venerdì 21 marzo 2014

Quaresima all’insegna delle periferie dell’esistenza



Il tema di quest'anno - «Periferie dell'esistenza» - riprende uno dei temi proposti con maggiore frequenza da Papa Francesco nel suo magistero.

Il Pime Milano inizia il suo viaggio tre le “periferie dell’esistenza” perché «siamo chiamati – come ha scritto su Twitter qual­che giorno fa papa Francesco – a diventare nel mondo un Vangelo vivente».
  E le periferie non solo geografiche, ma esi­stenziali rappresentano il tema prescelto per il tempo della Quaresima dal Pime di Milano. «Verrà declinato attraverso differenti punti di vista, da quello di uno psicanalista, Massimo Recalcati che ci porterà alla periferia della no­stra anima – ha spiegato padre Alberto Cac­caro, direttore del Pime Milano ieri all’aper­tura del ciclo di incontri –, a quello di una poetessa, Mariangela Gualtieri, alla quale chiederemo di trovare parole nuove per e­splorare l’interiorità e il mondo», fino al con­tributo di padre Ferruccio Brambillasca, mis­sionario e grande conoscitore dell’Oriente
 (vedi box). Intanto l’altra sera, in via Mosé Bianchi a Mi­lano, è stato Ernesto O­livero, fondatore del Sermig (Servizio mis­sionario giovani), a mettersi per primo in cammino “Sulle strade dell’uomo”, portando nell’auditorium del Pi­me Milano una testi­monianza autentica dei suoi 50 anni vissuti nel Vangelo.
  «Se quando preghiamo, usiamo le parole “Pa­dre nostro” – ha affermato Olivero in apertu­ra dell’incontro, moderato dalla giornalista di “Mondo e Missione” Chiara Zappa –, allo­ra, significa che neri, meridionali, tedeschi, francesi… sono tutti nostri fratelli e tutti sia­mo figli di Dio». È quello che accade dal 1964 all’Arsenale della pace, un’esperienza fonda­ta
 sulla «bontà che disarma, l’imprevi­sto accolto, il diver­so capito, l’io che è già noi, l’umiltà che costruisce». E di questa casa della speranza, intitolata all’arcivescovo tori­nese Michele Pelle­grino («colui che ci ha riconosciuto quando ancora non sapevamo chi eravamo»), Olivero ha rac­contato gli inizi difficili, abitando le periferie umane. O meglio, come ha sottolineato lui stesso: «Sono state le periferie a venire da noi, e tante volte ci siamo dovuti spostare, perché siamo stati cacciati. Ma non ci siamo mai sen­titi perseguitati, abbiamo immediatamente sentito la protezione di Dio».
  Oltre a Giorgio La Pira, ricordato per quella
 sua felice espressione «tramutare le armi in strumenti di lavoro» che tanto ha ispirato il Sermig (che ha trovato casa appunto nell’ex arsenale a Torino), un altra figura di riferi­mento citata da Olivero è quella di papa Pao­lo VI che lo incitò, assieme ai suoi giovani a­mici, provenienti da una terra di santi, a da­re il via a una rivoluzione dell’amore.
  Non è mancata una riflessione sui problemi che oggigiorno attanagliano i giovani: «La lo­ro è la vera tragedia della nazione – ha affer­mato il fondatore dell’Arsenale della pace –. Chi parla a loro, deve essere un testimone e non un millantatore». La credibilità, dunque, come chiave per entrare nei loro cuori: cre­dibilità che significa testimonianza nel vive­re il Vangelo quotidianamente in «una Chie­sa scalza». Eccolo, in un’espressione, il vero so­gno di Olivero che tanto ricorda nello stile quella «Chiesa povera per i poveri», di cui par­la
 papa Francesco. 


  

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