L’antipersonalismo caratterizza non soltanto la filosofia moderna ma anche quella contemporanea, cioè quel ciclo di pensiero che, tradizionalmente, inizia nel periodo successivo all’idealismo di Hegel ed arriva fino ai giorni nostri.
Hegel è stato un gigante della filosofia e i filosofi contemporanei e successivi a lui hanno dovuto confrontarsi con il suo pensiero o per contestarlo (Comte, Kierkegaard, Schopenauer, Nietzsche) o per approfondirlo (Strauss).
I discepoli di Hegel si sono divisi in due scuole: la Destra e la Sinistra hegeliana. La prima, conservatrice, ha riletto teologicamente il Cristianesimo alla luce del pensiero del maestro, interpretando idealisticamente il Cristo della fede e affermando che il Gesù storico è un mito e quindi non esiste. La seconda scuola, rappresentata da Feuerbach, Stirner, Marx, ha sviluppato in modo critico le potenzialità dell’idealismo hegeliano in chiave materialistica.
La sinistra hegeliana ha criticato il maestro per aver posto nell’al di qua, cioè nel pensiero umano l’essenza divina che la teologia pone nell’al di là, nella trascendenza, per cui “il segreto della filosofia speculativa hegeliana” è la teologia.
La religione, nell’idealismo hegeliano, assume un valore positivo in quanto è un momento in cui l’Assoluto prende coscienza di sé, mentre per Feuerbach essa è una proiezione delle esigenze ideali dell’uomo di felicità, bellezza, bontà ecc. in qualcosa di esterno a lui.
Ludwig Andreas Feuerbach
L’essere umano, secondo il filosofo, è un ente puramente corporeo e condivide, quindi, lo stesso destino degli animali, ma, a differenza di questi ultimi, ha dei bisogni che, non riuscendo a soddisfare sul piano materiale-terreno, si illude di appagarli “creando” col proprio pensiero una divinità spirituale ultra-terrena capace di offrire una risposta a tutte le domande di carattere esietenziale che l’uomo si pone.
“Gli dei – diceva Feuerbach – sono degli uomini ingigantiti”, quindi la religione, come tale, è pura proiezione umana.
Il filosofo capovolge il versetto biblico: non Dio che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma è il contrario.
Nella religione l’uomo quindi si aliena, adorando una sua creazione e la filosofia ha il compito di demistificare il fenomeno religioso, mostrando che dietro la maschera della divinità si nasconde l’umanità. Quindi ciò che chiamiamo Dio non è altro che l’immagine dell’uomo: Dio non esiste e l’umanità è la vera divinità.
Stirner critica Feuerbach perché quest’ultimo sostituisce Dio con l’umanità, affermando che Dio è una proiezione umana, senza rendersi che anche l’ “umanità” è una proiezione, perché esiste non l’umanità, che è un’astrazione, ma questo o quell’uomo.
Stirner rileva che l’ alienazione religiosa rimane anche quando l’individuo umano si mette in rapporto con l’umanità, cioè con l’essenza dell’uomo: per l’individuo anche l’umanità è un dio.
Stirner afferma il primato dell’individuo (l’Unico), isolandolo da tutto ciò che rappresenta l’universalità; quindi lo Stato, in quanto garante del bene comune, deve essere distrutto tramite l’”insurrezione” degli individui.
Karl Heinrich Marx
L’antropologia materialista di Marx, a differenza da quella degli altri filosofi della Sinistra, è di carattere storicistico, poiché viene negato che l’uomo abbia un’essenza immutabile e universale, perché l’uomo, secondo il filosofo si fa nella storia, nel senso che l’essere umano cambia nel tempo, essendo determinato nel suo modo di pensare e di vivere dalle struttere economico-sociali che si succedono nella storia e nelle quali è inserito.
Secondo Marx, come per i filosofi precedenti, è necessario che l’essere umano venga liberato dalla religione per potere vivere in modo autentico, ma la sua critica alla religione, e al Cristianesimo in particolare, è molto più radicale. Infatti, secondo lui, la religione è “l’anelito dell’umanità sofferente”, quindi il sintomo di un disagio, di una malattia da curare; ma per curare il sintomo bisogna trovare la causa. Essa è rintracciabile nelle strutture economiche della società.
La filosofia marxiana è l’opposto di quella hegeliana: per Hegel tutto è Pensiero, per Marx tutto è materia, ma essa è anche in continuità con l’idealismo hegeliano. Infatti Marx utilizza il metodo dialettico, elaborato da Hegel, applicandolo al mondo materiale (materialismo dialettico) e alla società e alla storia (materialismo storico).
Secondo la sua analisi materialistica della storia tutta la vita sociale, morale, religiosa e culturale in generale, dipende dalle strutture economiche. La struttura economica capitalistica, basata sullo sfruttamento dei proletari da parte dei capitalisti, genera un insieme di sovrastrutture ideologiche (filosofie, arti, religioni, ecc.) funzionali al mantenimento e potenziamento della struttura economica che le ha generate.
Il Cristianesimo è funzionale al capitalismo perché è un “oppio del popolo”. Infatti il popolo sofferente per essere sfruttato da un sistema economico ingiusto e oppressivo si rifugia in una realtà trascendente illusoria, invece di combattere per fare rispettare i propri diritti.
Marx afferma il principio secondo il quale la filosofia ha il compito di cambiare la realtà e non di interpretarla speculativamente: passaggio dalla teoria alla prassi.
Il cambiamento radicale della società capitalistica, repressiva e sfruttatrice, deve avvenire, secondo il filosofo, tramite una rivoluzione, che comporterà la liberazione dalle false idee che hanno egemonizzato il modo di pensare della società borghese, poiché, scrive Marx:
“Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio, dell’uomo normale, ecc., essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono diventati più forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei pensieri”
La rivoluzione proletaria è, secondo il filosofo, un evento necessario, che si realizza per superare le contraddizioni esistenti tra le forze produttive, borghesia e classe operaia, che sono le due grandi classi contrapposte l’una all’altra.
L’esito finale del processo rivoluzionario sarà il comunismo, nel quale lo sviluppo storico giungerà a compimento e saranno rimosse tutte le contraddizioni presenti nella società borghese. Nella società comunista regneranno la giustizia, la libertà e la pace, perché non esisterà più la proprietà privata, fonte di conflitti e di contrasti; verrà abolito lo Stato, considerato come la forma di organizzazione che la borghesia utilizza per garantire le sue proprietà e i suoi interessi; scompariranno le classi sociali, le quali hanno caratterizzato l’intera storia dell’umanità, segnata da continue lotte tra esseri umani appartenenti a classi diverse:
“La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotta di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto tra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina delle classi in lotta”.
Nella società comunista non ci saranno conflitti e regneranno la pace, la giustizia e la libertà, che il Cristianesimo ipostatizzava come esistenti in un regno ultramondano, e l’uomo sarà finalmente liberato dalla religione, che è “l’oppio del popolo”.
La realtà storica è stata ben diversa da quella preconizzata da Marx poiché nei paesi dove il marxismo è divenuto filosofia di stato i risultati sono stati disastrosi. Infatti si è tentato di cambiare le strutture economiche, ma l’uomo ha trovato non la felicità, ma dolore e angoscia, perché i soli beni materiali non possono soddisfare i desideri profondi che ogni uomo scopre in se stesso.
Nessun commento:
Posta un commento