sabato 29 marzo 2014

LA POVERTÀ, ERGASTOLO EREDITARIO DA FERMARE


«I
l Papa ci invita a ricordarci dei poveri», ha dichiarato Obama. È un invito rivolto agli Stati Uniti, Paese leader del mondo, ma anche a tutti i Paesi della Terra. Perché tutti i Paesi governano senza pensare ai poveri. Un antico ministro delle Finanze francese lo dichiarò con una formula indimenticabile: «Io governo per i ricchi», «E noi poveri?», «Enrichissez-vous, arricchitevi, e governerò per voi». Il ministro è Guizot, la frase per cui sarà ricordato nei secoli è del 1840. In sostanza: se non governo per voi, la colpa è vostra. La vita è una gara dentro la società, ognuno è contro tutti, chi merita vince. Questa formula si è corrotta in un’altra: chi vince vuol dire che merita, chi non vince vuol dire che non merita. C’è chi ha fatto di questa formula un cardine: le cose ti vanno bene?, vuol dire che Dio è con te. Gli antichi Greci estendevano questo principio fino al tempo anteriore alla nascita: sei nato cieco?, avrai qualche colpa, tu non lo sai ma gli dèi sì, perciò ti puniscono. Vale la pena nascere in una vita così stabilita dagli dèi? Il Cristianesimo è venuto per dire di no, il male è ciò che uno vuole sapendo di volerlo. Se lo fa senza saperlo e viene punito, la vita non merita di essere vissuta. Lo diceva Edipo in Sofocle: «La sorte migliore per l’uomo è non nascere, ma se ormai è nato la sorte migliore è morire subito». Nel Cristianesimo ognuno ha nella vita un dono e deve lavorare affinché sia un dono anche per gli altri. La vita è un bene se è una spartizione dei beni, e in questa spartizione non ci devono essere sperequazioni. È questo ciò che chiede il Capo della massima istituzione morale della Terra al capo della massima potenza della Terra: «Eliminare le sperequazioni». La politica non lavora per questo, quindi questa non è una richiesta politica, è una richiesta non-politica. Nemmeno la cultura lavora per questo: chi ha un atteggiamento conquistatorio e aggressivo in asilo nelle scuole medie all’università e poi in carriera, in famiglia e nella società, la nostra lingua dice che è “motivato”, e se uno crolla nella gara della competizione e non ce la fa più a correre e si siede ai margini della pista, la psicanalisi lavora per rimetterlo in pista e fargli riprendere la gara. Nella gara c’è un senso, nel lavoro c’è un senso, ma anche nei lamenti di coloro che si sentono esclusi c’è un senso, e bisognerebbe ascoltarli. Non è giusto e non è inevitabile che in una società ci siano i troppo ricchi e i troppo poveri. Andare al governo accettando pregiudizialmente questa sperequazione, vuol dire non fare politica, perché la politica non è conservazione ma cambiamento. Nell’incontro Papa­Obama, il non-politico ha chiesto alla massima autorità politica di fare il massimo cambiamento. Qualcuno diceva: la povertà è un crimine che si sconta con i lavori forzati a vita. Cioè l’ergastolo. Ma la povertà non è soltanto questo. Poiché miliardi di uomini la ereditano, qui c’è un ergastolo ereditario: miliardi di uomini nascono e son già in catene. 

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