mercoledì 19 marzo 2014

«Chi è oggi per noi don Giussani?»

Le presentazioni della biografia del fondatore di Cl continuano nel Milanese. Dai canti nel centro di Cambiago ai giovani senegalesi fuori dalla messa. Tutto per invitare a incontrare un uomo che «ha vissuto intensamente il reale»
Settecento persone in un teatro da queste parti non si erano forse mai viste. Non c'è neanche una sala così capiente. E, infatti, ce ne sono volute due, di sale, a Cernusco sul Naviglio, zona Martesana appena a Est di Milano, per contenere la gente venuta a incontrare la Vita di don Giussani presentata dall'autore, Alberto Savorana, e dal sociologo Mauro Magatti dell'Università Cattolica. 
Settecento persone, e per tutto il tempo - un'ora e tre quarti - non volava una mosca: e non per sopravvenuta sonnolenza, che non di rado fa rima con conferenza, ma per colmo di interesse e di stupore. Apprezzatissimi entrambi i relatori, e non per modo di dire. Bravi loro, ma conta molto anche come ci si arriva a questi eventi. Se hai nel cuore l'attesa o se dai tutto per scontato. Se senti l'occasione buona per te (e quindi per chiunque) o se reggi una cosa in più da fare, tra le tante…

La preparazione è partita da lontano: le cose ben fatte non si improvvisano all'ultimo momento. I centri culturali della zona - praticamente ce n'è uno per ogni paese: Cernusco, Gessate, Gorgonzola, Cambiago, Carugate, Melzo, Cassano… - si sono messi insieme per realizzare l'impresa. Trattasi di gente che se si è buttata nel lavoro culturale non per una fissa da eruditi, ma per una passione assimilata da don Giussani stesso, la passione per la cultura come coscienza dell'esperienza e quindi come dimensione essenziale del cristianesimo.
Primo bel segnale, il cartellone 6 x 3 collocato nel mezzo di una rotonda strategica, passaggio obbligato per chi arriva uscendo dalla tangenziale est (e viceversa) e per chi raggiunge i plessi scolastici. I centri culturali non hanno tanti soldi, ma la c'è la Provvidenza e un buon imprenditore cernuschese ha detto ghe pensi mì. L'idea del cartellone è venuta vedendo sul sito la foto di qualcosa del genere fatta per una presentazione a Reggio Emilia.

Settecento persone in questa area vuol dire, a spanne, un rapporto ciellini/resto del mondo di 1 a 3. I numeri non sono il valore delle cose, ma, in un caso come questo, un discreto indicatore di missionarietà. E, infatti, l'azione più antica, scontata e a volte mal sopportata dal militante, che è il volantinaggio, si è trasfigurata in gesto convinto e creativo della persona. Ci si era anche richiamati, in corso d'opera: «Attenti a non svilire l'esperienza al rango dell'attivismo». Ricevuto.
A Gessate hanno volantinato sotto la pioggia festiva alle messe e sotto il sole feriale davanti alle scuole. «Prima sorpresa», racconta Luisa, insegnante, quattro figli: «Giussani lo conoscevano tutti. Di nome, s'intende. Molti ci hanno chiesto perché facevamo questa iniziativa». Cosa avete risposto? «Che Giussani ci è padre e noi indegni figli; che leggendo il libro scoprivo cose mai sapute, dimensioni affascinanti e impreviste di quell'uomo. E ho invitato a condividere con me questa scoperta». «È stato bello vedere», aggiunge Giusy, infermiera e madre di famiglia, «come ognuno di noi raccontava con naturalezza come l'incontro con don Giussani gli aveva cambiato la vita, il modo di vivere la famiglia, il lavoro, tutto». E con chi rifiutava il volantino (perché ce n'è sempre di quelli che fanno così…)? Luisa: «Mi veniva su dal profondo, così: "Signore, tu hai a cuore tutti, fa che un giorno questo qui ti incontri"». Combinazione, Carlo Pastori è da qualche mese direttore artistico di GessaTeatro. «È stato bravo», racconta Grazia, architetto, «a comunicare agli spettatori l'appuntamento con la A maiuscola». Parroco, sindaco, autorità hanno avuto il libro in omaggio, e «ne è valsa la pena, anzi dovevamo regalarne di più», è la considerazione di molti, «perché ogni libro omaggiato è stato occasione di incontro e di spiegazione».

