domenica 15 dicembre 2013
«Essere testimoni di Gesù verso i fratelli uomini»
Scola in visita pastorale a Desio, città natale di Pio XI e Giussani
http://www.youtube.com/watch?v=b3z2fgOggUc#t=17
La figura del precursore Giovanni il Battista, il testimone che “si fa da parte” quando compare Gesù, contrapposta alla mentalità individualistica diffusa nel nostro tempo; e il valore del messaggio educativo dell’oratorio, strumento della Chiesa che esce verso le periferie, sono stati i punti cruciali dell’omelia pronunciata ieri a Desio, nella basilica dei santi Siro e Materno, dall’arcivescovo Angelo Scola in visita pastorale nella città natale di papa Pio XI e di monsignor Luigi Giussani.
La Messa era stata preceduta dalla benedizione del cardinale Scola al rinnovato oratorio, dedicato alla Beata Vergine Immacolata. «L’oratorio – ha detto poi durante l’omelia – è un aiuto a portare l’esperienza dell’Eucaristia fuori della Chiesa, verso la piazza, verso le periferie – come ci dice papa Francesco – non solo geografiche, ma anche umane, attraverso le quali ci sentiamo solidali con tutti i nostri fratelli uomini».L’arcivescovo è stato accolto a Desio dal prevosto monsignor Elio Burlon, responsabile della Comunità pastorale “Santa Teresa di Gesù Bambino” (che riunisce le cinque parrocchie della città brianzola), da monsignor Patrizio Garascia, vicario episcopale della zona pastorale V e da tutti i sacerdoti del decanato. Due occasioni hanno reso ancora più intensa la visita di Scola. La prima (di cui riferiamo a parte) è la visita alla casa natale di Achille Ratti, arcivescovo di Milano e papa Pio XI: «Una personalità indiscutibilmente geniale – ha detto Scola all’omelia – sul piano della sensibilità cristiana, della relazione tra la fede e la vita di tutti i giorni, della cultura, della coscienza della dimensione pubblica della fede, che ha molto da insegnare a noi cristiani di oggi ». La seconda è il vincolo nei confronti di un altro “figlio” di Desio, Luigi Giussani «a cui io personalmente devo molto – ha detto Scola – anche dal punto di vista del riconoscimento della mia vocazione. Egli è stato certamente un genio dell’educazione cattolica e aldilà di tutti i problemi della realtà che da lui è nata (che sono evidentemente legati all’umanità di ciascuno di noi) nulla può intaccare questo grande dono che lo Spirito ha fatto attraverso di lui alla Chiesa, non solo ambrosiana».
Il “cuore” della riflessione sul Vangelo della liturgia (Gv 1, 6-8) è Giovanni il Battista «che ha la coscienza che il testimone a un certo punto deve farsi da parte per lasciare emergere Colui di cui dà testimonianza: “Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me”». «Noi – ha sottolineato l’arcivescovo – non possiamo non domandarci: noi siamo testimoni? Gesù è un tu reale nella nostra vita? È una presenza, una persona cui ci rivolgiamo ogni giorno? Oppure resta un’idea? È solo un pretesto o un fatto vivo?». In altre parole, ha spiegato il cardinale, «siamo capaci di dare gloria all’umanità di Gesù che è venuto a dare la vita da innocente per noi? Oppure diamo gloria solo a noi stessi?». Aggiungendo che «il grande nemico del nostro tempo è l’individualismo, che ha assunto una forma di autoaffermazione, di narcisismo» per cui «l’altro sbiadisce sempre di più, a meno che ci urti, a meno che ci risulti utile». Il valore del testimone che noi siamo sta nella «capacità di autoesporsi, di giocarsi direttamente per accompagnare in verità e in profondità tutti i fratelli con molta umiltà, consapevoli delle nostre fragilità, ma anche coscienti che portiamo un dono che è più grande di noi: non testimoniamo noi stessi».
L’augurio finale del cardinale è stato «di uscire da questo gesto eucaristico con il desiderio di lasciare emergere la bellezza, la bontà, la verità dell’incontro con Gesù e con i fratelli». «Bisogna chiedere – ha concluso Scola – che realmente il Signore ci cambi ogni giorno e che noi ci lasciamo cambiare, convertire, in modo tale che sempre più la sua persona si affermi nella nostra vita».
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