domenica 9 marzo 2014

Omelia di don Carlo Venturin 1^ di Quaresima – 9/3/2014

 Duccio,Tentazione di Sesù sul  monte

Isaia 58, 4-12      “Il Signore ti risponderà: eccomi”
Salmo 103           “Misericordioso e pietoso è il Signore”
2 Cor 5, 18-6,2   per ben cinque volte il verbo RICONCILIARE, con Dio, con noi stessi, con tutti
Mt 4, 1-11           Gesù, lo Spirito, il deserto, il separatore, gli Angeli: Fame di PAROLA di Dio

Osea, 2, 16: “Ti condurrò nel deserto, parlerò al tuo cuore
Libertà e dipendenze )

Questo tempo veniva definito: “I santi quaranta giorni”, sull’esempio di Noè, di Mosè, l’Esodo, Elia, Gesù. Ogni episodio evoca drammi, difficoltà, morte, solitudine, devianze, desiderio di normalità. Ecco la preghiera del credente: Gesù, conduci nel deserto i nostri pensieri: diventino sabbia, perché per noi sono pietre acuminate. Queste parole sono rivolte direttamente a ciascuno e alla Chiesa.

Isaia, il Salmo, Paolo tracciano il percorso: non il ritualismo vacuo, ripetitivo, esteriore, ma costrutto vitale, essenza di vita. “Questo è il digiuno che io voglio”, quello interiore, il cambiamento di stile, di modello di vita, infarcito di misericordia verso le varie categorie, molto concrete e identificabili in ogni tempo e circostanza: non si può equivocare. Riconciliatevi e lasciatevi riconciliare è un altro criterio, che Paolo ripete per cinque volte, perché sia inciso nel cuore: essere con la pace di Dio in noi stessi, nel rapporto con Lui, nelle dinamiche con il prossimo, nel legame con il creato tutto. Il Salmo esemplifica il comportamento di Dio, che diventa “Vangelo” per i credenti: pietoso, lento all’ira, grande nell’amore, misericordioso, tenero come un papà, giusto, nostro alleato.

Tutto questo è reso visibile e concreto dal Figlio di Dio. La traccia dei santi quaranta giorni non è misteriosa, enigmatica, complessa: Gesù è LA VIA”. Molti modelli si presentano a noi, con le attrattive ammalianti. Le “Tentazioni”, che Matteo presenta, conosciute e forse banalizzate, sono sempre dietro l’angolo di ogni esistenza; basterebbe coniugarle nel nostro vissuto e dare contenuto alle seduzioni cui si è attirati.
L’episodio narrato viene descritto dopo il Battesimo al Giordano e l’inizio della missione pubblica di Gesù. E’ un momento originario, come un preludio a un “capolavoro”, come quando il Maestro d’orchestra si raccoglie in silenzio per poi dare inizio all’opera. Come gli Angeli furono protagonisti alla Sua nascita, ora sono ancora presenti “Lo servivano”; così lo Spirito nel concepimento, nel Battesimo, ora conduce Gesù nel deserto. Gesù si prepara per il compito affidatogli dal Padre. Niente deve essere scontato. Il luogo è il deserto, non solo geografico, ma interiore. Il deserto è immensità. È luce abbagliante e mutevole, ma è anche ombra che si allunga verso il tramonto e poi oscurità tetra. E’ la bellezza del giorno e della notte di un blu costellato di stelle. La notte e la sua aria gelida, la notte e i morsi del freddo, poi lo splendore accecante, folgorante dell’alba. In questa immensità di limpidezza, di silenzio, di profonda solitudine, l’arroganza umana sfuma, la fratellanza diviene naturale: la luce e le ombre, la luce e la sua musicalità.

Il deserto è anche privazione e carenza di alimenti; perciò l’attrattiva di un cibo a buon mercato è giustificata. Proprio sul cibo si concentra la prima tentazione: trovare il “pane” senza sudore della fronte. Gesù spezzerà il pane per tutti. Nel deserto si sente anche il bisogno di qualcuno, magari incontrare una carovana, diventare popolare. E’ la seconda tentazione: la popolarità, smuovere le masse, avere un seguito obbediente alla parola d’ordine. Gesù non plagia le folle, sarà il Messia che rispetta la libertà e i tempi delle creature. Non cade nella smania del potere, ecco la terza tentazione. Denaro, città, avere il monopolio economico, finanziario, culturale. Il Messia sarà povero, disarmato, disarmante, senza appoggio politico.

Matteo indica la chiave della vittoria: la Parola di Dio. E’ quanto aveva preconizzato il profeta Osea: “Ti condurrò nel deserto (spinto dallo Spirito), parlerò al tuo cuore”. Gesù ascolta la Parola e in forza di essa intraprende quanto il Padre ha affidato come missione: la condivisione, partecipe della vicende umane, solidale, pur sperimentando il rifiuto, lo scherno, l’abbandono, ma parla al cuore degli umani, accetta la debolezza e la fragilità, fino al punto da sembrare perdente, uno sconfitto della storia. Davanti agli ostacoli rielabora relazioni, non sudditanza (“se uno vuol venire dietro a me…”). Anche il tentatore conosce la Parola, ma non con il cuore di Dio.

Quaresima di Gesù: e la nostra? Quaresima non è sinonimo di dieta, è un rapporto diverso (Gesù alla fine mangia con gli Angeli): fame e sete di Dio, ma anche condivisione, come indica Isaia. Quaresima non è sinonimo di tristezza: legami e catene che ci tengono avvinti, vengono finalmente recisi, si esce da sudditanze e dipendenze, per ascoltare, dialogare, collaborare, ritrovare generosità e compassione. Non è semplice, perché c’è sempre “qualche bastone tra le ruote”, che distoglie, chi si arroga il potere in modo subdolo di distrarre, presentandosi come Bene (il serpente nel Giardino dell’Eden, il diavolo nel deserto: Giardino e deserto sono i due estremi dentro i quali si è chiamati a vivere). E’ il diavolo=separatore colui che induce a divergere con lusinghe ammaliatrici.
Il capolavoro del diavolo è di aver dimostrato agli umani la sua inesistenza. E’ facile cascarci.



Don Carlo

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