giovedì 6 marzo 2014

Cenere che non offusca ma rende luminosi




«Polvere sei e polvere ritornerai»: non lo si dice più, preferendo l’evangelico: «Convertiti e credi al Vangelo!». Così la modernità fa fuori il gesto, lo impoverisce e non lo spiega.
  Oggi il segno della cenere rimanda per lo più alle sigarette o ai rari camini di montagna, ma un tempo non era così.
  La cenere veniva utilizzata per disinfettare e lavare; nel linguaggio comune l’espressione 'essere polvere e cenere' evocava la fragilità della natura umana e la necessità della penitenza.
 
 Nella bibbia la cenere è segno di purificazione: Giuditta ed Ester, due grandi eroine dell’Antico Testamento, prima di affrontare i sovrani che avversavano il loro popolo, si cosparsero di cenere il capo, così Giona e Giobbe, nel momento del dolore, sedevano nella cenere, coperti di piaghe.
  Proprio al beato Giobbe si riferisce un’opera di Sieger Köder, sacerdote tedesco, vivente. A differenza di altri artisti, come William Blake o, prima ancora il de Ribera e tanti altri, Köder non ci fa vedere nulla di Giobbe; non lo ritrae seduto sulla cenere con un coccio in mano per grattarsi le piaghe: di Giobbe, Köder, ci mostra solo il volto, intensissimo e orante. Giobbe è
 tutto viso, emerge dall’oscurità con un’espressione straordinaria e, di ciò che gli sta attorno, vediamo solo i volti dei suoi amici. Questi sono i difensori di Dio, quelli che intervengono per spiegare il male, per assicurare a Giobbe che certamente in qualche cosa deve aver peccato, visto i guai che sta passando. Sembrano il ritratto di tanti laicisti odierni che pretendono di insegnare al Papa e ai Vescovi a dirigere la Chiesa e che vogliono dettar legge persino sul sacramento della confessione. È proprio in questi presunti amici che Köder, con grande acutezza di sguardo, ci fa vedere la cenere: essi stanno attorno a Giobbe tutti grigi e spenti, come la fuliggine.
  Solo Giobbe è luminoso.
 
 Sì, la cenere che riceviamo all’inizio della Quaresima ha proprio questo senso forte: da un lato ci ricorda la nostra creaturalità, il nostro bisogno di purificazione e di penitenza, ma dall’altro ci ricorda quanto siano più forti coloro che approfittano delle avversità per crescere nella fede e confidare nella provvidenza. Non siamo soli in questo mondo. La crisi non sarà l’ultima parola sulla nostra patria se, prendendo le ceneri in Quaresima, sapremo assumere con esse la certezza che ad astra per aspera: si giunge alla gloria (anche umana come quella di Giobbe), passando per le asperità della vita, portate con l’aiuto del Cielo. 
Maria Gloria Riva

Nessun commento: