lunedì 23 giugno 2014

Una scomunica contro i mafiosi

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Le parole usate da papa Francesco in Calabria sono una chiara espressione dell'evangelico "sì, sì, no, no"

Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati”. Pesano come macigni le parole di Papa Francesco che affondano in una realtà – quella calabrese, e più in generale meridionale - piegata in due dalla morsa della criminalità organizzata. Una terra fatta di padroni e di signorotti locali.
Ma sabato, con Papa Francesco, non ce n’è per nessuno: in prima fila, al di là delle transenne, solo i disabili, senza kermesse di politici e di amministratori locali. E poi l’anatema. Forte, chiaro, limpido, senza mezzi termini. Come forte, chiaro, limpido e senza mezzi termini: è il “sì sì, no no” del Vangelo.
È dal 1948, con la lettera collettiva dell’Episcopato dell’Italia Meridionale, che la Chiesa inizia ufficialmente ad impegnarsi, anche nei suoi documenti, contro la criminalità organizzata. E di questo impegno ne ricostruisce la storia un interessante saggio del prof. Mario Casaburi nel suo libro Borghesia mafiosa (Dedalo, 2010).
Ancora, nel 2006, Mons. Giancarlo Bregantini, allora vescovo di Locri- Gerace, inviando una lettera ai parroci, scomunica chiunque violi la sacralità della vita. Ma quello che sorprende di Papa Bergoglio è il linguaggio esplicito, che non lascia spazio ad interpretazioni. Il Papa non usa un linguaggio politically correct. Ed anzi, va subito al sodo.
La strada del male è la strada della delinquenza organizzata, dell’illegalità, del guadagno sporco, della corruzione, del clientelismo, della distruzione dell’ecosistema; della mafia, insomma. La scomunica di Papa Francesco non colpisce soltanto il “mafioso” da intendersi come chi appartiene ad una organizzazione criminale, ma è per chiunque si macchi di un comportamento contrario all’etica civile ed al Vangelo. Il male delle nostre terre è infatti l’agire mafioso che ormai pervade ampi strati della società civile.
Il messaggio di Papa Francesco non dà adito a fraintendimenti. Chi pone in essere un comportamento mafioso incorre nella scomunica, la più grave delle sanzioni canoniche, perché esclude il battezzato dalla comunità dei fedeli. Quella pronunciata da Papa Francesco contro i mafiosi si configura come una scomunica laetae sententiae, cioè colpisce il soggetto, e quanti concorrono al delitto, automaticamente, senza bisogno di un accertamento dell’autorità ecclesiastica.
Con Papa Francesco, noi tutti, come Chiesa, ormai non abbiamo più attenuanti, anche nelle manifestazioni esteriori della pietà popolare. La strada del bene, la sola tracciata nel Vangelo, non passa, neanche per sbaglio, dalla strada del mal

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