venerdì 14 marzo 2014

«La solidarietà non si spenga» Il cardinale Scola: tenerla viva in questo periodo di crisi


 «È  molto importante che la fa­tica che stiamo vivendo in questo passaggio di millen­nio, resa più acuta dalla grave crisi eco­nomica, non spenga ma riaccenda sem­pre più questa attitudine di solidarietà della nostra città».
  È il passaggio centrale dell’intervento del cardinale Angelo Scola pronunciato ieri all’istituto geriatrico «Piero Redaelli». Quella di ieri è stata l’occasione per il por­porato per visitare il più antico istituto ge­riatrico del «Lombardo-Veneto» come ha ricordato, nel suo saluto, il presidente del «Golgi Redaelli» Rodolfo Masto.
  Nel corso della visita, che ha toccato an­che i reparti dove sono presenti le situa­zioni di maggiore fragilità e “criticità” vis­sute da molti degenti Scola si è fermato per una breve sosta di preghiera davanti ad una scultura in bronzo che ritrae Gio­vanni Paolo II, realizzata dall’artista Harry Rosenthal.
  Il concetto di «solidarietà», «perdono» ma anche di attenzione agli ultimi, gli indife­si, i vulnerabili rappresentano, agli occhi di Scola, la vera cartina di tornasole per la «nostra città» capace «di prendersi più cu­ra delle fasce più deboli come quelle dei bambini e degli anziani».
  In tutto questo, si annida, a giudizio di Scola, «l’espressione del livello di civiltà che una società raggiunge». Il cardinale
 nel corso della celebrazione eucaristica, a cui era presente, tra gli altri, il vicario e­piscopale per la zona 1 monsignor Carlo Faccendini, ha voluto salutare e portare la sua benedizione personale a ciascuno dei pazienti del «Golgi Redaelli».
  Nella sua articolata omelia Scola ha mes­so al centro il tema della «sofferenza» e del primato della preghiera. «Noi sappia­mo che l’uomo finché non è provato – ha scandito Scola – non capisce bene queste cose. Tende a dimenticarsene e a vivere
 come se Dio non ci fosse».
  Il «grazie» dell’arcivescovo è andato a tut­ti i volontari, i familiari dei tanti pazienti del «Golgi Redaelli». Un «grazie» che il car­dinale ha voluto soprattutto tributare ai degenti di questo istituto medico d’avan­guardia perché «siete padri e madri di tan­ti nostri cittadini». Il cappellano don E­manuele Ronco ha voluto ringraziare il cardinale Scola per la scelta e il gesto di de­dicare una giornata del suo prezioso mi­nistero per i pazienti di questo ospedale.
 «Quello che cerchiamo di offrire a queste persone – ha spiegato nel suo saluto Ro­dolfo Masto – è magari una pilloletta in meno e una carezza in più». Masto, nel suo intervento, ha voluto ricordare la grande intuizione per «un nuovo ap­proccio alla moderna geriatria» proprio in questo luogo che ebbe il leggendario sindaco di Milano Antonio Greppi.
  Lo sguardo del cardinale si è soprattutto rivolto al mondo del dolore, della fatica, della testimonianza discreta e certamen­te non urlata offerta, spesse volte solo con la preghiera, dagli anziani, ospiti di que­sta struttura. «Una società che non pren­de a cuore chi è nel bisogno nei suoi pun­ti più fragili che sono l’infanzia dal con­cepimento in avanti e il termine della vi­ta, la vecchiaia – ha osservato il cardina­le – è una società che non sa custodire questi doni preziosi ed è destinata a chiu­dersi in se stessa». Da qui il cardinale ha voluto ribadire il valore aggiunto e spe­ciale di «questi centri» che «rinvigorisco­no » lo stesso «essere» costitutivo della «città».
  Scola, nel suo saluto finale, ha voluto ri­cordare il primo anno di Pontificato di Pa­pa Francesco e ha indicato soprattutto a ciascuno degli assistiti che la condizione della «malattia», seppur vissuta in car­rozzina o in una situazione di non auto­sufficienza non rende mai «inutile la vo­stra
 vita».  FILIPPO RIZZI

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