giovedì 26 giugno 2014

Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Oggi c’è un altro gruppo di pellegrini collegati con noi nell’Aula Paolo VI, sono i pellegrini ammalati. Perché con questo tempo, fra il caldo e la possibilità di pioggia, era più prudente che loro rimanessero là. Ma loro sono collegati con noi tramite il maxischermo. E così siamo uniti nella stessa udienza. E tutti noi oggi pregheremo specialmente per loro, per le loro malattie. Grazie. Nella prima catechesi sulla Chiesa, mercoledì scorso, siamo partiti dall’iniziativa di Dio che vuole formare un popolo che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra. Incomincia con Abramo e poi, con tanta pazienza - e Dio ne ha, ne ha tanta! -, prepara questo popolo nell’Antica Alleanza finché, in Gesù Cristo, lo costituisce come segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 1). Oggi vogliamo soffermarci sull’importanza, per il cristiano, di appartenere a questo popolo. Parleremo sulla appartenenza alla Chiesa. Non siamo isolati e non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio, no, la nostra identità cristiana è appartenenza! Siamo cristiani perché apparteniamo alla Chiesa. È come un cognome: se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo alla Chiesa”. È molto bello notare come questa appartenenza venga espressa anche nel nome che Dio attribuisce a sé stesso. Rispondendo a Mosè, nell’episodio stupendo del “roveto ardente” (cfr Es 3,15), si definisce infatti come il Dio dei padri. Non dice: Io sono l’Onnipotente, no: Io sono il Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. In questo modo Egli si manifesta come il Dio che ha stretto un’alleanza con i nostri padri e rimane sempre fedele al suo patto, e ci chiama ad entrare in questa relazione che ci precede. Questa relazione di Dio con il suo popolo ci precede tutti, viene da quel tempo.
Index 




PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 25 giugno 2014

La Chiesa: 2. L'appartenenza al popolo di Dio
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Oggi c’è un altro gruppo di pellegrini collegati con noi nell’Aula Paolo VI, sono i pellegrini ammalati. Perché con questo tempo, fra il caldo e la possibilità di pioggia, era più prudente che loro rimanessero là. Ma loro sono collegati con noi tramite il maxischermo. E così siamo uniti nella stessa udienza. E tutti noi oggi pregheremo specialmente per loro, per le loro malattie. Grazie.
Nella prima catechesi sulla Chiesa, mercoledì scorso, siamo partiti dall’iniziativa di Dio che vuole formare un popolo che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra. Incomincia con Abramo e poi, con tanta pazienza - e Dio ne ha, ne ha tanta! -, prepara questo popolo nell’Antica Alleanza finché, in Gesù Cristo, lo costituisce come segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e tra di loro (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 1). Oggi vogliamo soffermarci sull’importanza, per il cristiano, di appartenere a questo popolo. Parleremo sulla appartenenza alla Chiesa.
1. Non siamo isolati e non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio, no, la nostra identità cristiana è appartenenza!Siamo cristiani perché apparteniamo alla Chiesa. È come un cognome: se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo alla Chiesa”. È molto bello notare come questa appartenenza venga espressa anche nel nome che Dio attribuisce a sé stesso. Rispondendo a Mosè, nell’episodio stupendo del “roveto ardente” (cfr Es 3,15), si definisce infatti come il Dio dei padri.Non dice: Io sono l’Onnipotente…, no: Io sono il Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. In questo modo Egli si manifesta come il Dio che ha stretto un’alleanza con i nostri padri e rimane sempre fedele al suo patto, e ci chiama ad entrare in questa relazione che ci precede.Questa relazione di Dio con il suo popolo ci precede tutti, viene da quel tempo.
