domenica 30 marzo 2014

Omelia di don Carlo Venturin 4^ di Quaresima – 30/3/2014


Es 34, 27-35,1    Mosè toglie il velo della cecità davanti al Signore
Salmo 36             “Signore, nella tua luce vediamo la luce”
2 Cor 3, 7-18       Vedremo ( non più ciechi ) Dio faccia a faccia
Gv 9, 1-38           La dinamica per credere-vedere

                              Osea 2, 16: “Ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore”
                     Il cieco vedente, i vedenti ciechi: dinamiche opposte sulle strade del mondo

Nel grande affresco del Vangelo di Giovanni, in un riquadro, viene rappresentata una strada frequentata da mendicanti e passanti frettolosi, come tante nostre strade: Gesù è fra questi con i discepoli. Nelle altre Domeniche il Maestro fu dipinto nel deserto, ma i suoi non erano presenti; poi al pozzo, solo, con una donna eretica e poligama, i discepoli, come il diavolo, si erano preoccupati del cibo materiale; poi nel Tempio, ma i credenti in Lui, polemici e legati a forme rituali inveterate, impongono la tradizione e tentano di ucciderlo. Oggi la domanda dei suoi riguarda l’origine del male: “Chi ha peccato, Lui, o i suoi genitori?” Gesù non si avventura in una discussione sterile, ma si occupa del cieco nato, il non vedente.

La descrizione nell’affresco è complessa, con coprotagonisti dai caratteri contrastanti: i discepoli, Gesù, il cieco, i mendicanti, i farisei, i genitori, il “vis- a- vis” finale tra il neo vedente e “l’oculista” miracoloso. Il quadro si ravviva a seconda dei personaggi di turno: i dubbi e le certezze dei compagni di accattonaggio, la paura dei genitori di essere estromessi dalla comunità, ma anche, forse, dalla mancata entrata della elemosina, gli arroganti e supponenti detentori della “verità”, la pacatezza del miracolato, che racconta senza cadere in contraddizioni.

  Se si approfondisce lo sguardo all’interno del racconto, si scopre il percorso divergente dei protagonisti. L’anonimo cieco (siamo tutti noi?) che gradualmente si muove dalla cecità alla LUCE. Ciò avviene perché è “tenuto per mano” dal possessore della luce, il quale compie gli stessi gesti di Dio, quando creò il mondo e invita a lavarsi nella piscina-Battistero di Siloe, “che significa INVIATO” - l’Inviato è Gesù - così vede la luce: “Nella tua luce vediamo la luce”; è percorrere la via verso l’aurora splendente: l’affresco luminoso. Ora l’ex cieco “VEDE” Gesù nella sua totalità: un uomo chiamato Gesù mi ha donato la vista, poi “il Figlio dell’Uomo”, “ il Signore”, infine l’adorazione; Gesù ora è tutto per Lui.
Gli altri vedenti vanno a ritroso: con arroganza affermano di sapere tutto “Noi sappiamo”, tu “sei nato tutto nel peccato” (il buio pesto dei sedicenti professionisti della verità: non c’è maggior cieco di chi non vuole vedere). L’affresco ora è avvolto da semioscurità: da vedenti a non vedenti “noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”.

Nel racconto vi sono alcuni passaggi:
ü Il dramma della persona che soffre, vittima del pregiudizio di tutti, a cominciare dai discepoli; vittima della “legge”, abbandonata a se stessa, senza difesa da parte degli intimi: “ha l’età, chiedetelo a lui”.
ü L’accoglienza della luce: le sue risposte sono semplici e precise, nonostante i tanti interlocutori; lascia che Gesù agisca su di lui, esegue le sue indicazioni, testimonia con candore ciò che gli è accaduto. Nessuna ombra, nessun dubbio: “quell’uomo viene da Dio”; non solo quella fisica ma anche le sua vita interiore viene illuminata: “credo, Signore”.
ü Il dono della salvezza. Davanti a “Io sono la luce del mondo” i comportamenti sono diversi, opposti: il cieco-vedente accoglie con fiducia; altri si chiudono con il “Noi sappiamo”; altri hanno paura delle conseguenze negative, altri incerti sulla vera identità del miracolato; i discepoli, che avevano provocato la risposta di Gesù, sono spariti: a quale categoria  noi apparteniamo? Se siamo “vedenti”, l’anonimo dell’elemosina diventa indicazione per noi, anche con passaggi dolorosi: per la sua testimonianza viene espulso dalla Sinagoga, dalla società, da tutti, neanche l’elemosina sarà lecita. E’ l’anticipo di quel che capiterà a Gesù.
ü Gesù non e il solo protagonista, spedisce il cieco alla piscina: ha un itinerario da compiere, con passaggi dolorosi.
ü Gli ostacoli sono evidenti nel dialogo con i genitori, non hanno coraggio, neanche manifestano gioia per il figlio ora guarito; sono occupati a non subire conseguenze: se ne lavano le mani.
ü L’incontro con Gesù avviene proprio quando è emarginato da tutti: è un isolato, fragile; ma si fida: “Io credo, Signore”. Le domande dei farisei sono volte a screditare Gesù, anche in questa occasione, senza neppure l’ombra dei suoi discepoli. Il miracolato ora non ha paura del futuro. Ora con la nuova vista sa riconoscere le persone, la Verità. Gli occhi della fede ora non hanno incertezze. Il buio fitto cede il posto alla luce: “nella tua luce vedo la luce”, il nuovo itinerario, posso decifrare la realtà inedita. La guarigione fisica porta alla relazione che cambia la sua condizione.
ü Il finale è amaro, un monito a noi vedenti o no. Gesù constata una realtà drammatica: quelli che non ci vedono, grazie a lui diventano vedenti, capiscono l’incredibile; altri che ci vedono o ritengono di vedere (“Noi sappiamo”) cadono nella cecità completa, non vedono se non se stessi e le proprie teorie. La domanda di costoro è allarmante: “Siamo ciechi anche noi?... siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane”.

Sulla tomba del Card. Martini, su sua indicazione, vi è la frase del Salmo 118: “Lucerna ai nostri passi è la tua parola”. Per noi ciechi-vedenti nell’oggi  è fede vissuta.



Don Carlo

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