Il tema di quest'anno - «Periferie dell'esistenza» - riprende uno dei temi proposti con maggiore frequenza da Papa Francesco nel suo magistero.
Il Pime Milano inizia il suo viaggio tre le “periferie dell’esistenza” perché «siamo chiamati – come ha scritto su Twitter qualche giorno fa papa Francesco – a diventare nel mondo un Vangelo vivente».
E le periferie non solo geografiche, ma esistenziali rappresentano il tema prescelto per il tempo della Quaresima dal Pime di Milano. «Verrà declinato attraverso differenti punti di vista, da quello di uno psicanalista, Massimo Recalcati che ci porterà alla periferia della nostra anima – ha spiegato padre Alberto Caccaro, direttore del Pime Milano ieri all’apertura del ciclo di incontri –, a quello di una poetessa, Mariangela Gualtieri, alla quale chiederemo di trovare parole nuove per esplorare l’interiorità e il mondo», fino al contributo di padre Ferruccio Brambillasca, missionario e grande conoscitore dell’Oriente (vedi box). Intanto l’altra sera, in via Mosé Bianchi a Milano, è stato Ernesto Olivero, fondatore del Sermig (Servizio missionario giovani), a mettersi per primo in cammino “Sulle strade dell’uomo”, portando nell’auditorium del Pime Milano una testimonianza autentica dei suoi 50 anni vissuti nel Vangelo.
«Se quando preghiamo, usiamo le parole “Padre nostro” – ha affermato Olivero in apertura dell’incontro, moderato dalla giornalista di “Mondo e Missione” Chiara Zappa –, allora, significa che neri, meridionali, tedeschi, francesi… sono tutti nostri fratelli e tutti siamo figli di Dio». È quello che accade dal 1964 all’Arsenale della pace, un’esperienza fondata sulla «bontà che disarma, l’imprevisto accolto, il diverso capito, l’io che è già noi, l’umiltà che costruisce». E di questa casa della speranza, intitolata all’arcivescovo torinese Michele Pellegrino («colui che ci ha riconosciuto quando ancora non sapevamo chi eravamo»), Olivero ha raccontato gli inizi difficili, abitando le periferie umane. O meglio, come ha sottolineato lui stesso: «Sono state le periferie a venire da noi, e tante volte ci siamo dovuti spostare, perché siamo stati cacciati. Ma non ci siamo mai sentiti perseguitati, abbiamo immediatamente sentito la protezione di Dio».
Oltre a Giorgio La Pira, ricordato per quella sua felice espressione «tramutare le armi in strumenti di lavoro» che tanto ha ispirato il Sermig (che ha trovato casa appunto nell’ex arsenale a Torino), un altra figura di riferimento citata da Olivero è quella di papa Paolo VI che lo incitò, assieme ai suoi giovani amici, provenienti da una terra di santi, a dare il via a una rivoluzione dell’amore.
Non è mancata una riflessione sui problemi che oggigiorno attanagliano i giovani: «La loro è la vera tragedia della nazione – ha affermato il fondatore dell’Arsenale della pace –. Chi parla a loro, deve essere un testimone e non un millantatore». La credibilità, dunque, come chiave per entrare nei loro cuori: credibilità che significa testimonianza nel vivere il Vangelo quotidianamente in «una Chiesa scalza». Eccolo, in un’espressione, il vero sogno di Olivero che tanto ricorda nello stile quella «Chiesa povera per i poveri», di cui parla papa Francesco.
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