2. In questo senso, il pensiero va in primo luogo, con gratitudine, a coloro che ci hanno preceduto e che ci hanno accolto nella Chiesa. Nessuno diventa cristiano da sé! E’ chiaro questo? Nessuno diventa cristiano da sé. Non si fanno cristiani in laboratorio. Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano. Il cristiano appartiene a un popolo che si chiama Chiesa e questa Chiesa lo fa cristiano, nel giorno del Battesimo, e poi nel percorso della catechesi, e così via. Ma nessuno, nessuno diventa cristiano da sé. Se noi crediamo, se sappiamo pregare, se conosciamo il Signore e possiamo ascoltare la sua Parola, se lo sentiamo vicino e lo riconosciamo nei fratelli, è perché altri, prima di noi, hanno vissuto la fede e poi ce l’hanno trasmessa. La fede l’abbiamo ricevuta dai nostri padri, dai nostri antenati, e loro ce l’hanno insegnata. Se ci pensiamo bene, chissà quanti volti cari ci passano davanti agli occhi, in questo momento: può essere il volto dei nostri genitori che hanno chiesto per noi il Battesimo; quello dei nostri nonni o di qualche familiare che ci ha insegnato a fare il segno della croce e a recitare le prime preghiere. Io ricordo sempre il volto della suora che mi ha insegnato il catechismo, sempre mi viene in mente – lei è in Cielo di sicuro, perché è una santa donna - ma io la ricordo sempre e rendo grazie a Dio per questa suora. Oppure il volto del parroco, di un altro prete, o di una suora, di un catechista, che ci ha trasmesso il contenuto della fede e ci ha fatto crescere come cristiani… Ecco, questa è la Chiesa: una grande famiglia, nella quale si viene accolti e si impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù.
3. Questo cammino lo possiamo vivere non soltanto grazie ad altre persone, ma insieme ad altre persone. Nella Chiesa non esiste il “fai da te”, non esistono “battitori liberi”. Quante volte Papa Benedetto ha descritto la Chiesa come un “noi” ecclesiale! Talvolta capita di sentire qualcuno dire: “Io credo in Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa non m’interessa…”. Quante volte abbiamo sentito questo? E questo non va. C’è chi ritiene di poter avere un rapporto personale, diretto, immediato con Gesù Cristo al di fuori della comunione e della mediazione della Chiesa. Sono tentazioni pericolose e dannose. Sono, come diceva il grande Paolo VI, dicotomie assurde. È vero che camminare insieme è impegnativo, e a volte può risultare faticoso: può succedere che qualche fratello o qualche sorella ci faccia problema, o ci dia scandalo… Ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi, a dei testimoni; ed è nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, con i loro doni e i loro limiti, che ci viene incontro e si fa riconoscere. E questo significa appartenere alla Chiesa. Ricordatevi bene: essere cristiano significa appartenenza alla Chiesa. Il nome è “cristiano”, il cognome è “appartenenza alla Chiesa”.
Cari amici, chiediamo al Signore, per intercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, la grazia di non cadere mai nella tentazione di pensare di poter fare a meno degli altri, di poter fare a meno della Chiesa, di poterci salvare da soli, di essere cristiani di laboratorio. Al contrario, non si può amare Dio senza amare i fratelli, non si può amare Dio fuori della Chiesa; non si può essere in comunione con Dio senza esserlo nella Chiesa, e non possiamo essere buoni cristiani se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire il Signore Gesù, come un unico popolo, un unico corpo, e questo è la Chiesa. Grazie.

