giovedì 12 dicembre 2013

Il dovere della gioia


C'è un dovere della gioia? Lu­nedì il vecchio di cui spesso parliamo se lo domandava mentre, recitando il Rosario, evocava ap­punto i Misteri della gioia. In seguito l’in­terrogativo gli è tornato, dentro una stretta della solita routine. E gli è venu­to da rispondere: la gioia è come il co­raggio del manzoniano don Abbondio, chi non ce l’ha non se la può dare. 

Anzi il coraggio, la cui dimensione naturale sta nei comportamenti, è più accessibi­le della gioia: che è un sentimento puro. Non basta dire, con la canzonetta dei nonni: oh, come son felice! Al più si può tentare di agirecome se si fosse felici, non lasciandosi paralizzare dalla tri­stezza e dalla depressione. Ma l’im­pressione poi è che non basti, che non ci venga chiesto solo questo. 
Che della tristezza e della depressione siamo chiamati a rispondere: che si tratti qua­si di peccati. Ma forse è sbagliato por­re così la questione. Se si vive in un cer­to modo, i giochi sono fatti: la conse­guenza è l’infelicità, appena soprav­vengono certi eventi e certe situazioni. Bisogna agire come si dice a monte: quando l’agire è ancora libero (ed è l’a­gire di cui si risponde). Giocando il massimo della nostra posta sul nume­ro sicuro: sul Qualcosa che non può mancarci, Dio. Ma dipende davvero da noi vivere di Dio ? Comunque, non è facile.  
Salvatore Mannuzzu

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