Arcidiocesi di Milano
«Andarono
senza indugio» (Lc 2,16)
III domenica d’Avvento
Le profezie adempiute
Mostraci, Signore, la tua misericordia e
donaci la tua salvezza
Is 35,1-10; Sal 84; Rm
11,25-36; Mt 11,2-15
Duomo di Milano, 1 dicembre
2013
Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola,
Arcivescovo di Milano
1. Dio
compie le promesse
La gioia del
Vangelo – queste sono le due parole
con cui Papa Francesco apre la sua recentissima Esortazione apostolica –
proviene dalla Venuta del Signore (è
il titolo della prima domenica dell’Avvento ambrosiano). L’attesa dei cristiani
è l’attesa, perseverante e vigile, propria dei figli che, in Cristo Gesù,
appartengono al Padre. I cristiani vivono fin d’ora, soprattutto partecipando
all’Eucaristia, quella trama di nuovi e permanenti rapporti che costituisce il
Regno (ai Figli del Regno è dedicata
la seconda domenica di Avvento).
Ci siamo riproposti, in questo privilegiato tempo di
avvento, di andare senza indugio, come i pastori, incontro
al Signore che viene: nel Natale, alla fine dei tempi, ora nel nostro cuore.
La liturgia di questa terza domenica d’Avvento ci
parla delle Profezie adempiute. Dio è
fedele e compie le sue promesse. Anche se spesso gli uomini si allontanano dal
Padre, disobbediscono e Lo dimenticano, Egli rimane fedele perché «i doni e la chiamata di Dio sono
irrevocabili» (Epistola, Rm 11,29).
Da dove lo vediamo?
2. Il
mistero della misericordia
San Paolo nell’Epistola
parla dell’indurimento «di una parte di
Israele… in atto fino a quando non saranno entrate tutte le genti» (Rm 11,25). Allo sguardo umano è una
tragica colpa, ma agli occhi di Dio essa diventa misteriosa strada per la
salvezza universale. Si dà qui uno scambio paradossale, ma provvidenziale, tra
la disobbedienza del popolo eletto e la disobbedienza dei pagani. Dio, infatti
«ha rinchiuso tutti [israeliti e
pagani] nella disobbedienza, per essere
misericordioso verso tutti!» (Rm
11,32). Entrambi possano essere abbracciati dalla Misericordia, secondo tempi e
modalità diverse.
Si svela in tal modo il Mistero con cui la Trinità
conduce la storia: è la Misericordia. Essa è all’opera fin dalla creazione. «è
per un amore inconcepibile che Dio ha creato degli esseri tanto distanti da
Lui. è per un amore inconcepibile
che Egli scende fino a loro. è per
un amore inconcepibile che essi salgono sino a Lui. è lo stesso amore! Essi non possono salire che per l’amore
che Dio ha posto in loro» (Simone Weil).
La misericordia di Dio, cioè l’amore inconcepibile
mediante il quale Egli crea e ricrea, è la persona amata di Gesù: «da Lui, per mezzo di Lui e per Lui tutte le
cose sono» (Epistola, Rm 1,36), in Lui si sono adempiute le
promesse. Per questo lo aspettiamo.
3. Sei tu Colui che deve venire?
«Sei tu colui
che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (Vangelo, Mt 11,3).
Giovanni Battista è in carcere. Venuto a sapere «delle opere del Cristo» (Mt
11,2) manda i suoi discepoli a porre a Gesù questa domanda grave e drammatica.
La predicazione del Battista, infatti, proponeva la figura del Messia secondo
una prospettiva apocalittica, come un giudice, inviato a porre la scure alla
radice dell’albero (cf Mt 3,10), a
raccogliere il grano e a bruciare la paglia (cf Mt 3,12). Ora i fatti gli rimandano la figura di un messia mite,
che non ha emesso nessuna sentenza di condanna, che sopporta l’opposizione…
La domanda di Giovanni e dei suoi discepoli è tutta
attraversata dalla incertezza, dalla tensione tra la loro immagine del messia e
la modalità con cui Gesù, invece, agisce e si esprime. È una domanda benefica e
“utile” per noi. Anzi è la stessa nostra domanda. Anche noi, nel rapporto con
Gesù, facciamo ogni giorno i conti con la stessa tensione, che può
trasformarsi, sul piano pratico, in una distanza. Diventiamo allora incapaci di
dare del Tu a Gesù. La sua persona si sbiadisce ai nostri occhi.
4. La
verifica
Gesù non risponde direttamente ai discepoli di
Giovanni. Tuttavia indica loro un metodo perché possano trovare loro stessi la
risposta: «Andate e riferite a Giovanni
ciò che udite e vedete» (Vangelo,
Mt 11,4).
Egli fa appello alla loro esperienza diretta: – «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono purificati, i sordi
odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,5)
–. Le opere elencate alludono chiaramente ai segni della sua missione.
