martedì 10 dicembre 2013
CHI È TRAVIATO? E CHI È PURO?
"Essere amata amando". Trovare quell’amore «ch’è palpito dell’universo intero», «croce e delizia», dono di sé senza riserve. Un obiettivo elevato per una prostituta seppure d’alto bordo, come Giorgio Germont considera Violetta: è scarlatta la lettera che il suo vivere – e gli uomini che ne beneficiano – hanno marchiato sulla sua pelle, eppure nessuno di loro è candido come lei... Quanta modernità nell’opera che ha aperto la stagione della Scala: 160 anni fa Giuseppe Verdi aveva scardinato i pregiudizi e per questo era incorso nella censura. La sua Violetta per amore di Alfredo si era spogliata di ogni avere in silenzio, appagata, come ogni donna innamorata, di vedere il suo uomo contento. Per il suo bene aveva poi obbedito a Germont padre e accettato di uscire dalla sua vita, addossandosi la colpa di un tradimento inesistente. Una cosa sola gli aveva chiesto in cambio: che alla sua morte l’amato venisse a sapere della sua innocenza («conosca il sacrifizio ch’io consumai d’amore»). E alla fine, quando la tisi la uccide e i due Germont accorrono pentiti al capezzale, ancora il suo pensiero di donna va a lui: spòsati, gli dice, non pensare a me. Violetta è vittima dello stigma («alla misera ch’è un dì caduta, di più risorgere speranza è muta»), se lo stesso Germont ammira stupefatto la sua onestà ma poi il suo giudizio resta senza appello («ah, il passato, perché vi accusa!») e quindi senza Dio. Quel Dio da cui invece Violetta sente certo il perdono che gli uomini – gli stessi che frequentano la sua casa – non concedono («se pur benefico le indulga Iddio, l’uomo implacabile per lei sarà»).
Quante Violette riempiono oggi i nostri giornali, quanto forte è l’amore di cui le donne sono capaci, ma quante ancora soccombono minate nell’autostima («un giorno non sarai più bella e allora Alfredo...», insinua Germont), usate e gettate via da chi poi le giudica. Straordinaria la contemporaneità di Verdi: chi è davvero traviato? Chi puro? Per questo il regista Tcherniakov rappresentando nel primo atto una Violetta volgare e sguaiata cade nello stereotipo stantio che fu di Germont. Volendo 'rinnovare' Verdi, torna indietro di secoli. Lucia Bellaspiga
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