lunedì 2 dicembre 2013

Il Papa nella chiesa di borgata tra senza casa e disoccupati

Nella chiesa di  Borgata il Papa ascolta i fedeli

La visita di Francesco in un quartiere popolare di Roma, come faceva a Buenos Aires

L’importanza di chiamarsi Francesco. Doveva essere una visita «di 
routine» ad una parrocchia della periferia romana e invece l’ex presule 
delle favelas argentine l’ha trasformata in un’inchiesta sociale, in un 
viaggio nella crisi e nell’emarginazione. 
Come il santo da cui ha preso il nome, Bergoglio affronta il lupo di 
Gubbio invece di rinchiudersi in sagrestia, di rifugiarsi nel sacro. 
Tor Sapienza è una Babele secolarizzata e impoverita. «Due ore al 
freddo per ascoltare il Papa: finora se me lo avessero proposto avrei 
pensato ad uno scherzo - ride Angelo Giordani, infermiere  
quarantenne davanti a San Cirillo Alessandrino -. Sono venuto qui 
perché c’è rimasto solo  Francesco ad opporsi alle ingiustizie e non 
me ne sono pentito. Riesce davvero a scaldare il cuore con parole 
semplici e profonde». Eppure la distanza da piazza San Pietro alla 
borgata pasoliniana sarebbe un salto nel buio per chiunque altro. 
«Non viene per farsi acclamare ma per confrontarsi con noi- evidenzia 
Silvia Simonetti-. Si vede subito da come cerca il contatto con i fedeli. 
Non vuole sorrisi di circostanza, legge nello sguardo lo stato d’animo, 
le preoccupazioni, le angosce, le attese. Nulla di ciò che affligge la 
gente gli è estraneo». Se il «pastore deve avere l’odore delle pecore»,
qualunque filtro diventa un ingombro. E così il Pontefice azzera i 
formalismi e accetta il dialogo su ogni fronte . Quando sente il grido 
di chi protesta a gran voce per il diritto alla casa, rivoluziona il 
protocollo, manda il fidato Domenico Giani in mezzo al picchetto 
delle bandiere rosse e in un attimo improvvisa un incontro con una 
delegazione dei manifestanti anti-sfratti. Una dopo l’altra prende di 
petto le emergenze di uno degli angoli più degradati della capitale. 
Chiede di parlare con i disoccupati, i malati, i senza tetto. 
Risponde alle domande dei bambini del catechismo sulla sua 
giornata-tipo, sull’emozione provata al momento dell’elezione, sui 
problemi da risolvere in Vaticano. «In queste occasioni Bergoglio 
fa il pastore non il maestro- evidenzia il teologo Gianni Gennari-. 
Vuole capire come sta la gente, in quali condizioni vive. Scende 
sul terreno concreto dell’esistenza e parla tenendo conto delle 
reali condizioni delle persone». 
Nonostante il vento gelido, il quartiere si mobilita per accogliere 
il suo vescovo: ne fa il portavoce e l’ interprete di istanze disattese 
dalle istituzioni. L’ingresso alla parrocchia è sovrastato da uno  
striscione: «Papa Francesco non c’è famiglia senza casa». In 
tanti premono sulle transenne, gli  animi si accendono. Chiedono 
di incontrare il Papa ma non figurano nell’elenco. Le forze  
dell’ordine proteggono con un cordone di sicurezza la moderna 
chiesa che spunta in una distesa  sterminata di palazzoni, cantieri 
perenni e sale bingo. Il gesto inatteso di Bergoglio cancella il 
protocollo e toglie d’impaccio gli organizzatori. Quindi ribalta il 
programma, osserva le ferite del  tessuto sociale, guarda negli 
occhi gli interlocutori, ammansisce gli inferociti. «Se qualcosa vi 
ha disturbato in questa visita, un eccesso di organizzazione, di 
sicurezza, di paura, sappiate che io non sono d’accordo, io sono 
con voi». Francesco unisce Vangelo sociale e spiritualità. La vita 
è un cammino, meglio camminare e magari cadere ma comunque 
incontrare Gesù. Il Papa commenta a  braccio le letture bibliche e 
amministra la cresima a nove ragazzi. «Si incontra Gesù anche se 
si è peccatori». Anzi «le persone che Gesù cercava di più erano i 
peccatori e la gente lo rimproverava, dicevano “questo non è un vero 
profeta, “guarda che bella compagnia che ha”. Tutti siamo peccatori
Gesù ci perdona». Raccomanda di «pregare per me perché ne ho 
bisogno». Con la stessa  schiettezza all’Angelus ha invocato farmaci 
gratis contro l’Aids affinché «ogni malato, nessuno escluso, possa 
accedere alle cure di cui ha bisogno». Nel buio squarciato dai 
lampeggianti della polizia, i fedeli sfilano lungo stradoni anonimi 
che scendono in via Prenestina. Nessuno appare deluso. 
I manifestanti anti-sfratti che poco prima respingevano ad insulti i 
cronisti, si abbracciano come per una vittoria. Cercavano una 
sponda mediatica alla loro battaglia, hanno trovato un alleato nel 
parroco del mondo. «Non siete soli».GIACOMO GALEAZZI

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