Libri omaggiati anche a Cambiago. Anche al medico condotto, o di base, o di medicina generale, o come diavolo si dice adesso, hanno regalato il libro. «Medico libanese», spiega Tiziana, madre di famiglia e giovane nonna, animatrice di parrocchia e oratorio, «felicissimo di ricevere questo libro perché ricordava bene che da giovane profugo-universitario aveva trovato accoglienza solo da quelli di Cl». L'università di quei tempi, intesa come clima cultural-politico dominante, faceva rima con al-fathà (vincerà) e guardava i cristiani maroniti come cani rognosi.
Chi avesse passeggiato, la domenica mattina, sulle vie lastricate del centro di Cambiago, avrebbe sentito in lontananza strani canti fatti in coro. «Nella casa sulla montagna un signore grande grande sta… pim pam, le scarpe pim pam….», e poi: «In Bassa io vado, io vado allegramente, e sono più felice di un grande presidente…» e poi, il colmo, «Hoy cantaré, cantaré mi vida o mi muerte. Hoy arriesgaré, arriesgaré toda mi suerte. Hoy annunciaré, annunciaré que El sigue presente». Lo stesso viandante che avesse seguito quel suono per risalirne alla fonte avrebbe trovato un aperitivo offerto dai coristi sotto un gazebo in mezzo alla piazza centrale e l'invito alla serata.

«La creatività ci è venuta fuori da un entusiasmo», racconta Tiziana. «Ci siamo guardati chiedendoci: chi è stato, e chi è oggi per noi don Giussani e l'esperienza che ci ha trasmesso? La risposta è: vita cambiata. Anche il centro culturale, o il banco di solidarietà, sono nati tra noi per il contagio della sua brama di vita e della sua passione per la realtà». «Un'amica catechista cui avevo regalato il libro», continua Tiziana, «mi ha mandato un messaggio: "Non posso venire all'incontro di Cernusco, ma ho cominciato a leggere il libro… grazie della testimonianza che siete". Un'altra, con cui avevo molto insistito, ha invece respinto l'invito. Ci sono rimasta male, naturalmente. Poi ho pensato: come è vero che tutto si gioca nella libertà, non nella nostra riuscita. Le ho mandato un sms: "Giussani ha amato la nostra libertà più di ogni cosa. Sii te stessa, fino in fondo"».
Torniamo a Cernusco e questa volta a volantinare davanti alla chiesa c'è una squadra di marcantoni senegalesi sui 20-30 anni. Ciellini d'importazione? No. Amici. Squadra è la parola giusta, perché l'amicizia «è nata da un incontro casuale (di quelli che magari si cerca di evitare….) sul sagrato, ma si è cementata sul campetto di calcio», racconta Piergiorgio, altro architetto, padre di famiglia ed esterno destro. Parafrasando un celebre motto dei Banchi di Solidarietà, si potrebbe dire «condividere il pallone per condividere il senso della vita». È una strada: i ragazzi senegalesi non hanno capito ancora gran che della Cielle, ma per un'amicizia non banale hanno voluto volantinare.

Libertà, imprevisto, domanda, sorpresa, incarnazione, sono alcune delle parole chiave dell'evento martesano dell'anno. Forse libertà è la parola che ha colpito di più il pubblico. Ecco qualche passaggio, ricopiato paro paro da un quaderno di appunti (e qui riportato senza naturalmente impegnare la responsabilità dei relatori).
Magatti dice di aver accostato il libro con una domanda dentro: come è stato possibile lo svilupparsi del movimento? «Avevo il desiderio di capire questo fenomeno, questo accadimento, le scintille che hanno acceso questi processi. La prima cosa che ho notato è che le figure più interessanti della Chiesa italiana negli ultimi 150 anni sono dei preti, come dire?, ordinari, che non hanno avuto carriere: don Giussani, don Milani, don Mazzolari, don Sturzo su su fino a don Bosco».

L'autore del libro, portavoce di Cielle, ha collaborato da vicino con don Giussani per vent'anni. Bastano vent'anni per sapere chi è un uomo? Dice Savorana: «I cinque anni in cui ho provato a conoscere, capire e raccontare la figura di don Giussani (leggendo circa 50.000 pagine di documenti inediti) sono stati tutti per me l'occasione di una grande sorpresa. Anzitutto si è trattato di un'obbedienza a una richiesta, fattami da don Carrón: mai mi sarei sognato di fare un lavoro del genere, anzi quando morì don Giussani promisi a me stesso di non scrivere mai nulla su di lui, per senso di discrezione. Molto centrata l'osservazione di Magatti: Giussani prete ordinario. Sì, don Giussani, umile prete ambrosiano, ha compiuto un cammino di portata storica, semplicemente imparando da ciò che gli accadeva. Ha vissuto sempre intensamente il reale, e veramente non desiderava altro, gli bastava quello che aveva per fare la sua strada. Più sorprendente di così».

