martedì 11 marzo 2014

I miei ottantacinque anni in cammino verso un ideale: seguire e portare Gesù

Caro direttore, 85 anni or sono, a Tronzano Vercelle­se dove si coltiva il riso, Rosetta Franzi in Gheddo, a mezzogiorno di quel 10 marzo 1929, mentre le campane della vicina chie­sa parrocchiale rintoccavano l’Angelus, da­va alla luce il suo primogenito, poi sacer­dote e missionario del Pime. Ringrazio il Signore di aver raggiunto questa terza età stando bene (con alcuni ine­vitabili acciacchi) e potendo ancora lavorare. Ringrazio an­che i miei genitori, i servi di Dio Rosetta e Giovanni, che hanno trasmesso a me e ai miei fratelli (Francesco 1930, Mario 1931) la fede e tanti buoni esempi di vita cristia­na, pregando anche per la mia vocazione sacerdotale; e poi i tanti preti e laici che mi han­no educato, a Vercelli e al Pime di Milano. Un grazie particolare è a padre G.B. Tra­gella, che mi ha orientato bene all’ideale missionario, al giornalismo a servizio del­l’ad gentes, al senso molto concreto di pre­ghiera, obbedienza, capacità di rinunzia, u­miltà, austerità di vita, concentrazione to­tale all’ideale… Oggi ripeto quanto dico spesso, parlando in pubblico. È bello fare il prete! Non per motivi 'esterni' (salute, soldi, fama…), ma perché mi sento sem­pre amato, protetto, perdonato e consola­to da Dio e posso ancora essere utile al prossimo.
  Quest’anno compio, dunque, i miei 85 an­ni di vita, e celebro i 61 di sacerdozio. I su­periori del Pime mi hanno destinato alla stampa e animazione missionaria, met­tendomi in condizioni di visitare molte missioni e situazioni ad gentes in tutti i continenti. Continuo, così, a rendermi con­to della verità di quanto diceva la grande Madre Teresa di Calcutta: «I popoli hanno fame di pane, di pace e di giustizia, ma so­prattutto hanno fame e sete di Gesù Cristo». La mia vita avventurosa l’ho raccontata in molti articoli e libri. Ai giovani in ricerca di qualcosa che riempia le loro giornate e ri­scaldi il loro cuore vorrei trasmettere que­sto: la vita è bella se ha un senso, uno sco­po, se è un cammino verso un ideale. La cultura del nostro tempo propone idea­li terreni, materiali, che esaltano e illu­dono per qualche anno, poi decadono e scompaiono: soldi, carriera, visibilità mediatica, sesso, gloria mondana, diverti­mento. Specialmente i gio­vani devono scegliere una meta precisa per la vita, da perseguire con spirito di sa­crificio e l’aiuto di Dio: allo­ra, non sono più sballottati da mille distrazioni, propo­ste, tentativi, illusioni. Per me l’ideale è stato seguire Gesù, l’unica passione di tutta la vita.
  Alcuni amici mi hanno telefonato: «Che re­galo possiamo farti per i tuoi sessantuno anni di sacerdozio?». Ho risposto con sin­cerità: «Pregate per me, dite qualche Rosa­rio, ascoltate una Messa e fate una Comu­nione per tutti i missionari e i loro popo­li ». Veramente la preghiera per l’amico, ol­tre che dare la vita, è il dono più grande che possiamo fare. Oggi vedo con chiarezza quello che ho sempre saputo: l’unica co­sa che mi occorre sempre più è l’amore e l’aiuto di Dio.
 

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