giovedì 27 marzo 2014

VASCO CANTA IL NULLA E (FORSE) L’ANTIDOTO di Davide Rondoni



Per fortuna ci sono i cantanti (e i poeti). Che trovano l’essenziale di un’epoca. Non lo trovano sui giornali del mattino. E nemmeno nel talk show della sera. Lo trovano sulla loro pelle.
  Marchiato spesso da vicende dure. O da contraddizioni micidiali. Non ne fanno materia di dibattito.
  Portano in giro questo essenziale dell’epoca come una ferita. Colpendo per la forza e la autenticità senza difese con cui – almeno nell’opera d’arte – lo dicono. E così succede a un artista che mi ha sempre accompagnato, Vasco Rossi. Si scandalizzò più di qualche benpensante quando una sua citazione si affiancava a quella di don Giussani in un mio libro di poesia. Non capivano evidentemente né l’uno né l’altro. E ora la canzone ('Dannate nuvole') con cui il rocker di Zocca, una delle poche voci veramente originali di una scena musicale italiana troppo debitrice a usi stranieri o a mode passeggere, attraversa la primavera e le radio grida una domanda. «Quando mi viene in mente che non esiste niente Solo del fumo, niente di vero / Niente dura niente, dura e questo lo sai / Però tu non ti arrenderai / Chissà perché».
  Ecco l’essenziale della nostra epoca. Una convinzione intellettuale ormai entrata come quasi indiscutibile nella modo dominante di considerare l’esistenza (solo fumo, niente di vero, niente dura niente) trova una strana misteriosa contestazione in qualcosa del nostro essere.
  Qualcosa che non ci sta. Ci abita questa profonda contraddizione. Che un tempo era messa a fuoco solo dai grandi poeti e artisti (si pensi a Leopardi, per il quale l’uomo è «quasi nulla»). Che oggi è ripetuta dai cantanti di successo e dalle radio e dai video ovunque. Tutto è niente, ovvero non c’è un valore reale, sostanziale delle cose, delle situazioni, dipende tutto dal punto di vista. Dall’interesse momentaneo con cui le si tratta. E dunque non c’è nemmeno un valore assoluto della vita, o dell’amicizia.
  Niente dura niente, dice Vasco. In fondo alla vita c’è un nullificarsi di ogni cosa, come vogliono dimostrare da tempo filosofi (e no), come diceva Montale, molto attenti a predicare il nulla a riguardo di ogni realtà, «eccetto le loro cattedre» o i loro editoriali, che invece sono beni sostanziosi da difendere a ogni costo. Ma, come canta Vasco con una serietà maggiore rispetto a certi benpensanti, c’è qualcosa dentro il nostro essere, nel fondo della nostra stessa natura umana che non si allinea a questo modo di pensare.
  Si badi, a differenza di tanti maestri del nulla e del relativismo, Vasco non si appella al fatto che ci siano dei cosiddetti 'valori' importanti che contraddicono il nulla.
  Non si tratta dunque di fare appello a valori morali che resistono come importanti e duraturi dentro la nientificazione dell’esistenza. Vasco no, non cede alla finta consolazione che ci possono essere dei valori che, se la vita è nulla, restino importanti, sospesi o sostenuti da una volontà morale o sociale. Lui, come tanti, sa che potrebbe trattarsi di una ennesima illusione. A un altro livello, inspiegabile( quel «chissà perché» ripetuto alla fine), insorge la contraddizione al pensiero della mente nichilista. Qualcosa che viene prima e che può eventualmente fondare valori sempre antichi e nuovi. Un livello di quel che Leopardi chiamava il «mistero eterno dell’esser nostro».
  Come se qualcosa che è più forte delle acquisizioni della mente, più forte del pensiero dominante, più indomabile delle nostre abitudini, insorgesse a riaprire sempre la partita. No, non è detto che la vita sia niente. Ne ho avuta un’altra impressionante documentazione ricevendo migliaia di poesie di gente di ogni parte d’Italia che ha risposto a un concorso di poesia indetto dalla popolare trasmissione pomeridiana di Rai 1 'La vita in diretta'. Nella stragrande maggioranza di quei testi, spesso impacciati o goffi dal punto di vista artistico, vibra però la stessa domanda della canzone di Vasco. Davanti alle vicende della vita – amori, morti, nascite, incontri, ricordi – non tace, non può tacere una domanda di senso, di significato. Una selvaggia, confusa ma indomabile contraddizione al pensiero dominante che vorrebbe indicare il nulla come unico destino della vita e un assoluto relativismo come unico modo di pensare. Questo è il segno duro e drammatico della nostra epoca. Qualcuno ce lo mormora, qualcun altro ce lo grida, uno lo sta cantando.
 

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