Magatti: «Il punto che ha colto con chiarezza don Giussani è che la fede nel mondo contemporaneo ha di fronte la sfida del nichilismo: la perdita del senso della realtà, considerata come un gioco a disposizione delle capacità manipolative del soggetto umano. Anche se la società italiana aveva antidoti maggiori di altre, occorreva attrezzarsi per la sfida».
Altro singolare tema di don Giussani, sempre per Magatti, è quello della libertà: «La società dei consumi prima, il Sessantotto poi, hanno posto con urgenza questo tema, ma don Giussani lo ha anticipato: vedeva come tra nichilismo e libertà si giocava il destino della fede e della civiltà occidentale. Ponendo l'accento sul soggetto, sull'io, don Giussani ha corso anche dei rischi, e di qui sono nate anche delle criticità col mondo ecclesiastico e con altre realtà cattoliche italiane. Connesso a questo è il tema dell'esperienza, dell'incontro. Il concetto di libertà come apertura, tipico della cultura contemporanea, può degenerare in fluidità senza legami, senza fedeltà. L'esperienza della fede in Giussani non è chiusura, ma apertura a ciò che non si conosce ancora, che però non si consegna al nulla del nichilismo. E ha capito dove si àncora questa apertura».

Nel libro di Savorana si legge del cardinal Martini che disse a Giussani: «Ogni volta che parli, ritorni sempre a questo, l'Incarnazione». È questo il punto chiave della visione di don Giussani? Savorana: «È il bel giorno di cui parla don Giussani. Il giorno in cui - dopo una fase di crisi in cui il seminarista tredicenne aveva trovato straordinaria sintonia con Leopardi, letto tutto e in gran parte imparato a memoria - il professor Gaetano Corti in classe presentò il Prologo del Vangelo di Giovanni spiegando: "Il Verbo si è fatto carne, cioè la Bellezza, la Giustizia, la Verità si è fatta carne". "L'istante da allora non fu più banalità per me", disse don Giussani. Tutto diventa segno, cioè fatto che introduce al rapporto col Tutto. Don Giussani, di fronte a ragazzi disarmati, mostrava la pertinenza della fede alla condizione esistenziale umana; lottò non con armi dialettiche, ma mettendo le persone in condizione di fare un'esperienza cristiana viva».

Magatti: «Nietzsche sfidò sua madre, donna di fede cristiana protestante, così: "Io so soltanto che io sono volontà di potenza, volontà di vita. Di questo sono sicuro. Voi cristiani parlate di amore, di fraternità, di giustizia: fatemele vedere; fatemi vedere sulla vostra faccia che siete salvati". Non possiamo sfuggire a queste domande, e non è possibile fare dei discorsi, la fede deve rispondere nella realtà. Non mi stupisce che la proposta di don Giussani abbia incontrato accoglienza in tutto il mondo, dato che si rivolge all'umano».
Savorana: «Per rispondere a Nietzsche l'unica modalità è l'incarnazione, cioè la testimonianza: che quella faccia ci sia e si veda. Giussani sapeva cogliere la portata delle sfide, il cuore del problema, e per questo ha costantemente e accanitamente lottato contro le riduzioni dell'esperienza del movimento, riconducendo all'entusiasmo per Cristo proprio dell'inizio. La fede non è punto di arrivo ma inizio del dramma: non essere mai tranquilli».

A cominciare da loro stessi, i relatori, che si sono messi in gioco, altro che star tranquilli! Savorana non si è accomodato sul suo già saputo, e per questo ha dato una svolta non da poco a cinque anni di vita. Magatti ha orientato sull'obiettivo di intercettare Giussani il proprio interesse personale e la propria elaborazione culturale, utilizzando in questo le competenze e gli stessi strumenti scientifici che gli sono peculiari. Tecnicamente - dico tecnicamente - questo fenomeno si può definire con-versione.

All'uscita ecco Luisa: «È un periodo che sono alle prese con mille impegni, la scuola, il Donacibo, il centro culturale, un figlio che si sposa (il primo maggio). Mi sono chiesta che cosa ci stavo guadagnando in tutto quel darmi da fare per la presentazione del libro. Beh, ecco: una serata di una potenza impressionante».

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