venerdì 6 dicembre 2013

LEGGE SUL VOLONTARIATO UNA RIFORMA PROFETICA

La Giornata internazionale del Volontariato "Lettera al Paese per cambiare lo sviluppo"
La Giornata internazionale del Vo­lontariato che si è celebrata ieri è l’occasione per riavviare una ri­flessione sul senso dell’agire vo­lontario (dove sta andando il vo­lontariato?) oltre che sulla sua identità (qual è il genoma del volontariato?). Nel recente dibattito pubblico una certa confusione di pensiero ha generato e continua a generare non pochi problemi. Da un lato vi è chi ve­de nel volontariato un surrogato dell’azio­ne degli enti pubblici, non più in grado di fornire servizi sociali alle fasce deboli della popolazione per le note ragioni di bilancio. Dall’altro chi pensa che il volontariato sia una forma di agire superata, ritenendo realtà come l’impresa sociale, la cooperativa so­ciale, o enti come le fondazioni capaci di fa­re di più e meglio ciò che le organizzazioni di volontariato hanno fatto finora.
  Entrambe le posizioni sono errate, oltre che pericolose. La prima in quanto le forme di 
 surrogazione
 ad opera dell’ente pubblico ri­schiano di produrre una sorta di spiazza­mento nel momento in cui il Comune deci­de di affidare un servizio al mondo del vo­lontariato in virtù del fatto che la sua atti­vità è gratuita per definizione. Così facen­do si sottrae l’incarico a un altro soggetto non profit, qual è una cooperativa socia­le, determinando una qualche forma di 'guerra tra poveri', col risultato peraltro di snaturare il ruolo del volontariato.
  La seconda posizione pure è pericolosa, in quanto figlia di un nuovo
 funzionalismoche pone l’attenzione solo sulle conseguenze delle azioni, e non anche sulla loro motiva­zione. È vero infatti che un’impresa sociale è, in linea generale, più efficiente di una or­ganizzazione di volontariato; ma ridursi a questa prospettiva significa accettare supi­namente il mito dell’efficienza erigendolo a vitello d’oro dei nostri tempi. La vocazione propria del volontariato, infatti, lo conduce a svolgere più un’azione profetica nel senso preciso del termine. Profeta, cioè, non è co­lui che anticipa il futuro – questo scopo com­pete come è noto ai maghi e agli economi­sti! –, ma chi con coraggio e passione de­nuncia il presente. Ora, questa vocazione profetica del volontariato non può venire mai meno.
  La seconda funzione del volontariato è di anticipare le modalità di soluzione dei pro­blemi emergenti nella società. Il volontaria­to è il soggetto che più di ogni altro mette in pratica il principio di reciprocità, che corri­sponde a un 'dare senza prendere' e a un 'prendere senza togliere'. Quando viene meno questa componente fondamentale a­limentata dall’agire volontario, una società può dirsi prossima al declino, al collasso.
 
Quale che sia il giudizio sulla deci­sione della Consulta sulla legge e­lettorale, giudizio che sarà comunque possibile in forma compiuta solo dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, è evidente che, con un cambio repentino di paradigma, la Corte costitu­zionale ha ritenuto di aprire una crepa nel sistema istituzionale, imponendo al Parlamento di riempirla in tempi rapidi. Questa, qualsiasi cosa se ne pensi, è la si­tuazione e a essa bisogna dare risposte, possibilmente non minimalistiche.
  Un sistema elettorale deve promuovere la governabilità nell’ambito di un rispetto dei princìpi di rappresentatività. Il mec­canismo attuale, nella concreta configu­razione dei rapporti di forza, non garan­tiva né l’una cosa né l’altra. Ma neppure una legge che si limiti ad applicare pe­dissequamente le indicazioni della Con­sulta (quando saranno note), cioè che condizioni l’ottenimento del premio di maggioranza a un quorum minimo o lo abolisca lasciando solo il modesto effet­to maggioritario delle soglie di sbarra­mento,
 e che introduca una preferenza, non garantirebbe affatto la governabilità e quindi una qualche forma di stabilità politica.
  Resta, inoltre, in primo piano il proble­ma della perfetta duplicità di Camere con il diritto di dare e togliere la fiducia all’e­secutivo: problema antico la cui soluzio­ne, che pare vada nel senso di un Senato delle autonomie, richiede una riforma co­stituzionale, con i suoi tempi e le sue pro­cedure e anche la scelta tra ipotesi che possono oscillare tra il Senato americano e il Bundesrat tedesco, nella consapevo­lezza che anche questo organismo deve esprimere, in forma federale, la rappre­sentanza e la responsabilità nazionale. In sostanza, quel che si richiede è una co­struzione nuova ma solida, non una leg­ge elettorale e basta, non una manuten­zione approssimativa delle crepe dell’e­dificio istituzionale. Chi pensa che que­sta attesa sia eccessiva ascolti la gente che ancora crede nella buona politica. E dia
 le risposte. 

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