martedì 3 dicembre 2013

«Una speranza quella cristiana che porta gioia a tutta l’umana famiglia»



Arcidiocesi di Milano


«Andarono senza indugio» (Lc 2,16)

III domenica d’Avvento

Le profezie adempiute
Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza

Is 35,1-10; Sal 84; Rm 11,25-36; Mt 11,2-15

 


Duomo di Milano, 1 dicembre 2013



Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano



1. Dio compie le promesse
La gioia del Vangelo – queste sono le due parole con cui Papa Francesco apre la sua recentissima Esortazione apostolica – proviene dalla Venuta del Signore (è il titolo della prima domenica dell’Avvento ambrosiano). L’attesa dei cristiani è l’attesa, perseverante e vigile, propria dei figli che, in Cristo Gesù, appartengono al Padre. I cristiani vivono fin d’ora, soprattutto partecipando all’Eucaristia, quella trama di nuovi e permanenti rapporti che costituisce il Regno (ai Figli del Regno è dedicata la seconda domenica di Avvento).
Ci siamo riproposti, in questo privilegiato tempo di avvento, di andare senza indugio, come i pastori, incontro al Signore che viene: nel Natale, alla fine dei tempi, ora nel nostro cuore.
La liturgia di questa terza domenica d’Avvento ci parla delle Profezie adempiute. Dio è fedele e compie le sue promesse. Anche se spesso gli uomini si allontanano dal Padre, disobbediscono e Lo dimenticano, Egli rimane fedele perché «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Epistola, Rm 11,29).
Da dove lo vediamo?

2. Il mistero della misericordia
San Paolo nell’Epistola parla dell’indurimento «di una parte di Israele… in atto fino a quando non saranno entrate tutte le genti» (Rm 11,25). Allo sguardo umano è una tragica colpa, ma agli occhi di Dio essa diventa misteriosa strada per la salvezza universale. Si dà qui uno scambio paradossale, ma provvidenziale, tra la disobbedienza del popolo eletto e la disobbedienza dei pagani. Dio, infatti «ha rinchiuso tutti [israeliti e pagani] nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!» (Rm 11,32). Entrambi possano essere abbracciati dalla Misericordia, secondo tempi e modalità diverse.
Si svela in tal modo il Mistero con cui la Trinità conduce la storia: è la Misericordia. Essa è all’opera fin dalla creazione. «è per un amore inconcepibile che Dio ha creato degli esseri tanto distanti da Lui. è per un amore inconcepibile che Egli scende fino a loro. è per un amore inconcepibile che essi salgono sino a Lui. è lo stesso amore! Essi non possono salire che per l’amore che Dio ha posto in loro» (Simone Weil).
La misericordia di Dio, cioè l’amore inconcepibile mediante il quale Egli crea e ricrea, è la persona amata di Gesù: «da Lui, per mezzo di Lui e per Lui tutte le cose sono» (Epistola, Rm 1,36), in Lui si sono adempiute le promesse. Per questo lo aspettiamo.

3. Sei tu Colui che deve venire?
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (Vangelo, Mt 11,3). Giovanni Battista è in carcere. Venuto a sapere «delle opere del Cristo» (Mt 11,2) manda i suoi discepoli a porre a Gesù questa domanda grave e drammatica. La predicazione del Battista, infatti, proponeva la figura del Messia secondo una prospettiva apocalittica, come un giudice, inviato a porre la scure alla radice dell’albero (cf Mt 3,10), a raccogliere il grano e a bruciare la paglia (cf Mt 3,12). Ora i fatti gli rimandano la figura di un messia mite, che non ha emesso nessuna sentenza di condanna, che sopporta l’opposizione…
La domanda di Giovanni e dei suoi discepoli è tutta attraversata dalla incertezza, dalla tensione tra la loro immagine del messia e la modalità con cui Gesù, invece, agisce e si esprime. È una domanda benefica e “utile” per noi. Anzi è la stessa nostra domanda. Anche noi, nel rapporto con Gesù, facciamo ogni giorno i conti con la stessa tensione, che può trasformarsi, sul piano pratico, in una distanza. Diventiamo allora incapaci di dare del Tu a Gesù. La sua persona si sbiadisce ai nostri occhi.

