giovedì 5 giugno 2014

Il centuplo della gioia

9702370048_6f974c81f4_oMentre Gesù sale a Gerusalemme per offrire la propria vita per la salvezza degli uomini, gli apostoli Giovanni e Giacomo gli chiedono di poter sedere nella sua gloria uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Come per gli altri dieci apostoli, anche per noi questa pretesa di un posto d’onore sembra fuori luogo. Gesù ammonisce Giacomo e Giovanni invitandoli a cercare la propria felicità non tanto nel dominio sugli altri, ma nel servizio reciproco. Forse noi saremmo tentati anche da un’altra obiezione alla loro richiesta (che Gesù in verità non fa): in Paradiso non ci saranno posti d’onore, ma tutti saranno trattati in modo uguale.
Meditando con attenzione il brano evangelico troviamo però delle parole che ci sorprendono. Gesù dice infatti: «Sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato» (Mc 10, 40). Questo vuol forse dire che ci saranno delle preferenze anche in Paradiso? Può la giustizia di Dio permettere che un santo sia più felice di un altro?
Già sant’Agostino ha dovuto affrontare simili obiezioni. Per spiegare ai suoi amici la differenza tra i vari gradi di santità scrive: «Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, altro lo splendore delle stelle; sì, perfino stella da stella differisce in splendore; così è per la risurrezione dei morti». Secondo sant’Agostino, in Paradiso ciascuno riceverà al banchetto escatologico un posto secondo il proprio merito: chi uno più vicino al Signore, chi uno più lontano.
Questa verità ci sconcerta. Viviamo infatti in un mondo dove ciascuno invidia all’altro i suoi beni ed è contento solo se possiede più del vicino. Com’è dunque possibile che in Paradiso nessuno sarà deluso del suo posto, nemmeno coloro che siederanno nelle file posteriori? Ci sono due motivi. In primo luogo, tutti saranno contenti per il fatto stesso di essere in Paradiso e di poter godere dell’amicizia di Dio. Ma il motivo principale per il quale nessuno sarà amareggiato è perché non ci sarà più invidia. Nessuno paragonerà più la sua felicità con quella dell’altro, ma tutti godranno della gioia degli altri. Come in una famiglia una madre non è addolorata per il fatto che un figlio è contento, ma gode con lui ella stessa, così sarà per tutti alla fine dei tempi. Saremo raggianti nel vedere la gioia di Maria che è in cielo accanto a suo Figlio e la sua esultanza sarà la nostra. Spiega sempre sant’Agostino: «Per effetto della carità, ciò che ognuno possiede diventa comune a tutti. Quando uno ama, possiede nell’altro ciò che egli non ha. La diversità dello splendore non susciterà invidia perché regnerà in tutti l’unità della carità».
Possiamo dunque paragonare la carità a un catalizzatore della gioia. La gioia del singolo non rimane riservata a lui personalmente, ma circola fra tutti i suoi amici. Uno non gode solo per la propria felicità, ma più ancora per quella del fratello. Il dono che Dio fa al mio prossimo, è in verità un dono fatto a me.
La beatitudine in Paradiso sarà insieme perfetta (perché alla presenza di Dio e degli amici felici non manca più niente) e in permanente crescendo. Io vedendo la letizia dell’altro sarò grato, e poiché vedrò anche la sua gratitudine mi rallegrerò a mia volta. La gioia di tutti aumenterà così di giorno in giorno.

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