giovedì 5 dicembre 2013

La Luna di Galileo. La Chiesa che valorizza la scienza dentro la bellezza


Tra i simboli ricorrenti nelle nostre chiese uno dei più familiari è senz’ombra di dubbio la Luna che, col­locata sotto la Vergine Maria, campeggia indisturbata in mille affreschi, o statue o mosaici. L’astro argenteo che brilla di luce riflessa e non propria era conside­rato già nella tradizione ebraica simbo­lo del popolo di Dio, chiamato ad illu­minare il mondo offrendo il riflesso del­la luce purissima del Creatore.
  Nell’Apocalisse, la Chiesa è presentata come una donna vestita di sole, con la Luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle. Ben presto il sensus fidei del popolo di Dio ha riletto il simbolo alla luce del mistero della Vergine Maria, andando a influenzare tutta l’iconogra­fia legata alla Madonna. Le apparizioni della Virgen Morena di Guadalupe (1531) offrirono al mondo u­na comprova autorevole di questa rilet­tura popolare. Tuttavia, guardando a questo simbolo mariano, difficilmente si nota un fatto particolare: non sempre la Luna si trova nella medesima posi­zione.
 
 Nella Vergine di Guadalupe, come in al­tre immagini, la Luna è calante, (gobba rivolta verso il basso) segno della pu­rezza della Vergine che contrasta l’im­pero delle tenebre e sconfigge le resi­stenze a Dio; la si trova perciò nei dipinti devozionali, che rendono omaggio alla Madonna. In altre opere, invece, la Lu­na è crescente (gobba rivolta verso l’al­to) e indica il trionfo di Cristo sul male e sulla morte. Si tratta normalmente di pale d’altare poiché, durante la celebra­zione eucaristica all’elevazione dell’o­stia, l’astro veniva a significare l’irrag­giamento della stessa.
  La Luna ha segnato anche un passag­gio storico importante per la Chiesa. Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VIII, e Roberto Bellarmino, teologo e cardinale, avevano guardato con favo­re alle scoperte astronomiche di Gali­leo espresse nel
Sidereus Nuncius, tant’è che il Cingoli, artista noto nella Roma di allora, nel 1611, a un anno di distanza dalla pubblicazione dell’ope­ra dello scienziato, realizzò un affresco singolarissimo.
  Nella cupola della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, il pittore toscano, come ebbe a scrivere allo stesso Galileo lo scienziato Francesco Cesi, sotto l’im­magine della beata Vergine ha dipinto la Luna nel modo che da «Vossignoria è stata scoperta, colla divisione merlata e le sue isolette».
  Tale Immacolata, realizzata con il con­senso di papa Paolo V Borghese, non fu mai cancellata né nascosta sotto altra pittura, ma rimase lì a dimostrare l’in­teresse che, anche in tempi difficili, la Chiesa riservò alle scoperte della scien­za
 e della tecnica. Gloria Riva

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