domenica 2 marzo 2014

Omelia di don Carlo Venturin Ultima dopo l’Epifania – 02/03/2014



Ultima dopo l’Epifania – 02/03/2014

Osea 1, 9; 2, seguenti:   “Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza”
Salmo                                  “Il Signore è buono e grande nell’amore”
Rm 8, 1-4                            Non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo
Lc 15, 11-32                        La partenza, il ritorno, perduto, ritrovato, l’invidia, il padre misericordioso, la gioia

Ritratto del “Figlio prodigo”,
o del “Padre misericordioso” di Rembrandt 1666 Hermitage


Un’unica parabola in tre atti con variazione sul tema della misericordia-perdono, del perdere e trovare, del dolore e della gioia, dell’invidia e dell’accoglienza.
Mi stacco dallo schema dell’omilia per commentare il capolavoro letterario di Luca attraverso un altro capolavoro pittorico di Rembrandt (1606-1669), dipinto qualche anno prima della sua morte. Il pittore è abbandonato da tutti, è solo, dedito all’alcool, nella povertà estrema, ha perso tutti, amici e parenti. Perciò si immedesima con i personaggi della parabola di Luca, l’Evangelista della misericordia.

Ho contemplato la tela all’Hermitage di San Pietroburgo nel 2001 (2,43 cm x 1,82), quasi in estasi, rapito da ciò che è “non detto”, ma che traspare. Proviamo a immaginare l’immagine e magari visionarla in qualche sito.
Appare a prima vista il volto di un uomo, che nella vita ha vissuto una enorme esperienza di sofferenza e solitudine, al punto che le lacrime versate, l’hanno reso cieco. E’ un ritratto della propria esperienza umana-esistenziale.

Il figlio Giovane inginocchiato: la partenza: “Dammi la parte del patrimonio che mi spetta”, non posso aspettare la tua morte per godermi la vita. Parte con baldanza giovanile: è una dichiarazione di morte nei confronti del padre.
a) Il paese lontano. Partire equivale ad ammettere di non avere più una casa e di cercarne un’altra, perché nella propria non ci si sente più figlio. Il non tenere conto dell’educazione ricevuta in famiglia e il rifiuto del suo essere figlio sono la molla che scatta per rimbalzarlo altrove: non più obbedienza, sottomissione, lavoro, dipendenza, ma libere decisioni e scelte estreme.
Il ritorno:
b) Vestito di stracci: è un segno della sua vita, tutta lacerata e strappata. Il colore scelto per la sua tunica (ben diversa dal mantello di suo fratello) è il giallo-marrone segno di modestia e miseria, quella interiore.
c) La testa rasata: oggi va di moda (anche se con la cresta). Nella storia dell’umanità il capo rasato è indice di prigionia (lager), privazione di libertà e nome sostituito da un numero.
d) I piedi rivelano un viaggio lungo e umiliante; quello sinistro è scalzo, e segnato da cicatrici, simbolo di povertà e di lungo cammino. C’è un canto negro-spiritual: “Tutti i figli di Dio hanno le scarpe. Quando andrò in cielo indosserò le mie scarpe, camminerò per tutto il cielo”. Le cicatrici rappresentano le umiliazioni subite: abbandono degli amici, solitudine, essere guardiano di porci, la massima umiliazione per un ebreo. Il piede destro è solo in parte coperto da un sandalo ormai logoro, segno di fatica e indice di lungo cammino.

Luca usa due verbi per indicare il percorso di ritorno: rientrò in se stesso e disse”. Con il primo: capì che la morte sarebbe stata il prossimo passo fatale. Prima era fuori, non era padrone di sé, ora lui stesso si prende per mano. “E disse”. Si ricordò delle proprie origini, della casa, dei famigliari, della porta sbattuta, ma lasciata socchiusa dal padre.
Si incamminò”. Ci vuole tempo e forza dopo la riflessione. “Padre ho peccato”: è il pentimento, si sente responsabile del male compiuto. “Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”, ricupera la sua dignità, sa che per il padre lui è sempre suo figlio. “Trattami come uno dei tuoi servi”: manifesta la propria indegnità, si ricordò di avere un papà.

Il figlio maggiore. Impassibile nel dipinto, estraneo, la luce illumina il volto freddo, glaciale, segno di una distanza abissale. “Io ti servo da tanti anni”: faceva il suo dovere, ma era lontano dallo stile del padre. “Ma ora questo tuo figlio”: è risentito, non lo chiama fratello, orgoglioso. “Tu non mi hai dato un capretto” (a lui il vitello più grasso): è la lamentela invidiosa “e non voleva entrare”; dentro c’è gioia, con la quale il risentimento non va d’accordo, ma il padre ricompone le distanze: per lui non ci sono un figlio buono e uno cattivo, lui non fa confronti, li chiama figli.

Il padre
Il figlio si è ricordato di avere ancora un padre, perché il padre non lo aveva cancellato, lo avrebbe sicuramente accolto, è la speranza fondata sull’amore ritrovato (La vera tentazione-peccato è dimenticarsi di essere figli di Dio).
Caratteristiche del padre (nel dipinto). E’ un vecchio, cieco perché non vede i peccati del figlio e piange teneramente con le mani sulle spalle del figlio, quasi una benedizione. Lo ha lasciato andare (educazione alla libertà). Due mani differenziate: una femminile, l’altra maschile, tenerezza materna e paterna di Dio. Egli va incontro a entrambi i figli (si diventa figli stando in casa, fuori si è altro).
Il mantello rosso. Il padre è sì anziano, ma riccamente vestito (doti interiori), un manto diverso dal figlio maggiore. Le mani sembrano quasi di forzare il figlio a entrare nel grembo della misericordia: la testa è liscia come quella di un bambino piccolo. Il ritorno è una nuova nascita, con una nuova dignità.

Il punto focale della tela è la corrispondenza mani del padre, piedi del figlio. La mano destra delicata, femminile è in corrispondenza del piede scalzo e ferito; è posata dolcemente, esprime delicatezza, rispetto, tatto e fragilità, vuole proteggere il lato più vulnerabile. La mano sinistra del padre e piede destro del figlio. Mano robusta, è una mano che scuote con energia e sorregge, quasi a infondere nel figlio la fiducia per il nuovo cammino, la ripartenza .
Presto facciamo festa; i nuovi vestiti sono segno del nuovo e ritrovato figlio: abito d’onore, anello  dell’eredità, calzature di prestigio: perdonare significa offrire la possibilità del nuovo, come con l’adultera.

Dare il cuore ai miseri, dare un punto di appoggio a chi ha perso la propria dignità ed è rimasto nudo solo con se stesso, schifato con se stesso; il punto di appoggio che molti stanno cercando. E’ nostro compito-missione non farglielo mancare, alcuni saranno come il figlio maggiore, rifiutando e standosene in disparte, puntando solo il dito di accusa, come gli scribi e i farisei di tutti i tempi.

NB: scusate lo sforamento!


Don Carlo


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