sabato 21 dicembre 2013

Domenica 6^ di Avvento – 22/12/2013 Omelia di don Carlo Venturin



Isaia 62, 10-63,3               Dal passato e dal presente il profeta prospetta il futuro radioso
Salmo 72                             “Rallegrati, popolo santo, viene il tuo salvatore
Fil 4, 4-9                               La gioia, condizione esistenziale della Chiesa
Luca 1,26-38                      La proposta di collaborazione divina-umana, con un sì o un no

Perché da soli, se si può condividere?
(“Intrusione” di Dio nella storia umana per sempre)


L’ultima tappa, prima del grande “EVENTO”, viene definita come “Domenica della GIOIA”. Tutto il messaggio divino profuma di questo sentimento e proietta la costruzione del futuro. Gli Angeli nella notte di Natale si rivolgono ai Pastori: “Vi annuncio una grande gioia”. Papa Giovanni XXIII all’apertura del Concilio esclama: “Gaudet Sancta Mater Ecclesia”; così Papa Francesco nella “Esortazione Apostolica Evangelii gaudium”: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù Cristo. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”.
Leggendo la sua intervista a “La Stampa”, domenica 15 dicembre 2013, si percepisce il senso di speranza, di tenerezza, di gioia, di proiezione di futuro; comincia così: “Il Natale per me è speranza e tenerezza… Dio incontrandoci ci dice due cose. La prima è: abbiate speranza. Dio apre sempre le porte, mai le chiude. E’ il papà che ci apre le porte. Secondo: non abbiate paura della tenerezza… La semplicità di Dio ti dice: vai avanti, io sono un Padre che ti accarezza… Per questo il Natale ci dà tanta gioia”. Dopo aver descritto  il pericolo di svilire il Natale, riducendolo a una fiaba zuccherosa, così continua: “Non si fanno considerazioni sul mondo ingiusto, su come faccia Dio a nascere in un mondo così. Tutto questo è il frutto della nostra contemplazione; gli Evangelisti hanno descritto una gioia: i poveri, il bambino che deve nascere nella precarietà. Il Natale non è stata una denuncia dell’ingiustizia sociale, della povertà, ma è stato un annuncio di gioia… gioia religiosa, gioia di Dio, interiore, di luce, di pace”, diversamente “si vive la festa con l’allegria umana, mondana”.

  In “questo profumo di gioia” la liturgia espande la conversazione, intrecciando passato, presente e futuro. Isaia prorompe di entusiasmo per il nuovo che sta per accadere, usa immagini di festa: via le strade scoscese (rimpianti, lamentele, paure, sfiducia, previsioni di catastrofi), innalzate lo sguardo in Alto, “arriva il salvatore”, che ricrea un popolo nuovo, vestito a festa, la città viene riedificata. Il Profeta si rivolgeva ai deportati, ai senza terra, ai senza Tempio, ai senza fiducia, per dire con il Salmo: “Rallegrati… viene il tuo salvatore” per recare pace e giustizia (= salvezza), per abbattere l’oppressore, perché il deserto rifiorisca, grazie alla pioggia ristoratrice. San Paolo esorta i suoi carissimi filippesi: “Siate lieti”, amabili, veri, nobili, dignitosi, virtuosi, giusti. Sono sette raccomandazioni e il numero nella Bibbia significa completezza. In altre parti della Lettera indica la gioia in vari momenti: nella preghiera (1, 4), nella sofferenza e nell’annuncio del Vangelo (1, 18), nel progresso della fede (1, 25), nel nutrire i sentimenti di Cristo (2, 2), nel dono di sé (2,17-18), nelle catene, nelle complicazioni che la realtà presenta. Afferma ancora che quello che ha più valore è il farsi riconoscere per la bontà e la squisita umanità, dando buon esempio di servizio, sul modello di Gesù. Paolo non dimentica gli ostacoli, perciò invita a pregare: “In ogni circostanza fate presente a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti” e l’Apostolo propone il suo comportamento: “Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica”.

Luca narra come prende  inizio il nuovo corso del mondo; informa su nomi, date, luoghi, perché vuole dare concretezza e verità sui fatti. Lasciando da parte Maria, il suo atteggiamento, il turbamento per un fatto inaspettato e inaudito, le sue domande, i suoi dubbi, Luca si sofferma a descrivere il Messaggero Gabriele, che “vola” in un angolo sperduto di Palestina, non nel Tempio, come per Zaccaria. La prima parola è il comando: “Rallegrati, Maria”, Dio mi manda, Lui ti protegge, “presso di Lui hai trovato grazia”, darai alla luce un Bimbo speciale, di nome Gesù, che significa “Dio salva”, la sua origine è dalla stirpe di Davide, perciò è re della casa di Giacobbe, ma  per sempre: “il suo regno non avrà mai fine”. E’ tutta opera divina: “La Spirito Santo scenderà su di te”. L’ultima parola dell’Angelo non ammette repliche: “Nulla è impossibile a Dio”.

Di fronte al dubbio umano, legittimo, è chiaro che la Potenza di Dio va oltre le attese umane. Se c’è una cosa che Dio non può non fare è quella di dare vita, di generare speranza, di spargere gioia, di diffondere la certezza che Lui è dalla parte dell’umanità. Maria ha intuito il progetto divino, ne ha preso atto, si è fidata e affidata. Ha inteso che Dio partecipava alla rinascita umana, ma con il coinvolgimento cosciente delle creature, di ogni epoca. Maria è il prototipo di credente. Grazie al suo SI’, Ella permette a Dio di porsi stabilmente con le genti di tutto il cosmo e di tutti i tempi, dà il lasciapassare all’ “INTRUSIONE” del divino nelle cose umane. Insieme, Dio e umanità salvano il mondo, percorrono la storia, si coinvolgono nel vasto campo, che è il mondo e l’umanità, cosciente del Dio con noi, è nella gioia. Maria non si è sottratta alla sua missione. La Chiesa, che è la comunità dei credenti in Gesù, esprime da “tutti i pori” che Dio è solidale, è fra noi, costruisce il futuro, fa intrusione nel mondo per renderlo come Lui lo ha progettato: è l’intrusione positiva, sconvolgente i piani umani, dispensatrice di relazioni forti e gioiose.



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