venerdì 6 dicembre 2013

Scola: IL DISCORSO DI SANT’AMBROGIO ALLA CITTA'. Serve un’ecologia umana tutto il resto viene dopo

6 dicembre 2013 - Discorso alla citta del card. Scola, Arcivescovo di Milano

«Nutrire il pianeta.
  Energia per la vita»
 . Il titolo di Expo 2015 contiene quattro parole chiave: alimentazione, energia, pianeta, vita. Ciascuna forma di vita ha bisogno di energia. Il nesso vita­ alimentazione a sua volta incide sullo sviluppo del pianeta. Questa complessa circolarità chiama in causa una quinta parola chiave: l’uomo.
  Non si potrà, pertanto, rispondere alla domanda
 cosa nutre la vita ?, in modo efficace, senza assumere in prima persona il compito di educarsi ed educare ad una rinnovata concezione dell’essere uomini. L’attuale crisi alimentare è innanzitutto una questione di concezione della vita umana. Infatti, la riduzione del cibo a merce, a mero bene di consumo da fruire individualmente, appiattisce lo spessore umano del bisogno primario di alimentarsi, un bisogno che è invece sempre intrecciato con una domanda di legame, di ospitalità, di convivialità. Solo se si capisce che la decisiva posta in gioco è antropologica avrà senso compiuto il richiamo alla solidarietà e alla cooperazione internazionale, e a tutte le altre necessarie strategie economiche e politiche di redistribuzione. Altrimenti queste resterebbero pie intenzioni.
  Prima di un’ecologia ambientale viene un’'
 ecologia dell’uomo' . Così per pensare un modello alternativo all’egoismo è necessario ripensare chi è l’uomo . A proposito del tema dell’alimentazione è utile farlo a partire da un breve approfondimento del bisogno umano.
  Troppo spesso interpretato come diritto esclusivo al benessere, il bisogno va invece anzitutto riconosciuto come espressione di fragilità e di mancanza. In
 caso contrario esso si trasforma in pretesa e diventa sorgente di dominio. Infatti, l’esperienza della mancanza e della fragilità non si risolve mediante una dilatazione indefinita del consumo: niente di quel che consumiamo è in grado di rimediare la strutturale 'mancanza' (bisogno) che caratterizza il modo umano di essere al mondo. Pretendere l’appagamento totale attraverso il moltiplicarsi indefinito dei consumi è un mito tecnocratico, che tuttavia continua ad essere riproposto. È infatti chiaro che la pretesa di ricorrere al consumo indiscriminato ha un costo umano, oltre che ambientale, di incalcolabile portata, che sempre meno può condurre all’appagamento e alla felicità, neppure a quella dei pochi che ancora ne beneficiano. In proposito Papa Francesco, nella 
  Evangelii gaudium,
 ha parole molto forti: «... si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri… La cultura del benessere cianestetizza » (EG 54). Il bisogno nella sua vera natura domanda di affrontare la questione cruciale del compimento dell’uomo.
  L’uomo non può far fronte ai propri bisogni se non in rapporto equilibrato col creato e con la mediazione del suo lavoro. Il lavoro, infatti, che dice l’insuperabile intreccio creato-libertà indica che il bisogno dell’uomo dev’essere pensato
 come fattore aperto che va oltre se stesso. Del bisogno di cibarsi l’uomo fa un’arte culinaria, del bisogno di vestirsi fa uno stile d’abbigliamento e di relazione sociale, del bisogno di ripararsi fa un sapere architettonico e un modo di trasformazione dell’ambiente... ecc.
  Questo rivela che l’uomo, in rapporto a specifiche situazioni di bisogno, non risponde mai solo con reazioni preordinate, ma è sempre, in qualche misura, teso al 'superamento', al 'progetto', sia mediante il lavoro, sia mediante l’attribuzione di significati culturali a ciò che egli stesso compie.
 
 Chi è l’uomo? Chi vuol essere l’uomo del terzo millennio?
 Interrogativi che implicano in ogni persona una duplice apertura.
  Da una parte, l’apertura propria di un’intelligenza inventiva, che plasma e trasforma in continuazione i profili e i contenuti dei bisogni. Emerge in questo modo la dimensione specificamente umana del lavoro.
 
 
D
all’altra, l’apertura di una dimensione che possiamo chiamare di
 desiderio, come il fattore che consente di riformulare continuamente i bisogni stessi. Qui si manifesta il 'proprio' dell’uomo. Egli possiede la facoltà di porsi, col desiderio appunto, al di là dell’ordine stesso dei bisogni, puntando a una condizione in cui tra l’essere nel bisogno e l’elaborazione dei bisogni vi sia un’ideale armonia. Una condizione che permette una pacificazione dinamica dell’io e della comunità. Infatti a muovere l’uomo (e solo l’uomo), nell’affrontare i suoi bisogni, è l’ideale del vivere in un modo equilibrato, integrato, giusto, pacifico.
  Per questo genialmente Agostino scrive: «
 In verità nutre l’anima solo ciò che la rallegra » ( Confessioni XIII, 27, 42). Ma è lo stesso Gesù ad educare i suoi discepoli alla percezione della misura compiuta del loro bisogno: « Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà » ( Gv 6,27). Il pane che l’uomo desidera è Dio stesso che si offre in dono. Solo così egli può essere definitivamente saziato. 
Card. 
Angelo Scola  Arcivescovo di Milano 

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