venerdì 21 marzo 2014
Wojtyla, il respiro dell’eternità nell’amore coniugale
Il magistero di Giovanni Paolo II sulla sessualità e la famiglia in un convegno alla Lateranense.
Gli interventi di Caffarra, Melina, Anderson e Grygiel
«La via per trovare se stessi è la via dell’amore e in particolare l’amore coniugale è la forma di cui Dio si è servito per rivelare se stesso». È questo uno degli insegnamenti fondamentali di Giovanni Paolo II che non cessa di essere attuale nel mondo secolarizzato di oggi, dove matrimonio e famiglia sono spesso sotto attacco. A ricordarlo è stato il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, che è intervenuto al convegno internazionale «Giovanni Paolo II: il Papa della famiglia», organizzato dal Pontificio Istituto per gli studi su matrimonio e famiglia dell’Università Lateranense in collaborazione con i Cavalieri di Colombo e con il patrocinio del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. «È rimasta solo la Chiesa cattolica a farci sentire il respiro dell’eternità nell’amore umano. E se anche la Chiesa cattolica rinunciasse a farlo sentire?», si è domandato Caffarra soffermandosi sul contributo offerto da papa Wojtyla all’elaborazione di una antropologia adeguata. «La via per ritrovare l’uomo imboccata da Giovanni Paolo II doveva incrociare la realtà del corpo e della diversità sessuale», ha spiegato l’arcivescovo di Bologna, per il quale «la difficoltà che il pensiero cristiano e la pastorale incontrano nell’affrontare le questioni di oggi», tempo in cui «la modernità ha separato il corpo sessuato dalla persona», è dovuta «alla dimenticanza pressoché totale della teologia del corpo». Il Papa polacco «ha offerto alla Chiesa uno dei contributi più grandi alla teologia del nostro tempo», ha rilevato da parte sua monsignor Livio Melina, preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, «ci ha insegnato ad uscire dalla casuistica e a ritornare al Principio, cioè alla verità del disegno creativo del Padre sull’uomo e sulla donna».
«L’antropologia di Karol Wojtyla, nata dalla sua cura pastorale e dalla preoccupazione puramente umana per la verità della persona dell’uomo e per il suo personale agire, continua a vivere negli uomini, rendendoli via della Chiesa», ha osservato Stanislaw Grygiel, docente presso l’Istituto. «Wojtyla – ha detto Ludmila Grygiel, anche lei docente dell’Istituto voluto da Giovanni Paolo II – basava ogni sua riflessione teoretica sull’esperienza diretta e nel campo della ricerca e prendeva in considerazione l’esperienza dei laici sposati ». Il suo insegnamento, cioè, «era ispirato e verificato dalla vita» e la sua «pastorale adeguata è nata grazie alla comunione con i giovani, fidanzati e poi sposi». L’eredità di Giovanni Paolo II, che tra poco più di un mese sarà santo, è dunque viva e feconda, specialmente nell’ottica del cammino sinodale intrapreso da papa Francesco. «Wojtyla si era reso conto che la Chiesa doveva mostrare possibilità dell’amore familiare», ha sottolineato Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo. E oggi più che mai, ha aggiunto, «il mondo ha bisogno di vedere famiglie che siano icona di Dio, comunità umane che possono additare la bellezza di Dio che è comunione d’amore». Se infatti la famiglia «è certamente oggetto di evangelizzazione », è allo stesso tempo «agente di evangelizzazione». Ecco perché occorre, ha concluso Anderson, «aiutare la famiglia a scoprire la sua missione per il bene della Chiesa, diventando luogo dove scorgere il vero volto dell’uomo».
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