mercoledì 11 dicembre 2013
Schönborn: siamo minoranza ma abbiamo il ruolo del sale
Immagina un cardinale che va per stazioni del treno e del metrò a distribuire ai passanti «lettere d’amore di Dio». Per dire a ciascuno: «Tu sei la mia idea più bella, ti invito, incontriamoci di nuovo». Quel cardinale esiste davvero. È l’arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn. Che ieri mattina ha incontrato nel Duomo di Milano 1.200 preti ambrosiani, invitato dal cardinale Angelo Scola a parlare di nuova evangelizzazione nella metropoli. In una società radicalmente secolarizzata. Schönborn, così lo presenta Scola, è un «testimone privilegiato» della «travagliata storia d’Europa, delle sue ferite e delle sue speranze». Quante ferite, a segnare la carne della Chiesa di Vienna, col calo incessante dei fedeli, le contestazioni, gli scandali... «Eravamo Chiesa di Stato. Imperiale. Ora siamo Chiesa umiliata, addolorata, povera. Ma è in questa realtà che il Signore ci chiama alla missione – scandisce l’arcivescovo –. Dobbiamo concentrarci non sui problemi, ma su ciò che Dio compie fra noi». Schönborn addita l’esperienza delle assemblee diocesane: «Il cristianesimo è comunità di racconto. Dobbiamo riscoprire il racconto vicendevole dell’opera di Dio nella nostra vita, nello stile dell’accoglienza, dell’ascolto, della preghiera ». A fare da bussola, gli Atti degli apostoli. «Che abbiamo meditato nello stile della lectio divina, che voi milanesi avete imparato dal cardinal Martini, e che per Benedetto XVI alimenta il rinnovamento della Chiesa. Non guardate alla zizzania ma al buon grano, come dice il cardinale Scola nella lettera pastorale Il campo è il mondo.E su questa base rapportatevi agli uomini».
Schönborn si è detto «deluso» dal Sinodo sull’evangelizzazione: «I vescovi, nei loro discorsi, hanno appiccicato l’etichetta evangelizzazione a tutto quello che già si fa». Ma a identificare l’evangelizzazione «è una gioia speciale, indimenticabile. Van bene i libri, twitter e facebook, ma è nell’incontro faccia a faccia che Cristo opera l’evangelizzazione attraverso di noi». Papa Francesco «ci invita a cambiare lo sguardo. A non rinchiudere le persone dentro le caselle. È il caso, fra separati, divorziati, risposati, di tante famiglie patchwork di oggi. Come realizzare un’alleanza tra la verità che libera e salva e la misericordia? Ecco la grande sfida della nuova evangelizzazione ». E qui Schönborn cita il caso, accaduto nella sua diocesi e che ha fatto il giro del mondo, del giovane omosessuale eletto in un consiglio parrocchiale. «Un ragazzo che partecipa alla Messa, suona l’organo in chiesa. Ho voluto incontrare quel giovane e l’uomo che vive con lui. Ho visto due persone pure, anche se la loro convivenza non è nell’ordine della creazione. Non sono d’accordo col matrimonio gay. Ma ho deciso di non annullare l’elezione di quel giovane ». La nuova evangelizzazione, ha concluso Schönborn (che a sera in Duomo ha incontrato i laici) si basa su cinque sì: «Sì al nostro tempo, senza nostalgia del passato: Dio ama il mondo d’oggi. Sì, consapevole e deciso, alla situazione della Chiesa d’oggi. Sì alla nostra comune vocazione di battezzati, nell’amicizia tra preti e laici. Sì ad una Chiesa che impara passo passo ad essere dentro una diaspora feconda, dove ciascuno di noi vive la fede non solo per sé ma anche per gli altri, e dove i cristiani sono una benedizione per tutta la città. Sì, infine, al nostro ruolo nella società: siamo minoranza – in politica non possiamo imporre leggi nel rispetto del diritto naturale – ma abbiamo il ruolo del sale. E quanto più la rete sociale si fa fragile, quanto più è preziosa l’iniziativa delle nostre parrocchie e associazioni per i più deboli».
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