lunedì 2 giugno 2014

ANCHE AL BUIO SI VEDE

fuochi artificiali sul mare
Non vuole essere un articolo. Vorrebbe essere un autobiografia. Di solito l’autobiografia parla a qualcuno. E tace ad altri. A taluni piace, a talaltri no. Questa vuol essere più di una autobiografia. E non essere nemmeno un racconto. Vorrebbe esser la narrazione dell’esistenza. Di una dinamica dell’esistenza che ahimè la storia ha consegnato nelle mani di ciascun essere umano. L’inevitabile punto zero per noi che leggiamo, per me che scrivo, per i miliardi di cinesi, e per i 4 abitanti della Val d’Aosta, sta in una somiglianza che forse ci dimentichiamo spesso. Nessuno di noi ha pagato per venire al mondo. Nessuno di noi ha ritirato un premio, né vinto al lotto. E dal giorno in cui per la prima volta mettiamo il piede sul pianeta terra, fino all’ultimo istante che ci verrà concesso, noi dobbiamo partecipare ad una grande lotta. Alla lotta che si riassume (anche se è umanamente non riassumibile) nella domanda: sarà vero quel che ho visto vero?
Perchè lo sai sin dal primo giorno che la fedeltà alla verità è l’unica battaglia che cerchi di vincere. Che vale la pena. Che ne vale, le fatiche. Perchè questa strana parola chiamata verità si comunica spesso in modo inusuale. Si fa lampante, evidente, come i fuochi d’artificio che illuminano il cielo. Poi sembra sparire di botto. E quando finiscono i fuochi, ti sembra che il cielo non esista, che il buio prenda il sopravvento e che quello che hai visto, era solo un effimero istante, anch’esso costretto a morire. Eppure, è da questa battaglia che si inizia a diventare uomini. La vera differenza infatti sta in uomini che hanno visto quei fuochi e guardano il cielo con gli occhi di chi ne ha colto tutte le sfumature, e uomini che guardano al cielo tristi perché i fuochi sono finiti. La prima morte che succede sul pianeta terra, non è quella che ci porta nell’adilà, ma è quella che ci fa star qui dimenticandoci di aver visto i fuochi. La lotta più grande è decidere sempre che quello che si è visto era reale. Per non cedere sempre e costantemente il passo al diabolico simbolo del mondo moderno: il dubbio.

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