Saluti:
Je vous salue bien cordialement chers amis de langue française, en particulier les personnes engagées dans la société civile, accompagnées de Monseigneur Dominique Rey. Je vous souhaite un bon pèlerinage à Rome, et je vous invite à découvrir combien l’Église est une grande famille, dans laquelle, avec nos frères, nous rencontrons le Christ.
Que Dieu vous bénisse!
[Saluto cordialmente i cari amici di lingua francofona, in particolare le persone impegnate nella società civile, accompagnate da Mons. Dominique Rey. Vi auguro un buon pellegrinaggio a Roma e vi invito a scoprire come la Chiesa sia una grande famiglia, nella quale con i nostri fratelli incontriamo Cristo. Dio vi benedica!]
I offer a cordial greeting to the delegation of Bethlehem University, which this year celebrates the fortieth anniversary of its establishment, with appreciation for its praiseworthy educational apostolate among the Palestinian people. I greet all the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, including those from England and Wales, Scotland, Ireland, Sweden, Greece, Australia, Taiwan, Vietnam, India, the Antilles and the United States. Upon all of you, and upon your families, I invoke joy and peace in the Lord Jesus.
[Porgo un saluto cordiale alla delegazione della Bethlehem University, che quest’anno celebra il quarantesimo anniversario di fondazione, con particolare riconoscenza per la lodevole attività accademica svolta a favore del popolo palestinese. Saluto tutti i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra e Galles, Scozia, Irlanda, Svezia, Grecia, Australia, Taiwan, Vietnam, India, Antille, e Stati Uniti. Su voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace nel Signore Gesù.]
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los peregrinos de la Archidiócesis de Madrid y de La Escuela Franciscana, de San Pedro Sula, así como a los demás grupos provenientes de España, México, Honduras, Colombia, Chile, Argentina y otros países latinoamericanos. Recuerden que, como cristianos, no podemos prescindir de los demás, de la Iglesia; no podemos salvarnos por nosotros solos, ninguno «juega de libre», somos un pueblo en camino. Muchas gracias.
Com cordial afecto, saúdo todos os peregrinos de língua portuguesa, em especial o grupo brasileiro de Nossa Senhora da Consolata, em São Manoel, e os fiéis do Santuário de Nossa Senhora do Porto, em Portugal. Irmãos e amigos, estais em boas mãos, estais nas mãos da Virgem Maria. Ela vos proteja da tentação de prescindir dos outros, de pôr a Igreja de lado, de pensar em salvar-vos sozinhos. Rezai por mim! Que Deus vos abençoe!
[Con cordiale affetto, saluto tutti i pellegrini di lingua portoghese,in modo speciale il gruppo brasiliano di Nossa Senhora da Consolata, da São Manoel, e i fedeli del Santuário de Nossa Senhora do Porto, nel Portogallo. Fratelli e amici, siete in buone mani, siete nelle mani della Vergine Maria. Essa vi protegga dalla tentazione di fare a meno degli altri, di mettere da parte la Chiesa, di pensare di salvarvi da soli. Pregate per me! Dio vi benedica!]
أُُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربية، وخاصةً بالقادمينَ منالشرق الأوسط. أيها الأصدقاء الأعزاء، إن هويتنا المسيحية هي انتماء للجماعة الكنسيّة! لنطلب من الرب أن يفهمنا المعنى الحقيقي لهذا الانتماء وبأننا نشكّل معًا شعبًا واحدًا وجسدًا واحدًا! ليبارككم الرب!
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari amici, la nostra identità Cristiana è appartenenza alla comunità ecclesiale! Chiediamo al Signore di farci capire il vero senso di quest’appartenenza e che insieme formiamo un solo popolo e un unico corpo! Il Signore vi benedica!]
Pozdrawiam serdecznie Polaków. W piątek przypada Uroczystość Najświętszego Serca Pana Jezusa. Niech będzie ona dla nas okazją uwielbienia Bożego Serca, które tak bardzo nas umiłowało. Im więcej w naszym życiu trosk, zmartwień i problemów, tym bardziej ufajmy Jezusowi, który zaprasza nas: „Przyjdźcie do Mnie wszyscy, którzy utrudzeni i obciążeni jesteście, a Ja was pokrzepię” Mt, 11, 28). Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.
[Saluto cordialmente tutti i polacchi. Venerdì celebreremo la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Sia essa per noi l’occasione per lodare il Cuore divino che così tanto ci ha amato. Quanto più nella nostra vita crescono le difficoltà, le preoccupazioni e i problemi, tanto più confidiamo in Gesù che ci invita: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). Sia lodato Gesù Cristo.]
* * *
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana: parrocchie, associazioni e gruppi vari. In particolare, saluto le Suore Missionarie del Catechismo, che celebrano il 75° anniversario di fondazione; i sacerdoti di Chieti-Vasto e dell’Aquila, che ricordano 60 anni di sacerdozio, i seminaristi di Catania e Caltagirone: a ciascuno auguro di diffondere con entusiasmo la gioia del Vangelo. Saluto gli esponenti del Movimento ecclesiale carmelitano, esortandoli a testimoniare dappertutto che la fede cristiana risponde pienamente alle speranze e alle attese profonde dell’uomo. Saluto i fedeli delle parrocchie della Trasfigurazione e di Sant’Agostino in Altamura, di San Benedetto in Caserta e di Santa Maria Maggiore in Mazzarino: incoraggio tutti a sentire sempre più la comunità cristiana come luogo privilegiato di evangelizzazione, di formazione spirituale e di educazione alla carità. Saluto i rappresentanti dell’Osservatorio Diplomatico Internazionale, di Capurso, e il gruppo sportivo “Vita per la vita”, che invito a perseverare nei rispettivi impegni, diffondendo ovunque serenità e solidarietà.
Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli. È ancora viva l’eco della solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, che abbiamo recentemente celebrato. Cari giovani, trovate sempre nell’Eucaristia il nutrimento della vostra vita spirituale. Voi, cari malati - specialmente voi che siete collegati con noi dall’Aula Paolo VI offrite la vostra sofferenza e la vostra preghiera al Signore, perché continui ad estendere il suo amore nel cuore degli uomini. E voi, cari sposi novelli, accostatevi all’Eucaristia con fede rinnovata, perché nutriti di Cristo siate famiglie animate da concreta testimonianza cristiana.



© Copyright - Libreria Editrice Vaticana


Nessun commento: