Caro direttore, 85 anni or sono, a Tronzano Vercellese dove si coltiva il riso, Rosetta Franzi in Gheddo, a mezzogiorno di quel 10 marzo 1929, mentre le campane della vicina chiesa parrocchiale rintoccavano l’Angelus, dava alla luce il suo primogenito, poi sacerdote e missionario del Pime. Ringrazio il Signore di aver raggiunto questa terza età stando bene (con alcuni inevitabili acciacchi) e potendo ancora lavorare. Ringrazio anche i miei genitori, i servi di Dio Rosetta e Giovanni, che hanno trasmesso a me e ai miei fratelli (Francesco 1930, Mario 1931) la fede e tanti buoni esempi di vita cristiana, pregando anche per la mia vocazione sacerdotale; e poi i tanti preti e laici che mi hanno educato, a Vercelli e al Pime di Milano. Un grazie particolare è a padre G.B. Tragella, che mi ha orientato bene all’ideale missionario, al giornalismo a servizio dell’ad gentes, al senso molto concreto di preghiera, obbedienza, capacità di rinunzia, umiltà, austerità di vita, concentrazione totale all’ideale… Oggi ripeto quanto dico spesso, parlando in pubblico. È bello fare il prete! Non per motivi 'esterni' (salute, soldi, fama…), ma perché mi sento sempre amato, protetto, perdonato e consolato da Dio e posso ancora essere utile al prossimo.
Quest’anno compio, dunque, i miei 85 anni di vita, e celebro i 61 di sacerdozio. I superiori del Pime mi hanno destinato alla stampa e animazione missionaria, mettendomi in condizioni di visitare molte missioni e situazioni ad gentes in tutti i continenti. Continuo, così, a rendermi conto della verità di quanto diceva la grande Madre Teresa di Calcutta: «I popoli hanno fame di pane, di pace e di giustizia, ma soprattutto hanno fame e sete di Gesù Cristo». La mia vita avventurosa l’ho raccontata in molti articoli e libri. Ai giovani in ricerca di qualcosa che riempia le loro giornate e riscaldi il loro cuore vorrei trasmettere questo: la vita è bella se ha un senso, uno scopo, se è un cammino verso un ideale. La cultura del nostro tempo propone ideali terreni, materiali, che esaltano e illudono per qualche anno, poi decadono e scompaiono: soldi, carriera, visibilità mediatica, sesso, gloria mondana, divertimento. Specialmente i giovani devono scegliere una meta precisa per la vita, da perseguire con spirito di sacrificio e l’aiuto di Dio: allora, non sono più sballottati da mille distrazioni, proposte, tentativi, illusioni. Per me l’ideale è stato seguire Gesù, l’unica passione di tutta la vita.
Alcuni amici mi hanno telefonato: «Che regalo possiamo farti per i tuoi sessantuno anni di sacerdozio?». Ho risposto con sincerità: «Pregate per me, dite qualche Rosario, ascoltate una Messa e fate una Comunione per tutti i missionari e i loro popoli ». Veramente la preghiera per l’amico, oltre che dare la vita, è il dono più grande che possiamo fare. Oggi vedo con chiarezza quello che ho sempre saputo: l’unica cosa che mi occorre sempre più è l’amore e l’aiuto di Dio.
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