martedì 24 giugno 2014

CI VUOLE UN AMORE AL QUALE VENDERE L’ANIMA



In questo clima mondiale, in queste settimane da tifo obbligato, urlato e atteso, se non parli di calcio, dei mondiali, del fisico di Balotelli, del crollo della Spagna, dell’aiutinho dato al Brasile, non sei nessuno. Nessuno. Se non sai chi è Darmian, devi autosospenderti da questa vita e tornare a metà luglio. Nessuno si accorgerà della tua assenza. In questo clima mondiale, i giornali continuano però a tenersi un angolino di carta stampata da dedicare alle analisi sull’uomo, sui suoi problemi, sui suoi difetti. E in tutti, noti, con ovvia disinvoltura che il mondo è pervaso dalla paura. La paura di perdere qualcosa, la paura di accettare un nuovo lavoro, la paura di dire “ti amo” (alcuni americani hanno scoperto che i teenager d’oltreoceano dicono sempre meno la parola “per sempre”). C’è paura. La paura, non è come i Mondiali, è piuttosto come il caffè. Non viene ogni 4 anni. Essa viene sù ogni mattina, in molti gesti, in molte azioni. Abbiamo paura. Paura che non vada come vorremmo, paura che in fondo ci stiamo sbagliando. Paura. Paura del domani, paura delle nostre sicurezze (paradosso dei paradossi), paura dell’altro. La società moderna è la società della paura. Dello spavento. Della fragilità. La paura è ovvio, si sa, ha la sua umana dimora nella nostra imperfezione, nelle nostre manchevolezze, nelle nostre incapacità. La paura ci “addubbia” le cose certe, ce le fa vedere lontane, ce le oscura. La paura ama mangiare il cuore delle nostre verità. Come un tarlo. Ma non si può far la lotta savianesca contro la paura. Come un training autogeno in cui pensi di convincerti che non ne avrai più. Per vincere la paura ci vuole un’energia maggiore, non un’autoriflessione meditatrice. Ci vuole un uragano. Ci vuole altro. Ci vuole un amore che profumi di infinito, che brilli di stelle, che divampi l’oceano verso di noi. Ci vuole un amore così grande (canterebbero i Negramaro) al quale vendere la nostra anima, vendere i nostri “tentennamenti”. La riuscita della lotta contro la paura è proporzionale alla grandezza di questo amore che, tra le proprie mille espressività, ci dica “vai, sono con te”.
Peppino

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