martedì 17 giugno 2014

«Yara deve essere ricordata come un dono prezioso per la nostra comunità. È morta perché noi diventassimo più buoni»

Yara Gambirasio
Era il 26 novembre 2010 quando Yara Gambirasio, una bambina di 13 anni, scomparve dopo una giornata in palestra. Il 26 febbraio fu ritrovato il suo corpo e da allora, dopo quattro anni di indagini, il volto del suo assassino è rimasto ignoto. Ora gli inquirenti sono convinti, grazie alle prove del dna, che si tratti di Massimo Bosetti, muratore, padre di famiglia, tre figli. Secondo gli investigatori è lui l’uomo che ha tolto la vita alla piccola Yara. Per ora si tratta di ipotesi e l’uomo non risponde alle domande dei magistrati. Si vedrà.
LA FAMIGLIA GAMBIRASIO. In questa tragedia emerge anche un altro aspetto ed è la grande dignità con cui la famiglia Gambirasio e la comunità del paese hanno vissuto l’accaduto. Poca spettacolarizzazione, poca enfasi, un dolore vissuto senza sceneggiate, ma nel conforto di una fede solida. Anche ora che le indagini paiono a una svolta, non si sentono parole d’odio, ma solo di una, pur triste, ragionevolezza.
Le ha dette il parroco di Brembate, don Corinno Scotti, che ha invitato tutti, parrocchiani e non, a seguire l’esempio della famiglia Gambirasio. «Penso a questa persona – ha detto don Scotti–. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti. La nostra comunità in questi anni è stata molto matura. Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta». «Il papà di Yara – ha proseguito – mi ha detto che se lei è morta è perché noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara sia stata e continui ad essere un dono per la nostra comunità». «Comunque andrà a finire questa dolorosa vicenda, Yara è così che deve essere ricordata: come un dono, un dono prezioso».

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