lunedì 23 giugno 2014

Il Papa scomunica i mafiosi, niente più alibi per i cattolici

"Le dure parole di condanna sulla 'Ndrangheta pronunciate dal Papa in Calabria ci consegnano un passaggio storico perché non parlano solo ai mafiosi ma anche agli uomini di Chiesa, a tutti i cattolici, per riaffermare che la mafia è scomunicata e non ci sono più alibi". Così, Enzo Ciconte, storico della criminalità organizzata, commenta l'omelia pronunciata da Francesco durante la Messa del 21 giugno a Marina di Sibari, momento conclusivo del suo viaggio nella diocesi di Cassano all'Jonio. "Purtroppo nella Chiesa l'atteggiamento non è sempre stato questo. Ci sono state sacche di resistenza e compromissione con la mafia. Dunque, nei confronti dei cittadini cattolici che hanno rapporti con i mafiosi, queste parole sono molto importanti e credo che incideranno profondamente sul corpo della Chiesa. I mafiosi avranno una difficoltà in più a rapportarsi con la Chiesa e con i cittadini semplici, i cattolici in buona fede, quelli che pensavano che fosse possibile avere un rapporto con la mafia".
"La condanna della 'Ndrangheta da parte del Papa ci incoraggia a continuare con umiltà nel nostro servizio alle comunità nella logica del Vangelo e della Costituzione", aggiunge Mimmo Nasone, referente per la regione Calabria dell'associazione Libera. "Parole nette, chiare, inequivocabili che ci spingono a continuare a lavorare per sradicare questa mentalità e questa organizzazione". "In questo senso c'è una tradizione nella chiesa calabrese", continua Nasone. "Già nel 1975 mons. Giovanni Ferro, arcivescovo di Reggio, in un documento definiva la 'Ndrangheta un male da combattere, una piaga disonorante della società. Eppure, nonostante la chiarezza di questi e altri pronunciamenti, passato il momento celebrativo questi appelli cadono nel dimenticatoio e molte coscienze - come ricordava mons. Galantino - restano addormentate". "Qui la Chiesa è radicata capillarmente, oserei dire, quanto la mafia", spiega il referente di Libera. "E oltre che ascoltare l'appello del Papa contro la 'Ndrangheta gli uomini di Chiesa debbono continuare a essere al servizio della verità, nella concreta condivisione con i più poveri, nella logica di servizio al Vangelo che ci ha insegnato Francesco con i suoi gesti in Calabria, incontrando detenuti, malati, anziani, poveri, ex-tossicodipendenti. Mettendo da parte il dio denaro che serpeggia anche nelle comunità cristiane".
Il 27 luglio del 2009, proprio a Cassano all'Jonio, diocesi meta della visita papale, un operaio 42enne, Fazio Cirolla, veniva ammazzato dalla mafia in un autosalone, di fronte al figlio di 7 anni, perché scambiato per il contabile di una cosca. "Ascoltando le parole del Papa a Marina di Sibari mi è tornata alla mente la sua storia", ci racconta Domenico Marino, direttore del periodico diocesano 'L'abbraccio'. "La storia di un povero padre di famiglia, vittima innocente della'Ndrangheta, che ha lasciato una moglie e un figlio". "La visita del Papa non sarà dimenticata, ha lasciato segni importanti nella realtà cittadina", prosegue Marino. "Il Papa si è presentato come umile tra gli umili, come un padre che viene a trovare i suoi figli. La gente era commossa". "Nel seminario di Cassano - racconta il direttore de 'L'abbraccio' - oltre ai poveri e ai giovani della comunità di recupero Saman - il Papa ha incontrato Salvatore Loisi e Edoardo Rubini, due persone che hanno sbagliato, sono state in carcere, si sono pentite e adesso, grazie a preti di periferia, sono persone oneste".  

(Fabio Colagrande)

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