Particolare rilievo assume l’opera della evangelizzazione dei poveri. Questi segni
mostrano come ciò che i profeti avevano annunciato, in Gesù si compie davvero.
Tuttavia, proprio perché di segni si tratta, non risparmiano ai discepoli del
Battista e a noi oggi, il rischio della libertà. Riconoscere in Gesù il Messia
esige una libera scelta: «Beato chi non
trova in me motivo di scandalo» (Mt
11,6). Alla domanda su chi è Gesù non basta rispondere con formule corrette. È
necessario lasciarsi coinvolgere dalla sua presenza. E questa chiede una
decisione di tutta l’esistenza. Si rivela così quanto sia determinante il
quotidiano, ove la nostra libertà è chiamata a scegliere per Cristo in tutte le
dimensioni (affetti, lavoro, riposo) ed in tutti gli ambiti dell’esistenza.
Questo è il punto centrale dell’odierna liturgia: è il contenuto proprio
dell’attesa cui siamo chiamati.
5. Il posto
di Giovanni
«Che cosa siete
andati a vedere nel deserto?… Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un
profeta» (Vangelo, Mt 11, 7b.9b). Dopo aver provocato i
discepoli di Giovanni a dargli testimonianza, è Gesù stesso a dare
testimonianza a Giovanni. Lo definisce più
di un profeta. È il precursore del Messia.
Il ruolo singolare di Giovanni nel progetto
storico-salvifico che culmina in Gesù Cristo, viene illustrato mediante un
confronto: «fra i nati da
donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo
nel regno dei cieli è più grande di lui» (Vangelo, Mt 11, 11). In tale confronto si può ravvisare
il paragone tra il tempo della “profezia” e quello del “compimento” che avviene
con l’avvento del regno dei cieli in Gesù; o tra il tempo della giustizia
secondo la legge e quello della giustizia secondo la fede.
Qual è allora il posto di Giovanni? Egli è all’inizio del
regno dei cieli perché conosce Gesù e ne anticipa la sorte di Innocente messo a
morte, ma nello stesso tempo è la figura conclusiva in cui culmina il tempo della
legge e dei profeti («Tutti i Profeti e la Legge hanno profetato fino a Giovanni» Mt 11,13).
Il Battista sta sulla soglia del regno dei cieli. Con la venuta del Messia tale
soglia può essere varcata solo aderendo con fede a Gesù.
6. Sorretti e allietati dalla speranza
Gesù attua la profezia di Isaia (cfr Lettura, Is 35,5-6). Le immagini impiegate dal profeta ci parlano di una
guarigione dei sensi dell’uomo: «Allora si apriranno gli occhi dei
ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un
cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Lettura, Is 35,5-6). Gli
occhi e gli orecchi che si schiudono, lo zoppo che torna a saltare, i lebbrosi
che vengono guariti e, soprattutto, i poveri che ricevono il lieto annunzio
donano agli uomini la possibilità di una rinnovata comunicazione in vista di un
reciproco riconoscimento. La “cura” di Gesù rinnova la persona in se stessa ed
in tutte le sue relazioni. È sorgente di vita buona ecclesiale e sociale.
Per questo che il Concilio Vaticano II insegna che «benché si
debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno
di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a
meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio» (Gaudium et spes 39).
«Dite agli smarriti di cuore:
"Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta [il
ristabilimento del diritto], la
ricompensa divina. Egli viene a salvarvi"» (Is 35,4) –. Anche oggi la Chiesa continua ad offrire alla libertà
di tutte le donne e di tutti gli uomini, non di rado smarriti e vacillanti, la
salvezza, Gesù crocifisso e risorto. Il sacramento della Riconciliazione è un
ausilio potente cui faremo ricorso, ben preparati, prima di Natale.
Ce lo ripete con forza Papa Francesco nella Evangelii gaudium: «La vera novità è quella che Dio stesso
misteriosamente vuole produrre, quella che Egli ispira, quella che Egli
provoca, quella che Egli orienta e accompagna in mille modi. In tutta la vita
della Chiesa si deve sempre manifestare che l’iniziativa è di Dio, che «è lui
che ha amato noi per primo» (1Gv 4,10)… Questa convinzione ci permette di conservare
la gioia in mezzo a un compito tanto esigente e sfidante che prende la nostra
vita per intero. Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo ci offre tutto»
(n. 12).
Così ci farà pregare tra poco il Prefazio: «A Cristo Signore la Chiesa va incontro nel suo faticoso cammino,
sorretta e allietata dalla speranza, fino a che, nell’ultimo giorno, compiuto
il mistero del regno, entrerà con Lui nel convito nuziale».
Una speranza quella cristiana che porta gioia a tutta l’umana famiglia.
Amen
Nessun commento:
Posta un commento