venerdì 6 giugno 2014

Macerata-Loreto: pellegrini a caccia di ragioni per vivere

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Il pellegrinaggio a piedi è uno dei gesti più elementari e significativi della tradizione cristiana, e descrive la dinamica profonda dell’esistenza: dalla nascita alla morte, la condizione è quella dell’ homo viator che cammina cercando il senso della vita, avendo in cuore la certezza che questo senso c’è, che non siamo figli del caso e abbiamo tutti una meta da perseguire. Il pellegrino non è un vagabondo, ma un uomo teso a scrutare all’orizzonte il punto di approdo del suo camminare.

Un uomo animato da un desiderio di compimento, bello e insieme scomodo come una sete. Sono questi i sentimenti che animano il pellegrinaggio Macerata-Loreto, che sabato notte vivrà la sua trentaseiesima edizione. Nato nel 1978 per iniziativa di un giovane sacerdote insegnante di religione – Giancarlo Vecerrica, oggi vescovo di Fabriano-Matelica e da allora guida inesausta ed entusiasta del cammino – che propose ai suoi studenti di tornare a percorrere le strade battute da secoli dalle genti marchigiane, è diventato il pellegrinaggio a piedi più partecipato d’Italia, promosso da Comunione e liberazione e al quale aderiscono con felice pluralità di accenti e stessa motivazione profonda decine di associazioni, movimenti, parrocchie e singole persone provenienti da tutta Italia e da molti Paesi europei: i 300 del ’78 erano diventati 100mila l’anno scorso, e domani saranno almeno altrettanti.

Stiamo parlando di un autentico esempio di religiosità popolare, fatto di gesti semplici: la recita del Rosario, i canti, le testimonianze di chi ha fatto i conti con le imprevedibili vie della Provvidenza e ne è rimasto segnato in maniera indelebile. Quello che si muove al tramonto dallo stadio Helvia Recina di Macerata e arriva all’alba sulle colline che annunciano il santuario di Loreto è un popolo fatto di ragazzi (moltissimi, e di tante 'tribù'), ma anche di adulti, di famiglie, di anziani che ripercorrono le strade battute in gioventù: un pezzo di Paese reale su cui raramente e a fatica si accendono i riflettori del circo mediatico.

Il titolo proposto quest’anno è una domanda che va dritta al cuore dello smarrimento che, soprattutto in quest’epoca, pervade molti: 'Di cosa abbiamo bisogno per vivere?'. Come dire, cosa ci tiene in piedi, cosa muove l’esistenza, cosa è davvero 'l’essenziale'?
L’uomo dei nostri giorni non ha bisogno di sogni e promesse di felicità a buon mercato, di ideologie, di surrogati per curare il male di vivere. Ha bisogno di Qualcuno che si faccia compagno della sua vita, di una certezza su cui posare il capo e di chi gliela possa testimoniare. Abbiamo tutti davanti agli occhi una persona che lo sta facendo, con l’essenzialità dei gesti e delle parole, e che è entrato nel cuore di molti, anche lontani dalla pratica religiosa, ma affascinati dalla sua umanità e interrogati dalla sua fede. È Papa Francesco, autore di queste parole che sembrano scritte apposta per il pellegrinaggio: «Gesù non è venuto a insegnare una filosofia, una ideologia…. ma una via, una strada da percorrere con Lui, e la strada si impara facendola, camminando. Sì, perché questa è la nostra gioia: camminare con Lui».

Proprio come si dicono l’un l’altro i pellegrini quando escono dallo stadio di Macerata per affrontare la lunga notte verso la Santa Casa di Loreto: «Buon cammino».

Giorgio Paolucci

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