro figlio – che corre e grida in bicicletta, facendo un gran baccano – è vivo quanto il pezzo di ferro arrugginito che sta nella discarica.
DOVE STA L’ERRORE
La filosofia che sta dietro a questi ragionamenti, mi pare la seguente: ciò che io non so definire o non comprendo, non esiste. Ciò che supera le mie capacità di conoscere ed esprimere è una fantasia astratta.
Questa mentalità è parente di quella positivista che Albert Einstein stroncò così: “Io non sono un positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno ‘può’ o ‘non può’ osservare. Uno dovrebbe dire: ‘Solo ciò che noi osserviamo esiste’. Il che è ovviamente falso”.
Noi comuni mortali, armati di semplice buon senso (ma confortati dalla compagnia di Einstein), potremmo pensare che quanto scrive la nota rivista sia assurdo e vagamente ridicolo. La bizzarria di un commentatore.
Però c’è chi potrebbe indicare, alla base di quei ragionamenti, qualche filosofo importante.
Tutto ruota – come anni fa insegnava don Luigi Giussani – attorno al concetto di ragione che si ha. Per certi moderni (quelli di “Scientific American”) la ragione è come una scatola dentro la quale deve entrare tutto. Quello che non c’entra, magari perché è più grande, non esiste.
Per altre scuole di pensiero la ragione è come una finestra che si spalanca su un panorama che è più grande di lei. Quindi l’avventura della conoscenza è sempre un inoltrarsi nel mistero che ci avvolge e ci supera.
E’ così che il pensiero umano ha scoperto sempre nuove cose. E – di stupore in stupore – cerca la ragione ultima dell’essere.
NICHILISMO
A dire la verità ci sono stati dei filosofi greci che somigliavano ai pensatori di “Scientific American”. Ricordate Zenone di Elea, quello che sosteneva che il movimento non esiste? Non somiglia a coloro che oggi annunciano che “la vita non esiste”?
Il greco (i cui argomenti comunque non erano banali) fu confutato semplicemente da qualcuno che si alzò in piedi e prese a deambulare.
Anche la rivista americana potrebbe essere confutata concretamente mostrando una persona viva e un morto: “contra factum non valet argumentum”.
Tuttavia la replica è già contenuta nell’editoriale: “Non è che non ci siano differenze sostanziali tra esseri viventi e soggetti inanimati”, tuttavia “non troveremo mai una linea di demarcazione netta tra i due perché i concetti di vita e non-vita come categorie distinte sono proprio questo: concetti, non realtà”. Non è “una proprietà intrinseca” a rendere vive certe cose, ma “la nostra percezione di esse”.
Chi continuasse a ritenere ostinatamente che fra suo figlio e una pietra c’è una differenza sostanziale e incolmabile, chi pensasse che una creatura umana vivente non è una mera disposizione di atomi, dovrebbe prendere atto che oggi la mentalità dominante è quella espressa in un aforisma di Nietzsche: “non esistono fatti, ma solo interpretazioni”.
Idea in base alla quale per esempio si potrebbe anche argomentare che la realtà non esiste, ma esiste solo la nostra percezione di essa (e non esiste neanche la scienza, che diventa una fantasia fra le altre).
In effetti in base a questa mentalità ormai dominante oggi si sente teorizzare di tutto. La realtà si è persa e noi vaghiamo in un oceano di opinioni. A volte anche pazzoidi.
Sempre Nietzsche nel suo “Anticristo” aveva scritto: “Noi non facciamo più discendere l’uomo dallo spirito, l’abbiamo rimesso tra gli animali”.
Ora siamo andati oltre: l’uomo sta tra i minerali. Siamo meri grumi di atomi.
Una clamorosa eterogenesi dei fini per una cultura moderna che proclamava di essere nata dall’Umanesimo e dal Rinascimento che mettevano l’uomo al centro dell’universo.
Oggi l’essere umano vivente è un ferrovecchio da rottamare come una lavatrice obsoleta.
Sommessamente segnalo che Umanesimo e Rinascimento nacquero nell’alveo cristiano. Perché è il cristianesimo il vero illuminismo che ha esaltato l’uomo, la sua razionalità e ha salvato l’oggettività della realtà.
Senza questa radice, senza Dio – previde Chesterton – sparisce anche la realtà e si dovrà combattere per mostrare che i prati sono verdi e due più due fa quattro. Oggi siamo a questo punto.
Antonio Socci
Da “Libero”, 20 dicembre 2013
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