lunedì 3 marzo 2014

Il teologo del Papa e l'uso strumentale dei principi non negoziabili

Bergoglio appena eletto Papa
(©AFP) BERGOGLIO APPENA ELETTO PAPA

L'arcivescovo Víctor Manuel Fernández, rettore dell'Università Cattolica argentina parla del «progetto di Francesco» in un libro intervista con Paolo Rodari


«Il problema è che i fanatici finiscono per convertire alcuni princìpi in una battaglia permanente e discutono deliberatamente soltanto di questi temi». Lo afferma, riferendosi ai cosiddetti valori «non negoziabili» monsignor Víctor Manuel Fernández, rettore della Pontificia Università Cattolica dell'Argentina, con sede a Buenos Aires, nominato arcivescovo da Papa Francesco. Fernández ha dialogato con il vaticanista Paolo Rodari (del quotidiano italiano «Repubblica») e ne è nato un libro-intervista intitolato «Il progetto di Francesco. Dove vuole portare la Chiesa»(edizioni EMI, pp. 142, 10,90 euro).

Alcune domande hanno riguardato l'approccio di Francesco ai temi etici. Un argomento particolarmente «caldo» in questo momento: lo dimostrano certi appelli al Papa che riscuotono consensi e soprattutto le firme provenienti da movimenti ecclesiali, persone che sembrano non riuscire a sentirsi pienamente cristiani senza un nemico, senza concepirsi perennemente sulle barricate. «Le questioni morali di cui parliamo - ha spiegato Fernández - devono essere contestualizzate affinché possano essere comprese appieno. Ciò presuppone avere un contesto più vicino e uno più ampio».

Quel contesto più ampio, ha continuato il teologo, citato da Francesco nell'Evangelii gaudium, «è il kerygma, è l'invito all'incontro con un Dio che ama e che salva, e che per questo ci propone una vita migliore. Questo, ha detto il Papa, è il significato di "far ardere i cuori" ed è la cosa più importante. Quando la Chiesa parla eccessivamente di questioni filosofiche o della legge naturale, lo fa presumibilmente per poter dialogare su temi morali con il mondo non credente. Tuttavia, così facendo - ha aggiunto Fernández - da un lato non convinciamo nessuno con argomentazioni filosofiche di altri tempi, e dall'altro perdiamo l'opportunità di annunciare la bellezza di Gesù Cristo, di "far ardere i cuori". Allora, quelle argomentazioni filosofiche non cambiano la vita di nessuno. Invece, se si riesce a far ardere i cuori, o per lo meno a mostrare ciò che vi è di attraente nel Vangelo, allora le persone saranno più predisposte a conversare e a riflettere anche in merito a una risposta inerente la morale».

Per il teologo argentino «ci dev'essere anche un contesto vicino che è sempre qualcosa di positivo rispetto a ciò che si sta teorizzando o proponendo. Per esempio, non giova molto parlare contro il matrimonio omosessuale, perché la gente tende a vederci come se fossimo dei risentiti, dei crudeli, persone poco comprensive o addirittura esagerate. Un'altra cosa è quando parliamo della bellezza del matrimonio e dell'armonia che si crea nella differenza risultante dall'alleanza tra un uomo e una donna, e in questo contesto positivo emerge, senza quasi doverlo far notare, quanto sia inadeguato usare lo stesso termine e chiamare "matrimonio" l'unione di due persone omosessuali».

Secondo Fernández c'è stato chi ha assolutizzato i principi «non negoziabili». «Sfigurando l'insegnamento di Benedetto XVI - ha spiegato il teologo - alcuni erano arrivati al punto di affermare che da quei princìpi non negoziabili dipendeva e sgorgava tutto l'insegnamento della Chiesa. Questa sì che è un'eresia! Affermare che Gesù Cristo, la sua risurrezione, l'amore fraterno, e tutto quello che ci insegna il Vangelo dipendono da taluni principi etici è una distorsione che deforma il volto del cristianesimo».

«Ad esempio - ha continuato Fernández - il Papa è fermo nella sua opposizione all'aborto, perché se non si difende l'innocenza della vita umana non ci restano molte altre argomentazioni in difesa dei diritti umani. È chiaro che quello non è negoziabile, però non si può affermare che alcuni princìpi morali siano la luce dalla quale sgorgano tutte le altre verità della fede del cristianesimo. Il cuore della nostra fede, che illumina tutto, non è questo, ma il kerygma. Solo così si comprende il fortissimo ruolo ricoperto dalla "gerarchia nelle verità" che questo Papa ha voluto recuperare. Il problema è che i fanatici finiscono per convertire alcuni princìpi in una battaglia permanente e discutono deliberatamente soltanto di questi temi».

Francesco, ha detto ancora il teologo argentino nel libro-intervista con Rodari, «ci sta chiedendo uno stile, una proporzione, alcuni determinati accenti. Sono due i motivi che spingono il Papa a chiederci di non parlare "sempre" e "solamente" di certi princìpi morali: per non stancare gli altri, saturandoli, e ottenendo un effetto di rifiuto, e, soprattutto, per non distruggere l'armonia del nostro messaggio. I settori più estremisti della Chiesa ridicolizzano il Papa dicendo: "Adesso il Papa ci proibisce di parlare di questi temi". Questa è una bugia, e anche calunniare il Papa è immorale. Sono morali quando parlano di temi che interessano a loro, ma non per gli altri temi».

«Fino a due anni fa - spiega ancora Fernández - alcune persone non avrebbero accettato nessun tipo di discussione riguardo alle parole del Papa, mentre adesso si intrattengono scrivendo e diffondendo ogni tipo di critica su papa Francesco. Ciò non è uno sguardo di fede, ma una battaglia ideologica: difendo il Papa se egli difende ciò che penso io». Il teologo conclude ricordando che, «se dobbiamo considerare caso per caso, vi sono altri temi che non sono negoziabili: amare il prossimo, rendere giustizia agli oppressi, essere onesti negli affari...». ANDREA TORNIELLI

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