giovedì 27 marzo 2014


  l’intervista apresidente della Cdo, Scholz «Nuove forme per favorire la libertà di educare» 
DI MARCO LEPORE

«Il primo ed essenziale contributo della Compagnia delle Opere è quello di favorire la crescita di una socialità che metta al centro la persona e l’aiuti a riscoprire se stessa, i propri talenti, il vero senso del lavoro e dell’economia». Così Bernhard Scholz, presidente della Cdo, conosciuta dai più come associazione di imprese, spiega l’interessa sul fronte dell’educazione. «Tutti i nostri servizi per gli imprenditori e i professionisti, nel profit come nel non profit – aggiunge – cercano di sostenere le opere e le imprese affinché siano sempre più capaci di innovarsi per creare condizioni di vita più favorevoli, di aiutare i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro e così concorrere al bene comune. La prima condizione per l’affermarsi di una tale socialità non è di natura economica, bensì educativa e formativa».
 
 Presidente, quale giudizio dà sulla situazione attuale della scuola in I­talia?
 
 Nonostante le ultime riforme, la scuola italiana presenta un alto tasso di abbandono e dispersione. Manca una seria promozione dell’istruzione e formazione professionale a livello regionale, nonostante gli ottimi risultati raggiunti dove è attiva. Il dialogo tra sistema educativo e mondo del lavoro, in particolare per la secondaria superiore, è scarsissimo. A un’anzianità media generalmente avanzata del corpo docente si somma una sempre più scarsa considerazione sociale del mestiere di insegnante e, di conseguenza, una perdita di credibilità che, inevitabilmente, si riflette in negativo sul processo educativo. E questo dipende anche da una mentalità che considera l’educazione e la formazione come un obbligo da assolvere invece che un’opportunità per crescere.
 
 Perché la figura dell’insegnante ha perso prestigio?
 Politiche poco lungimiranti hanno creato false aspettative e diritti acquisiti, che hanno messo le generazioni l’una contro l’altra. Spesso l’immagine dell’insegnante è più quella di un funzionario statale che non di una persona dedicata alla crescita dei giovani. Eppure vi sono nella scuola esperienze che dicono di una positività e di una continua scoperta di questa vocazione all’insegnamento: è il più grande patrimonio della scuola italiana da non disperdere.
 
 La Cdo è da sempre favorevole alla libertà di educazione e a un’ampia autonomia scolastica: ma posso­no rilanciare il siste­ma di istruzione?
 
 Il ministro Giannini ha di recente ricordato la raccomandazione giunta all’Italia dal Consiglio d’Europa nel 2012 per il rispetto del principio di uguaglianza e parità nella scelta educativa delle famiglie. Quindi il problema c’è. Ed è positivo che il Governo intenda affrontarlo. Noi riteniamo che serva una riforma complessiva del sistema scolastico basata sul merito e su una reale autonomia di tutti i centri scolastici che non si fermi, come ora, a un mero aspetto funzionale. Con una vera autonomia, da un lato si pongono basi solide perché il docente venga riconosciuto e valorizzato come un professionista – parte attiva partecipe del progetto educativo della scuola – e non come «burocrate»; dall’altro si garantisce il pluralismo dell’offerta pubblica, statale e non statale, per dare alle famiglie una concreta possibilità di scelta.
 
 Quali proposte si sente di fare per fa­vorire la libertà di scelta educativa anche in Italia?
 
 Il sistema scolastico, che già oggi «risparmia» sei miliardi di euro attraverso le scuole paritarie, deve avviare forme innovative di sostegno alla libertà di scelta delle famiglie, in primis la detraibilità dalle imposte di quota delle rette: il minimo che si può chiedere se lo si paragona alle scuole paritarie in Europa. È poi fondamentale prevedere l’incremento e la stabilizzazione delle risorse del fondo per le paritarie che, tra l’altro, sono soggette per motivi incomprensibili a Imu e Tari: è ragionevole che, per il servizio pubblico svolto, il regime fiscale sia identico per le scuole statali e non statali.
 
 Il suo intervento al Convegno CdO­Opere educative che si tiene da do­mani a domenica si intitola «Lavora­re insieme con il coraggio di cambia­re ». Perché?
 Le scuole non sono istituzioni immobili e cementate, ma organismi vivi, che cercano di trovare nuove proposte per i problemi che i giovani e la società pongono. Un confronto e uno scambio di esperienze sarebbero di grande aiuto per trovare soluzioni
 più adeguate, in particolare nelle paritarie, che possiedono una maggiore autonomia e quindi una maggiore possibilità di essere innovative. La collaborazione potrebbe esprimersi in sinergie fra le funzioni amministrative e gestionali fino a una cooperazione vera e propria. Lavorare insieme è un’opportunità anche per gli insegnanti che spesso si concepiscono soli, con tutti i rischi che ciò comporta. Il coraggio di cambiare è dunque quello di creare nuove forme gestionali per le scuole e nuove modalità didattiche, dialogare con ragazzi, genitori e colleghi con maggiore autenticità, sincerità e umiltà. Ma il coraggio di dedicarsi con cuore e ragione ai ragazzi, in questo mondo così drammaticamente confuso, è possibile solo se si fa in qualche modo un’esperienza di essere 'insieme' per essere veramente se stessi.

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