giovedì 27 marzo 2014


di Mirella Poggialini Tra le fiction-tv che abbiamo visto di questi tempi, la più amara e straziante, nella scena oltre misura veristica in cui si vede un poveretto, reso folle dall’angoscia dei debiti cui non può far fronte, che si dà fuoco all’ingresso di una banca, cui si era rivolto invano per salvarsi dal fallimento. Momenti in cui lo spettatore resta bloccato dall’orrore, perché le immagini rimandano quello che di giorno in giorno appare nelle cronache italiane – se non è fuoco, è corda, arma da fuoco o precipizio – e che rimanda a una realtà in cui tutti, ormai, si sentono coinvolti. Poi la storia, Le due leggi , la cui prima puntata si è vista martedì sera su Raiuno, prende avvio seguendo la protagonista, la direttrice di una filiale bancaria che ha negato il prestito al suicida e poi, sconvolta, decide di esser generosa, malgrado le norme statutarie, e di prelevare dai conti più ricchi per dar sollievo ai più poveri.
  Scoperta, trova un accordo mellifluo con i suoi dirigenti, ma poi si consegna alla giustizia per affrontare il giudizio. Elena Sofia
 Ricci dà un forte risalto alla personalità della donna, che vive anche la crisi esistenziale di un marito che la tradisce e di una figlia che non la ama: il che dà alla storia, seguita nella prima puntata da 4.614.000 spettatori, share 17,01%, una forte carica di attrazione. Al di là di questo, resta la perplessità per un ritardo della proposta in tv già annunciata, legato – è stato precisato – da una coincidenza non prevista fra il titolo di una società citata nel film e quello di un ente omonimo realmente esistente: e dopo la proiezione ci sono state proteste, da parte della presidenza dell’ABI, circa il riferimento, per fatti narrati, a una impresa tedesca, che diviene italiana nella sceneggiatura. Ma appare evidente quanto i suicidi per debiti si moltiplichino anche da noi, e la fiction di Raiuno va giudicata per quel che racconta più che per i riferimenti di cronaca: in attesa, comunque, di uno svolgimento nel quale, si immagina, la protagonista dovrà affrontare un giudizio ove non sarà giudicata lei soltanto, ma tutto un sistema che coinvolge con ampia polemica il sistema bancario e le sue carenze anche in Italia. E se si immagina che Adriana Zanardi, la direttrice implicata, risulterà alla fine vittima lei stessa di un andazzo in cui truffe e complicità sono nascoste ma diffuse, ma non punite, la fiction avrà assunto, con il suo pessimismo, il tono di una evocazione di male rivolta al desiderio di bene, in cui ognuno ritroverà qualcosa della realtà quotidiana. 

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