4. La verifica
Gesù non risponde direttamente ai discepoli di Giovanni. Tuttavia indica loro un metodo perché possano trovare loro stessi la risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete» (Vangelo, Mt 11,4).
Egli fa appello alla loro esperienza diretta: – «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,5) –. Le opere elencate alludono chiaramente ai segni della sua missione. Particolare rilievo assume l’opera della evangelizzazione dei poveri. Questi segni mostrano come ciò che i profeti avevano annunciato, in Gesù si compie davvero. Tuttavia, proprio perché di segni si tratta, non risparmiano ai discepoli del Battista e a noi oggi, il rischio della libertà. Riconoscere in Gesù il Messia esige una libera scelta: «Beato chi non trova in me motivo di scandalo» (Mt 11,6). Alla domanda su chi è Gesù non basta rispondere con formule corrette. È necessario lasciarsi coinvolgere dalla sua presenza. E questa chiede una decisione di tutta l’esistenza. Si rivela così quanto sia determinante il quotidiano, ove la nostra libertà è chiamata a scegliere per Cristo in tutte le dimensioni (affetti, lavoro, riposo) ed in tutti gli ambiti dell’esistenza. Questo è il punto centrale dell’odierna liturgia: è il contenuto proprio dell’attesa cui siamo chiamati.

5. Il posto di Giovanni
«Che cosa siete andati a vedere nel deserto?… Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta» (Vangelo, Mt 11, 7b.9b). Dopo aver provocato i discepoli di Giovanni a dargli testimonianza, è Gesù stesso a dare testimonianza a Giovanni. Lo definisce più di un profeta. È il precursore del Messia.
Il ruolo singolare di Giovanni nel progetto storico-salvifico che culmina in Gesù Cristo, viene illustrato mediante un confronto: «fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Vangelo, Mt 11, 11). In tale confronto si può ravvisare il paragone tra il tempo della “profezia” e quello del “compimento” che avviene con l’avvento del regno dei cieli in Gesù; o tra il tempo della giustizia secondo la legge e quello della giustizia secondo la fede.
Qual è allora il posto di Giovanni? Egli è all’inizio del regno dei cieli perché conosce Gesù e ne anticipa la sorte di Innocente messo a morte, ma nello stesso tempo è la figura conclusiva in cui culmina il tempo della legge e dei profeti («Tutti i Profeti e la Legge hanno profetato fino a Giovanni» Mt 11,13). Il Battista sta sulla soglia del regno dei cieli. Con la venuta del Messia tale soglia può essere varcata solo aderendo con fede a Gesù.

6. Sorretti e allietati dalla speranza
Gesù attua la profezia di Isaia (cfr Lettura, Is 35,5-6). Le immagini impiegate dal profeta ci parlano di una guarigione dei sensi dell’uomo: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Lettura, Is 35,5-6). Gli occhi e gli orecchi che si schiudono, lo zoppo che torna a saltare, i lebbrosi che vengono guariti e, soprattutto, i poveri che ricevono il lieto annunzio donano agli uomini la possibilità di una rinnovata comunicazione in vista di un reciproco riconoscimento. La “cura” di Gesù rinnova la persona in se stessa ed in tutte le sue relazioni. È sorgente di vita buona ecclesiale e sociale.
Per questo che il Concilio Vaticano II insegna che «benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio» (Gaudium et spes 39).
«Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta [il ristabilimento del diritto], la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi"» (Is 35,4) –. Anche oggi la Chiesa continua ad offrire alla libertà di tutte le donne e di tutti gli uomini, non di rado smarriti e vacillanti, la salvezza, Gesù crocifisso e risorto. Il sacramento della Riconciliazione è un ausilio potente cui faremo ricorso, ben preparati, prima di Natale.
Ce lo ripete con forza Papa Francesco nella Evangelii gaudium: «La vera novità è quella che Dio stesso misteriosamente vuole produrre, quella che Egli ispira, quella che Egli provoca, quella che Egli orienta e accompagna in mille modi. In tutta la vita della Chiesa si deve sempre manifestare che l’iniziativa è di Dio, che «è lui che ha amato noi per primo» (1Gv 4,10)… Questa convinzione ci permette di conservare la gioia in mezzo a un compito tanto esigente e sfidante che prende la nostra vita per intero. Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo ci offre tutto» (n. 12).
Così ci farà pregare tra poco il Prefazio: «A Cristo Signore la Chiesa va incontro nel suo faticoso cammino, sorretta e allietata dalla speranza, fino a che, nell’ultimo giorno, compiuto il mistero del regno, entrerà con Lui nel convito nuziale».

Una speranza quella cristiana che porta gioia a tutta l’umana famiglia. Amen

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