La Giornata internazionale del Volontariato che si è celebrata ieri è l’occasione per riavviare una riflessione sul senso dell’agire volontario (dove sta andando il volontariato?) oltre che sulla sua identità (qual è il genoma del volontariato?). Nel recente dibattito pubblico una certa confusione di pensiero ha generato e continua a generare non pochi problemi. Da un lato vi è chi vede nel volontariato un surrogato dell’azione degli enti pubblici, non più in grado di fornire servizi sociali alle fasce deboli della popolazione per le note ragioni di bilancio. Dall’altro chi pensa che il volontariato sia una forma di agire superata, ritenendo realtà come l’impresa sociale, la cooperativa sociale, o enti come le fondazioni capaci di fare di più e meglio ciò che le organizzazioni di volontariato hanno fatto finora.
Entrambe le posizioni sono errate, oltre che pericolose. La prima in quanto le forme di
surrogazione ad opera dell’ente pubblico rischiano di produrre una sorta di spiazzamento nel momento in cui il Comune decide di affidare un servizio al mondo del volontariato in virtù del fatto che la sua attività è gratuita per definizione. Così facendo si sottrae l’incarico a un altro soggetto non profit, qual è una cooperativa sociale, determinando una qualche forma di 'guerra tra poveri', col risultato peraltro di snaturare il ruolo del volontariato.
La seconda posizione pure è pericolosa, in quanto figlia di un nuovo funzionalismoche pone l’attenzione solo sulle conseguenze delle azioni, e non anche sulla loro motivazione. È vero infatti che un’impresa sociale è, in linea generale, più efficiente di una organizzazione di volontariato; ma ridursi a questa prospettiva significa accettare supinamente il mito dell’efficienza erigendolo a vitello d’oro dei nostri tempi. La vocazione propria del volontariato, infatti, lo conduce a svolgere più un’azione profetica nel senso preciso del termine. Profeta, cioè, non è colui che anticipa il futuro – questo scopo compete come è noto ai maghi e agli economisti! –, ma chi con coraggio e passione denuncia il presente. Ora, questa vocazione profetica del volontariato non può venire mai meno.
La seconda funzione del volontariato è di anticipare le modalità di soluzione dei problemi emergenti nella società. Il volontariato è il soggetto che più di ogni altro mette in pratica il principio di reciprocità, che corrisponde a un 'dare senza prendere' e a un 'prendere senza togliere'. Quando viene meno questa componente fondamentale alimentata dall’agire volontario, una società può dirsi prossima al declino, al collasso.
Quale che sia il giudizio sulla decisione della Consulta sulla legge elettorale, giudizio che sarà comunque possibile in forma compiuta solo dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, è evidente che, con un cambio repentino di paradigma, la Corte costituzionale ha ritenuto di aprire una crepa nel sistema istituzionale, imponendo al Parlamento di riempirla in tempi rapidi. Questa, qualsiasi cosa se ne pensi, è la situazione e a essa bisogna dare risposte, possibilmente non minimalistiche.
Un sistema elettorale deve promuovere la governabilità nell’ambito di un rispetto dei princìpi di rappresentatività. Il meccanismo attuale, nella concreta configurazione dei rapporti di forza, non garantiva né l’una cosa né l’altra. Ma neppure una legge che si limiti ad applicare pedissequamente le indicazioni della Consulta (quando saranno note), cioè che condizioni l’ottenimento del premio di maggioranza a un quorum minimo o lo abolisca lasciando solo il modesto effetto maggioritario delle soglie di sbarramento, e che introduca una preferenza, non garantirebbe affatto la governabilità e quindi una qualche forma di stabilità politica.
Resta, inoltre, in primo piano il problema della perfetta duplicità di Camere con il diritto di dare e togliere la fiducia all’esecutivo: problema antico la cui soluzione, che pare vada nel senso di un Senato delle autonomie, richiede una riforma costituzionale, con i suoi tempi e le sue procedure e anche la scelta tra ipotesi che possono oscillare tra il Senato americano e il Bundesrat tedesco, nella consapevolezza che anche questo organismo deve esprimere, in forma federale, la rappresentanza e la responsabilità nazionale. In sostanza, quel che si richiede è una costruzione nuova ma solida, non una legge elettorale e basta, non una manutenzione approssimativa delle crepe dell’edificio istituzionale. Chi pensa che questa attesa sia eccessiva ascolti la gente che ancora crede nella buona politica. E dia le risposte.
Un sistema elettorale deve promuovere la governabilità nell’ambito di un rispetto dei princìpi di rappresentatività. Il meccanismo attuale, nella concreta configurazione dei rapporti di forza, non garantiva né l’una cosa né l’altra. Ma neppure una legge che si limiti ad applicare pedissequamente le indicazioni della Consulta (quando saranno note), cioè che condizioni l’ottenimento del premio di maggioranza a un quorum minimo o lo abolisca lasciando solo il modesto effetto maggioritario delle soglie di sbarramento, e che introduca una preferenza, non garantirebbe affatto la governabilità e quindi una qualche forma di stabilità politica.
Resta, inoltre, in primo piano il problema della perfetta duplicità di Camere con il diritto di dare e togliere la fiducia all’esecutivo: problema antico la cui soluzione, che pare vada nel senso di un Senato delle autonomie, richiede una riforma costituzionale, con i suoi tempi e le sue procedure e anche la scelta tra ipotesi che possono oscillare tra il Senato americano e il Bundesrat tedesco, nella consapevolezza che anche questo organismo deve esprimere, in forma federale, la rappresentanza e la responsabilità nazionale. In sostanza, quel che si richiede è una costruzione nuova ma solida, non una legge elettorale e basta, non una manutenzione approssimativa delle crepe dell’edificio istituzionale. Chi pensa che questa attesa sia eccessiva ascolti la gente che ancora crede nella buona politica. E dia le risposte.
Nessun commento:
Posta un commento